Rotterdam (Olanda), 2 maggio 2015.
Gli ultimi mesi ho pubblicato vari articoli sui rifugiati politici in alcuni quotidiani nazionali italiani, fra cui Avvenire e Libero, dove ho esposto la difficile situazione che si è creata nei Paesi Bassi sul tema della loro accoglienza.
Ora l’EU ha preparato un piano che dal 1 giugno potrebbe obbligare altre nazioni dell’Unione Europea ad accogliere più rifugiati politici. Fra questi anche i Paesi Bassi.
2 maggio 2015. Rotterdam (Olanda), la PaulusKerk, una chiesa protestante dove hanno creato una piccola struttura d’accoglienza per i rifugiati politici. Foto di Maria Cristina Giongo
Non solo: Brussel ha deciso che anche i circa 20.000 rifugiati che per esempio sono scappati dalla Siria e ora si trovano nei campi in Giordania devono essere “invitati” e aiutati, “dividendoseli” fra le varie nazioni dell’EU .
Gli anni passati l’Olanda ne aveva accolti 500; ora Brussel ha stabilito che dovranno salire a 732. Ma che cosa pensano i cittadini e i politici di queste nuove regole? Sia il governo che la popolazione sono divisi in due parti opposte.
Secondo il premier Mark Rutte, del partito liberale (VVD), non ci sono più posti per accoglierli. Al contrario, bisognerebbe impedirne l’ingresso, per evitare un nuovo dramma “come quello che stanno vivendo gli italiani e gli stessi migranti che arrivano sulle loro coste in massa, la metà già morti durante il viaggio”. Di parere contrario Diederik Samsom, del partito dei lavoratori (PvdA), che trova un provvedimento inumano quello di respingere persone che hanno diritto all’accoglienza e alla solidarietà.. Con lui altre frazioni della minoranza, fra cui i cristiani democratici (CDA). Da loro l’Italia viene presa d’esempio per la sua operosità e dedizione nel salvare e proteggere tante vite umane. Anche se molti ammettono che andando avanti con questa accoglienza ad oltranza, il nostro Paese potrebbe “affondare con loro”; impossibilitato a reggere da solo un peso così grande.
Il parlamento olandese sta cercando quindi un punto d’incontro; altrimenti il governo potrebbe cadere. Come si è temuto due settimane fa dopo che la Corte europea dei diritti umani ha redarguito i Paesi Bassi per la mancanza di adeguate strutture di accoglienza. Eppure in passato gli olandesi erano conosciuti come una nazione multiculturale. Attualmente nei Paesi Bassi ci sono 30.000 rifugiati politici. Ma la capacità di posti letto nei centri di accoglienza è di 23.000.
I sindaci si sono ribellati alla proposta di rimandare a casa i rifugiati politici. “Va bene chiudere le porte per impedire altri arrivi”, ma non possiamo dire a questa povera gente: “scusate, vi dispiacerebbe tornare a casa vostra, anche se là verrete ammazzati, le vostre donne stuprate, i vostri bimbi fatti saltare in aria come bombe umane, oppure soffrirete la fame, la sete, le guerre civili?” Tuttavia sono perplessi sulla proposta di Brussel di ” inviarne” altri nelle loro città. Prima sarebbe comunque necessario creare nuovi centri di accoglienza.
I cittadini olandesi da una parte si danno da fare con iniziative private di sostegno ai pochi centri di accoglienza esistenti, dall’altra protestano in quanto non vogliono mantenere persone entrate illegalmente nella loro nazione. Soprattutto in un momento in cui in Olanda la crisi economica ha portato alla disoccupazione, alla riduzione delle pensioni, dell’assistenza sanitaria e di quella agli anziani ed handicappati. Ultimamente ci sono state contestazioni ad Eindhoven per l’accoglienza a 700 profughi che accolti in una struttura precedentemente adibita a centro sociale. Gli abitanti che vivono in quella zona hanno apposto dei cartelli di protesta e hanno chiesto al comune di dividerli almeno per quartiere. Per esempio 350 nel loro quartiere e 350 nella parte opposta della città.
Il quotidiano olandese AD ha scritto un bell’articolo su questa signora olandese, Sjany, che ottiene più risultati del governo con i migranti…per convincerli a tornare nel loro Paese.
Anche la chiesa protestante di Rotterdam, la PaulusKerk, ha aperto le sue porte ai profughi ma solo sino alle ore 21.00. Poi sono costretti a dormire in strada o a cercare altri ricoveri di fortuna. Tutti i giornali hanno parlato di una donna di 61 anni, Sjany, che in pochi mesi ha raggiunto risultati inaspettati nei loro confronti, usando una costante e affettuosa opera di convincimento per indurli a tornare spontaneamente nel loro Paese d’origine. Su un tavolo a parte, nella sala dove pranzano, ci sono 4 computer che vengono usati per aiutare i migranti a cercare lavoro nel loro Paese. Un volontario, Bastiaan Kosterijk, cattolico, mi ha mostrato il loro ricovero, riassumendo il discorso che Sjany fa a loro dopo alcuni giorni di permanenza a Rotterdam.
“Non mi dite che volete vivere 50 anni della vostra esistenza da illegali! Senza documenti, senza soldi, un lavoro, una famiglia, fra gente di un’altra cultura, abitudini…! Vagando tutto il giorno per le strade, al freddo, o seduti su una panchina a fare niente, perchè pure qui non avete niente.” Ebbene, grazie a lei, il 30% ha deciso di rimpatriare per ricostruirsi una vita a “casa loro”.
Rotterdam, 2 maggio 2015. L’interno della chiesa, centro di accoglienza peri profughi, durante l’intervista ad un volontario, Bastiaan Kosterijk. Foto Hans Linsen.
E l’altro 70% ? “Gli altri”, ha risposto Bastiaan, “non hanno un futuro in Olanda. Li guardi!” Li ho guardati: ma non ho voluto fotografarli, per rispetto nei loro confronti. Alcuni stavano con il capo posato sul tavolo, dormendo, altri con lo sguardo spento, fisso davanti a sè, in attesa del pranzo. L’aria era satura di un forte odore di disperazione. Di tristezza. Mi si è stretto il cuore e mi è passata quell’ansia, quella ribellione che ogni tanto mi assale quando sento che fra di loro ci sono anche dei criminali, dei ladri, non solo delle povere creature che scappano alla morte o ad una vita di miseria totale. Mentre io, noi, abbiamo tutto. Veramente tutto. Persino la speranza in un mondo migliore.
Ho chiesto a Bastiaan che cosa fa quando, per esempio, sono ubriachi e se riesce a stabilire con loro un contatto umano, d’amicizia, non soltanto di aiuto. “Un vero contatto… no”, ha risposto. “Sono piuttosto apatici, pensano solo a mangiare. Mangiano veramente moltissimo, una cosa incredibile! Una fame insaziabile, atavica. Se rientrano ubriachi o lo sono talmente tanto che crollano per terra e quindi…non c’è problema, oppure, se diventano aggressivi, cerchiamo di farli ragionare. In caso contrario li facciamo uscire. Da noi non possono stare se usano droga o alcool.
Per il resto cerco di creare un rapporto di solidarietà ma non di amicizia, per non farmi coinvolgere troppo dai sentimenti, per poter lavorare in modo efficente ed organizzato. Non dimentichiamo che sono illegali, spesso la loro richiesta di asilo politico è stata già respinta, non possono lavorare, non possono far nulla, neanche ricevere sussidi. Ha ragione Sjany, che, con tanta dolcezza, ma anche forza e intelligenza, cerca di convincerli a tornare al loro Paese, se possono. Perchè comunque non saranno mai felici da noi; per questo mi fanno ancor più pena”.
Maria Cristina Giongo
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