Intervista al direttore dell’Estec Franco Ongaro. Incontro ravvicinato con il satellite BepiColombo.

satellite-BepiColombo

Modello strutturale e termico del satellite BepiColombo che nel 2014 verrà lanciato in orbita attorno al pianeta Mercurio (foto Esa/ Anneke Le Floc’h)

Franco Ongaro

Il Dottor Franco Ongaro (foto Hans Linsen)

Spesso ci dimentichiamo quanti italiani di valore operano in tutto il mondo, a tutti i livelli. Sono persone che ci rappresentano degnamente all’estero e di cui si dovrebbe parlare più spesso. Come il Dottor Franco Ongaro, direttore dell’ESTEC, centro europeo di ricerca spaziale e tecnologico che fa parte dell’ESA, sito in Olanda, a Noordwijk. All’Estec lavorano circa 2500 persone provenienti da tutta l’Europa (e il Canada). L’abbiamo visitato con grande interesse e orgoglio per il ruolo svolto dal suo direttore e ovviamente dai suoi collaboratori.

Il Dottor Ongaro ci ha accolti con l’Ambasciatore italiano in Olanda Franco Giordano. Prima di farci vedere il centro si sono soffermati entrambi sull’importanza dell’ESTEC (e quindi dell’ESA), sottolineando la funzione dell’Italia nelle missioni spaziali e di ricerca. La prima notizia che ci ha colpiti si riferisce al fatto che l’80% dei moduli che ritroviamo, ad esempio nella Stazione Spaziale Internazionale, sono italiani, sono stati prodotti a Torino e che l’Italia ha il maggior numero di astronauti in attività (adesso c’è anche una donna sotto addestramento).

Ricordiamo che durante l’ultima missione con un astronauta italiano a bordo della Stazione Spaziale Internazionale il presidente Giorgio Napolitano ha voluto che si portasse anche la nostra bandiera. Osservando bene una fotografia scattata all’interno di un modulo della stazione spaziale abbiamo notato, con piacere, che alla parete c’era una croce.

L’Ambasciatore italiano in Olanda, Franco Giordano, con il direttore dell’ESTAC nei Paesi Bassi Franco Ongaro (foto Hans Linsen )

L’agenzia spaziale europea ESA è nata nel 1975 ed ha 19 Paesi membri. Forse l’anno prossimo 20 con la Polonia,” ci ha spiegato Franco Ongaro. Un uomo dalla spiccata personalità, simpatico, arguto, che affascina per il modo in cui sa far “digerire” anche le più ostiche informazioni tecniche per renderci partecipi della bellezza di quello che racconta; aiutandoci a misurarci con la grandezza dello spazio e con tutti i suoi bagliori di mistero.

Tornando all’ESA…“E ‘ovvio che le singole agenzie spaziali presenti nei vari paesi europei non potevano competere con colossi come gli Stati Uniti e la Russia,” ha continuato il direttore. Quindi abbiamo unito le nostre forze e siamo messi insieme creando l’ESA.
“Quando una nazione finanzia l’ESA con una percentuale in genere pari al prodotto nazionale lordo riceve in cambio contratti di sviluppo per la sua industria: in poche parole chi partecipa di più, come la Francia ad esempio, ha sicuramente un maggior tornaconto. L’80% del budget dell’ESA è costituito da programmi opzionali quindi costituito dai vari Paesi finanziatori che contribuiscono in misura diversa a seconda dei loro interessi. L’Italia, che si attesta al terzo posto nella scala di maggiori contributori dell’ESA, ha prodotto molti elementi, fra cui i contenitori pressurizzati della Stazione Spaziale come Leonardo, il modulo laboratorio Columbus e l’ATV (veicolo di trasferimento automatizzato) un modulo che pesa 20 tonnellate il cui compito è quello di portare i rifornimenti alla stazione spaziale, a cui si aggancia in modo automatico”.

A proposito di stazione spaziale ce ne hanno mostrata una in 3D. Dopo la visita al laboratorio di Telerobotica abbiamo visitato il Test center, dove si collaudano i satelliti e gli esperimenti prima che sia inviati alla base di lancio. Quello dell’ESTEC è il più grande di questo genere in Europa; e uno dei più grandi al mondo. I test, sono fondamentali per garantire la funzionalità dei satelliti nello spazio.

Molto interessante un gigantesco contenitore, simulatore di ambiente spaziale per testare la capacità dei satelliti di sopportare le condizioni che incontreranno una volta lanciati nello spazio . “Per testare come si trasmette il calore nelle reali condizioni di funzionamento del satellite una volta nello spazio”, ha concluso la nostra preziosa guida davanti ad una gigantesca sala protetta da vetrate, “ nel Large Space Simulator (il grande simulatore spaziale) sottoponiamo il satellite prima del lancio a cicli di elevate variazioni di temperatura. Simulando il freddo estremo dello spazio (a meno 190 gradi) e l’irraggiamento solare, circa 1330 W/m2. Un fascio di 6 metri di diametro (uno dei più grandi “soli artificiali” al mondo) viene proiettato sul satellite inserito al centro del simulatore mentre tubi di metallo raffreddati da azoto liquido simulano le temperature siderali dello spazio”

Maria Cristina Giongo davanti a un simulatore vuoto. Tanto per dare l’idea delle proporzioni… ( foto Hans Linsen)

Ma quali sono i rischi a cui sono sottoposti gli astronauti che vivono e lavorano nella stazione spaziale? Un esempio: quando respiriamo emettiamo anidride carbonica; ma se si rimane a lungo in un piccolo spazio si forma attorno a noi una bolla (di anidride carbonica espirata) che ci porterebbe a morte sicura. Quindi nel caso degli astronauti rinchiusi all’interno dei moduli della stazione è necessaria una continua circolazione forzata dell’aria.

E per il riscaldamento? Fuori dalla stazione spaziale si trova un radiatore per scaldare l’interno. Mentre l’energia elettrica è costituita da pannelli solari, montati dai russi su moduli statunitensi per l’alimentazione. Ci sono anche vari problemi da risolvere che riguardano la salute e l’igiene dell’astronauta. Le ossa si demineralizzano: per questo motivo è necessaria un’attività fisica quotidiana, assicurata da un tapis roulant che l’astronauta utilizza agganciandovisi con corde elastiche.

Infatti tutto deve essere fissato (anche lo spazzolino da denti!) perchè non si libri “nell’aria”: ecco perchè un semplice nastro adesivo diventa un oggetto indispensabile nell’abitacolo degli astronauti. In quanto al dentifricio è commestibile per risparmiare acqua. Il sapone viene erogato da un tubetto. Si usano molto le salviette umidificate. Ci sono solo due bagni di progettazione russa e nessuna doccia (ci si lava con un getto d’acqua). I rifiuti solidi sono raccolti in sacchi individuali, poi immagazzinati in un contenitore di alluminio, in seguito trasferiti in un veicolo spaziale addetto allo smaltimento che si disintegra rientrando nell’atmosfera terrestre. Le urine vengono “riciclate”… sotto forma di acqua potabile!

In quanto alla privacy ovviamente non esiste e gli astronauti devono imparare a convivere in armonia. Non esiste neppure un dentista; “quindi chi soffre di mal di denti… se lo deve tenere sino al ritorno sulla terra”, ha precisato Franco Ongaro.

Foto di gruppo dei collaboratori e del team industriale dell’ESA dopo la fine del test di equilibrio termico del satellite BepiColombo (foto Esa/ Anneke Le Floc’h)

Tornando agli effetti nocivi dell’assenza di peso a lungo, oltre all’atrofia muscolare, osteopenia, perdita di fluidi e di massa corporea, sono costituiti inoltre da un rallentamento del sistema cardiovascolare, dalla riduzione di globuli rossi, da disturbi dell’equilibrio e del sonno, eccesso di flautolenza e gonfiore del viso (questi ultimi scompaiono al ritorno sulla terra). In sintesi, un generale indebolimento del sistema immunitario.

Fra i rischi maggiori anche quello di radiazioni. Senza la protezione dell’atmosfera terrestre gli astronauti sono esposti a più alti livelli di radiazione dovuta al flusso costante di raggi cosmici: circa 1 millisievert al giorno. Più o meno è lo stesso che ognuno di noi riceve sulla Terra da fonti naturali: ma in un anno! Ed è 5 volte superiore a quello dei passeggeri delle linee aeree. Il sievert (Su), il cui nome deriva dallo scienziato svedese Rolf Sievert, è la misura internazionale degli effetti e del danno provocati nell’organismo dalle radiazioni.

“Proprio per questo il nostro centro è tanto importante”, ci ha detto il Dottor Ongaro, mostrandoci nel laboratorio di progettazione, sviluppo e test dell’ESTEC alcuni esperimenti con il braccio robotico, fondamentale per la guida alla raccolta di elementi – pietre o terriccio ad esempio- da riportare da altri pianeti sulla terra per studiarli. “Durante il lancio di un satellite su un razzo vettore, i primi minuti di passaggio dall’atmosfera all’orbita sono i più difficili. Soprattutto per le vibrazioni fortissime accompagnate da un suono assordante (a livello di 156 decibel). In questa sala che chiamiamo “big discoteca” ne simuliamo l’intensità al momento del lancio”, ha raccontato poi il direttore indicandoci un enorme spazio composto da muri spessi e alti. “Per questo motivo l’ESTEC si trova vicino alle dune che ci separano dal mare; in modo che tale simulazione disturbi il meno possibile, attutita anche dalla sabbia”.

Altra notizia di rilievo è che il 21 dicembre, proprio per Natale, è partito in missione alla Stazione Spaziale Internazionale, a bordo di un lanciatore russo Soyuz, l’olandese André Kuijpers, astronauta ESA (nato il 5 ottobre 1958). E’ la seconda volta che l’olandese si reca nello spazio, per questa missione trascorrerà circa sei mesi nella stazione spaziale, la prima volta rimase nell’International Space Station 10 giorni, 20 ore, 53 minuti… Un altro olandese (Wubbo Ockels) aveva partecipato ad una missione nel laboratorio Spacelab (anch’esso realizzato a Torino) sullo Shuttle negli anni ottanta. Mentre stiamo pubblicando ci è giunta la notizia che Kuijpers resterà nello spazio sei settimane in più (del previsto).

L’astronauta André Kuijpers, in partenza per lo spazio, intento a sottoporsi ad alcuni test sott’acqua..

Per concludere abbiamo avuto l’onore di vedere “un pezzo” di BepiColombo, un satellite che viene testato all’ESTEC in vista del lancio previsto nel 2014 per girare attorno a Mercurio, il pianeta più vicino al sole. Un “viaggetto” che durerà 6 anni, sino al 2020. Lo scopo di questo satellite, che porta il nome di un italiano, Giuseppe (Bepi) Colombo, sarà di provare a capire come mai un piccolo pianeta come Mercurio, con moderata velocià di rotazione, ha un campo magnetico circostante (come la Terra): mentre Venere, Marte (e la Luna) no. Giuseppe Colombo, nato a Padova nel 1920 (e morto nel 1984) è conosciuto anche per i suoi studi su Mercurio.

Immagine di BepiColombo, il satellite che partirà alla volta di Mercurio nel 2014 (foto Esa)

Il campo magnetico è quello che fa da scudo contro le particelle elettricamente cariche del vento solare, emesse ininterrottamente dalla corona solare. Si tratterà quindi di studiare la magnetosfera di Mercurio, lo spazio intorno al pianeta controllato appunto dal suo campo magnetico. In passato questo viaggio è stato compiuto per due volte da due navette spaziali della NASA; la prima partita nel 1974, la seconda nel 2008. La difficoltà di girare in una zona così vicina al sole rende Bepi Colombo uno dei progetti più interessanti dell’ultimo periodo, con un investimento di circa 970 milioni di euro; BepiColombo verrà lanciato dalla base di Kourou (lo spazioporto dell’Europa in Guyana Francese) da Ariane 5, il lanciatore europeo per eccellenza di cui i due grossi booster laterali sono prodotti a Colleferro, fuori Roma.

Ancora una suggestiva immagine di BepiColombo (foto Esa)

L’ultima domanda che ho posto al Dottor Ongaro è stata personale, incuriosita dal fatto che anche lui aveva intrapreso la carriera di astronauta. Ma allora perchè ha cambiato strada ed è rimasto sulla Terra?

Prontamente è arrivata la risposta: “Dopo non essere stato selezionato la prima volta, ho rinunciato a ricandidarmi visto che le mie priorità sono cambiate grazie alla nascita di mia figlia”.

Passione per lo spazio ma preferenza per la Terra, tanto per citare il motto dell’ESA.
La sua scelta è stata quindi dettata dai valori più cari che lo tengono legato al nostro piccolo mondo terreno. Una decisione che comunque non gli ha impedito di continuare a lavorare in questo campo. Con i piedi ben piantati per terra ma un occhio sempre rivolto al cielo.

Maria Cristina Giongo
CHI SONO

www.esa.it

Vi informiamo che nel frattempo è partito dalla base di Kourou nella Guyana francese, alla volta dello spazio, il lanciatore satellitare “VEGA” ( Vettore europeo di generazione avanzata ). L’Italia diventa così uno dei sei Paesi al mondo in grado di realizzare un lanciatore completo. Anch’esso è stato sviluppato con la collaborazione dell’ ESA. Non possiamo che esserne fieri.

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