Luigi Balocchi, Atti di devozione, Puntoacapo Editrice,
Pasturana (Alessandria), 2016
Mesi fa mi capitò di conoscere a Vigevano Luigi Balocchi, un romanziere che ormai da anni calcava, grazie a Mursia e Meridiano Zero, i principali palcoscenici letterari d’Italia; ebbene ricordo che diventammo subito amici e che per dimostrargli la stima sincera che nutrivo per lui, volli commentare brevemente –in un messaggio privato, che oggi ho deciso di rendere pubblico– la sua raccolta di versi Atti di devozione, data alle stampe nel 2016 dalla Puntoacapo Editrice.
Il Big Bang?
Ecco qui di seguito le rapide, ma spero pertinenti considerazioni che scrissi ed inviai al bravo Luigi Balocchi: “Ciao, ho cominciato a leggere il tuo libro –che, lo devo ammettere, mi piace molto– e ho come l’impressione che nelle tue poesie, il termine “incarnazione” sia quasi sinonimo di “Big Bang”. Sbaglio? E mi sembra anche che un punto di contatto fra il tuo stile ed il mio sia la brevità delle poesie, combinata ad un periodare estremamente scarno ed essenziale che, nel tuo caso, tende al versicolo ungarettiano. Invece, in altri passaggi dei tuoi componimenti, la totale assenza di punteggiatura conferisce al dettato la “burrascosa agilità” del classico “flusso di coscienza”.
Nel complesso mi pare che la tua raccolta nasca da un progressivo accumularsi di atti (ossessivi e compulsivi?) di devozione all’amore, ma in special modo ai ricordi; ogni testo è un’offerta votiva per implorare gli eventi del passato: sì, tu li scongiuri di rimanere perché si reincarnino, da labile memoria che sono, in concreta e tangibile ragione di vita. Una ragione di vita che attendi con ansia, per poter finalmente accogliere (o almeno sopportare) la realtà del nostro mondo e poi descriverla (come accade nella lirica I viaggi di Gulliver) col luminoso pessimismo, incantato ed arioso, del miglior Sandro Penna”.
Pietro Pancamo
CHI SONO
I VIAGGI DI GULLIVER
–di Luigi Balocchi–
Sono stato nelle migliori camere d’albergo.
Ho dormito nelle stazioni.
Ho frequentato gente di lusso, starnutito nello stesso fazzoletto coi barboni.
Tutte belle le mie donne, mogli d’altri e graziose cortigiane.
E ho aperto le mani, abbracciato.
Senza paura.
Senza giudizio.
In grazia della vita ti ho voluto incontrare.
Chiunque tu sia.
(Dalla silloge Atti di devozione)
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