Gli Himba hanno la medesima origine etnica degli Herero, etnia pastorale arrivata nel Kaokoland, nel nord della Namibia al confine con l’Angola, nel 16° secolo.
Mentre la maggioranza degli Herero continuò in seguito la migrazione verso sud, una parte restò; attorno alla metà dell‘800, essi furono vittime di scorrerie di predatori Nama che li derubarono, progressivamente, di quasi tutto il bestiame.
Molti di loro fuggirono oltre il fiume Kunene in quella che ora è l’Angola. Qui, privati di quasi tutto e ridotti allo stato di cacciatori-raccoglitori, furono costretti a mendicare ospitalità e sostentamento; per questo furono chiamati, dalle popolazioni locali, Ovahimba (mendicanti).
Con i doni da noi portati per l’ospitalità concessa
Un capo, di nome Vita, iniziò la lotta che portò gli Himba , nel 1920, a riattraversare il fiume, a sconfiggere i predoni e tornare ove tutt’ora vivono.
Non trovarono, tuttavia, quanto si aspettavano: il Sudafrica, che governava il territorio dalla fine della Prima Guerra Mondiale, li confinò in aree prestabilite proibendo loro di pascolare e commerciare liberamente il bestiame e di coltivare e raccogliere piante attorno al fiume Kunene.
Nonostante questo, nonostante il loro territorio fosse divenuto teatro di guerra tra il Sudafrica e i movimenti indipendentisti e nonostante una tremenda siccità che negli anni ’80 uccise il 90% del bestiame e li costrinse a rifugiarsi nelle cittadine per trovare cibo, gli Himba sono sopravvissuti mantenendo quasi intatte le loro usanze.
Negli anni ’90, dopo l’indipendenza della Namibia e forti piogge, essi tornarono alla loro vita di sempre.
La cultura Himba è complessa e interessante; per brevità ne accennerò solo alcuni aspetti.
Essi credono in Mukuru, il creatore, che non è venerato direttamente. In realtà Mukuru ha concesso attributi soprannaturali agli spiriti degli antenati perché influiscano sulla vita dei discendenti; essi mediano tra gli uomini e Mukuru.
Il fuoco rituale (Okuruwo) deve rimanere sempre acceso ed è utilizzato anche per i rituali in quanto simboleggia il contatto tra i vivi ed i morti ed ha ruolo importante nei riti di passaggio.
Gli Himba praticano la doppia discendenza: patrilineare riguardo alla residenza, religione ed autorità, matrilineare per le funzioni economiche, di eredità e del patrimonio “mobile” (bestiame).
Acconciature e monili
I capelli vengono acconciati a seconda del grado di maturità raggiunto.
Gli adolescenti maschi hanno, posteriormente, una treccia unica che diviene doppia quando raggiungono l’età per sposarsi.
Le fanciulle hanno due grosse trecce davanti agli occhi che divengono più sottili avvicinandosi alla pubertà.
Quando sono in età da marito le trecce vengono raccolte lateralmente e dietro alla nuca.
Si spalmano il corpo di un unguento a base di burro e pigmento ocra (derivato dall’ematite) per proteggersi dal sole, dagli insetti e per motivi igienici (l’acqua scarseggia) e questo dona alla loro cute l’inconfondibile colore rossastro.
Le donne hanno particolare cura della loro bellezza, usano anche essenze profumate ed adornano corpo e capigliatura con monili.
Essendo gli Himba semi-nomadi, il governo namibiano ha istituito scuole mobili per l’istruzione dei bambini e aree di conservazione in cui gli Himba gestiscono l’ambiente naturale ed il turismo.
Bucato sul fiume Kunene
Quando li visitammo, nel 2007 ci facemmo accompagnare da una guida sia per poter interagire con essi, sia per evitare atteggiamenti o parole che avrebbero potuto essere percepite come sgradevoli. Inoltre abbiamo chiesto il permesso di fotografare persone e ambienti.
Recammo loro, in dono, generi di prima necessità quale farina di mais, zucchero, pane, perché eravamo viaggiatori che chiedevano ospitalità per conoscere la loro cultura.
Ed era una curiosità reciproca perché le donne Himba, ad esempio, chiesero a mia moglie se avesse creato da sola la collana etnica che indossava!
Eppure i problemi non sono finiti: i governi di Namibia e Angola, senza consultare gli Himba, hanno programmato la costruzione di una diga sul Kunene che allagherebbe terreni sacri e di pascolo e sommerso le cascate Epupa (che sono anche attrazione turistica).
Fiancheggiati da attivisti internazionali, essi hanno iniziato una lotta che alla fine del 2015 era ancora in corso. Apparentemente è stato ora deciso di spostare il sito molto più a valle ed il lago artificiale arriverebbe solo ai piedi delle cascate Epupa.
Purtroppo la pressione dello stile di vita occidentale è alta e, ad esempio, giovani Himba vanno in cerca di lavoro nelle cittadine divenendo spesso preda di alcoolismo.
Anche il turismo di massa interferisce negativamente sul loro stile di vita: turisti stile “fotografa e fuggi” che non chiedono permesso, girano per gli insediamenti senza curarsi della privacy o di entrare in zone “sacre”, che fanno domande tipo: «ma siete felici di vivere seminudi in mezzo al nulla?».
Ho già avuto modo, in precedenti resoconti, di sottolineare la necessità di un turismo consapevole, di un rapporto paritetico con le culture che si incontrano nei viaggi, perché anche il paternalismo è una forma di colonialismo.
Cascate Epupa
Epupa deriva da parola Herero che vuol dire schiuma.
Si estendono per circa un chilometro: il fiume precipita dalla cascata principale (alta circa 40 metri) e da innumerevoli cascatelle laterali.
Le sponde sono ricche di vegetazione, in cui spiccano i giganteschi baobab, che contrasta con l’ambiente arido circostante.
Ovviamente non mancano i coccodrilli.
Il salto principale
AUGURO AI COLLABORATORI ED AI LETTORI DEL COFANETTO MAGICO BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO
Foto e testo di Mauro Almaviva
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