L’articolo qui sotto è stato pubblicato dal quotidiano AVVENIRE il 4 settembre scorso ( pag 12, “Mondo”,notizie dall’estero) Oggi desidero riportarlo anche sul Cofanetto magico, aggiornato, in quanto tratta un tema molto importante.
L’11 settembre infatti si è concluso, al tribunale di Den Haag, nei Paesi Bassi, il processo contro la dottoressa che nel 2016 aveva praticato l’eutanasia ad una donna demente, ricoverata in una casa di cura della stessa città, nonostante avesse lanciato segnali di non volerla più. Secondo il PM non fece il possibile per accertare se era ancora valido il desiderio di eutanasia espresso dalla paziente in una precedente dichiarazione firmata quando era ancora cosciente. In caso di dubbio non avrebbe dovuto attuarla. Il processo si è concluso con la formula “non luogo a procedere“. In parole semplici non si può neanche parlare di”assoluzione” in quanto secondo il giudice non si è trattato di un reato, l’imputata infatti, secondo le motivazioni della sentenza, ” ha eseguito il volere della paziente, espresso con una dichiarazione firmata quando era ancora cosciente e di nuovo aggiornata tre anni dopo prima di essere colpita da demenza, seguendo scrupolosamenente tutte le regole imposte dalla legge.”
Per ricordare quanto è accaduto precedentemente ecco quindi riportato il mio pezzo sui fatti accaduti che hanno portato al processo, pubblicato dal quotidiano Avvenire:
Nei Paesi Bassi la legge sull’eutanasia, in vigore dal 2002, prevede che per prima cosa il paziente, in pieno possesso delle sue facoltà mentali, compili una dichiarazione ufficiale, insieme al suo medico curante, firmandola dopo essere stato chiaramente informato sul suo contenuto. Seguono altre regole che il medico che accetta di praticarla deve osservare scrupolosamente.
Come da prassi la denuncia è partita dalla Commissione di inchiesta (RTE) chiamata a stabilire, una volta applicata l’eutanasia (quindi a posteriori…) se sono state rispettate tutte le norme imposte dalla legge entrata in vigore nel 2002. In questa circostanza sono state violate quelle inerenti la libera scelta del paziente e la sofferenza insopportabile. Ricordiamo che la suddetta legge è nata come orientamento per i medici e definizione dei loro limiti, in una pratica ai tempi in aumento, incontrollabile; non per stabilire un diritto per chiunque di uscire di vita come e quando vuole.
Durante il processo la dottoressa, 68 anni, specializzata in geriatria, ora in pensione, ha dichiarato che la sua paziente “era profondamente infelice,”pur ammettendo che a causa della sua affezione non poteva più esprimere il suo volere in modo chiaro e continuativo.” Inoltre ha espresso la sua preoccupazione per la spesa da affrontare per pagare un avvocato in caso di condanna. In suo aiuto era subito intervenuta la direzione della Clinica per la libera scelta di fine vita, la Vrijwillig Levenseinde (NVVE), offrendosi di contribuire alle sue spese processuali, preoccupata per una condanna per omicidio, che porterebbe a seri problemi per altri medici che l’hanno applicata in passato e temono di applicarla per il futuro.
La figlia ha difeso il suo operato, sostenendola nella sua decisione. “Ha solo rispettato, in buona fede, il desiderio di mia madre, nella fase finale di quella terribile malattia che la torturava, imprigionando il suo cervello ed il suo spirito.” Eppure non si può ignorare il fatto che invece la paziente si era ribellata appena si era accorta che la dottoressa aveva iniziato la pratica, ritirando il braccio nel momento in cui stava per inserire l’ago in vena; tanto da provare a nasconderlo dietro la schiena. Un gesto disperato che forse indicava un ripensamento, un rifiuto, paura; in uno sprazzo di lucidità della sua mente. Malgrado ciò le è stato comunque iniettato il farmaco mortale.
Dal 2002 la legge non è mai stata modificata, se non per un aggiustamento delle dosi di veleno contenuto nella miscela letale. Solo nel 2015 due ministri del partito della libertà (VVD), Edith Schippers, all’epoca ministro della salute e Van der Steur, in quell’anno ministro della giustizia, avevano spedito ai medici una lettera di 7 pagine “per rammentare” loro e ribadire che tale legge “sancisce una possibilità, non un obbligo per il medico di applicarla; tuttavia sempre e solo seguendo regole precise e se il paziente è in pieno possesso delle sue facoltà mentali.” In quel momento la donna non era in grado di intendere e volere. In passato c’erano stati altri tre casi simili con riconoscimento di colpevolezza, ma senza conseguenze penali.
Questo processo è stato seguito da coloro che protestano per una legge poco chiara che non difende le persone fragili, i quali speravano in una condannata per omicidio,(che, come ho scritto all’inizio, non c’è stata): la qual cosa avrebbe costituito una vittoria per chi continua a battersi affinchè ogni essere umano venga rispettato, salvato, curato ed accudito sino alla fine della sua vita.
Invece il giudice ha stabilito, “e accertato l’inesistenza di una condizione di procedibilità, di imputabilità, in formula ampiamente liberatoria da ogni accusa.” Rimane lo sconcerto, il timore, l’angoscia per una sentenza che sancisce come un essere umano non più in grado di intendere e volere possa essere trattenuto, tenuto fermo in un momento in cui, forse in un attimo di lucidità, pare voglia ribellarsi, per praticargli comunque l’iniezione letale che porrà fine alla sua vita; anche se la paziente in precedenza aveva espresso la volontà di uscirne, in caso fosse diventata demente.
Per concludere: per favore, non definite mai più l’eutanasia “una dolce morte!” Abito in Olanda da 37 anni ed ho seguito tanti casi simili, convincendomi che questa pratica non ha nulla di “dolce”! Mentre le cure palliative, sempre più efficienti e mirate, la stessa morfina somministrata in fase terminale, alleviano il dolore, ma senza accellerare il processo di morte in modo così drastico ed inumano. Ovviamente questo è il mio parere. Aspetto il vostro!
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
Proibita la riproduzione del testo senza citare l’autore e la fonte di provenienza. Le fotografie sono state scaricate dal web; se dovessero risultare coperte da diritti d’autore, non esitate a contattarci che la leveremo immediatamente.
No part of this publication may be reproduced or transmitted, in any form or any means, without prior permission of the publisher and without indicating the source.
LINK AD ALCUNI MIEI ARTICOLI PUBBLICATI DAL QUOTIDIANO AVVENIRE SULL’ EUTANASIA:
(In Olanda più hospice meno morti a richiesta)
(Olanda, che orrore la morte per legge)
(La polvere eutanasica fa la prima vittima)
(Si dia la morte ai giovani depressi)
(Olanda, eutanasia su ciechi, dementi e depressi)
(Senza dolore e solitudine non c’è eutanasia)
(Eutanasia senza controllo. Allarme in Olanda. Suicidio assistito)
Tags: clinica per la libera scelta di fine vita nvve, commissione di inchiesta rte, cure palliative, den haag, eutanasia, maria cristina giongo, morfina, non luogo a procedere, omicidio, partito della libertà vvd, quotidiano Avvenire
Carissima Direttrice,
EUTANASIA non può essere chiamata ”la morte dolce”,penso che ogni individuo debba avere la facoltà di ripensamento,anche se era in piene facoltà nel momento in cui si è dato ok a procedere,ma tutti abbiamo il diritto di cambiare idea anche se non si è più in possesso delle facoltà mentali,perché anche un gesto della Persona,che faccia capire un NO a procedere,deve essere al di là del dubbio….Rispettato!
Cari Saluti
Maristella Grillo
Sono d’accordo con te. Anche rispettare chi cambia idea è sancire un suo diritto, al di là di qualsiasi discorso legato alla fede di ognuno di noi e alle convinzioni personali. Grazie del tuo commento! Buona giornata.