Questa storia ha 21 anni e qualche mese. Ma è iniziata 22 anni fa. Ed è assolutamente vera. Posso dirlo con granitica certezza, perché è capitata a me.
Più o meno in questi stessi giorni di ottobre del 1996 ero a Londra per una vacanza organizzata dal mio amico Franco, che quasi senza avvertirmi, anzi più esattamente senza aspettare una mia conferma, un po’ a sorpresa aveva prenotato volo e hotel, consapevole di una mia debolezza del resto inconfutabile: ad una vacanza a Londra io non so mai dire di no. Ci sono stato, per periodi che variano da un giorno a un mese, ben otto volte, e sto pensando di tornarci prestissimo, forse già nel prossimo novembre.
Ma torniamo alla storia. Insomma io e Franco siamo a Londra per dieci giorni e abbiamo deciso viverli intensamente macinando chilometri alla scoperta e riscoperta dei luoghi più celebri e celebrati, senza dimenticare i parchi, le vie dello shopping e addirittura ben tre musicals (tra cui “Il Fantasma dell’Opera” che si incastrerà in modo inamovibile in un angolo del mio cuore, ma questa è un’altra storia)
La rivoluzione digitale che di lì a poco avrebbe stravolto il mondo della fotografia (e non solo), non è ancora iniziata, e dunque gran parte dei ricordi è affidata alla memoria e a qualche decina di scatti immortalati con le nostre molto essenziali attrezzature analogiche.
Insomma io e Franco ci viviamo ogni istante registrandolo nella memoria, e solo ogni tanto concedendoci qua e là qualche raro scatto; poche ma molto significative immagini, scelte con la parsimonia imposta dal numero massimo delle 36 pose del rullino d’ordinanza…
Naturalmente anche i telefoni cellulari sono ancora considerati solo curiosi gadget di dubbia utilità per pochi fortunati ricchi spendaccioni. Per non dire degli smartphone, per i quali l’umanità tutta dovrà aspettare ancora quasi un decennio…
In poche parole un altro mondo, nel quale comunque (non avendone un altro a disposizione e non immaginandolo neppure) ci muoviamo a nostro agio, scegliendo ogni sera mete e destinazioni per il giorno dopo, lasciandoci ispirare e consigliare da un numero monografico di una rivista di turismo portato con noi dall’Italia, e da consigli e indicazioni di “Time Out” e “What’s On” i due preziosi settimanali londinesi che, in quegli anni, il turista informato acquista praticamente appena sceso dall’aereo e che sono dedicati a tutto ciò che accade… in città!
Ed è così che, giorno dopo giorno, tra un immancabile e un imperdibile, non ci priviamo di nulla. Anche Harrords, anche i Gioielli della Corona, anche Madame Tussaud, anche il meridiano di Greenwich, anche Abbey Road, anche Cats e Tommy e The Phantom, anche il MoMi, anche la minicrociera sul Tamigi, anche Portobello, e anche Camden Town.
L’elenco potrebbe proseguire, ma siamo al punto di arrivo di questo racconto. Camden Town, all’epoca presentato e percepito come novità alternativa al più turistico Portobello, nasce e cresce, affermano le nostre informatissime fonti, come un “vero mercato” popolare e solo qui i “veri londinesi” vengono a fare acquisti.
Tra i tanti negozi da scoprire ed esplorare, la mia guida di carta considera “obbligatoria” una visita a CO2 e dunque, non possiamo di certo trascurarla.
E in effetti CO2 non delude: è un grande negozio ricavato da un antico magazzino, ed è pieno zeppo di oggetti bellissimi (non a caso si autoqualifica specialista in “Twentieth Century Design Classics”) che meritano qualche foto in più della media.
La vacanza continua ancora per qualche giorno e poi arriva l’ora di tornare a casa e la prima cosa che si fa, appena arrivati, quasi prima di disfare i bagagli è portare i rullini a sviluppare. E sembrano non passare mai quei due o tre giorni di attesa, ma poi finalmente eccole, le 36 immagini che serviranno per sempre ad attivare i meccanismi della memoria, per provare a restituire atmosfere e suoni e odori e anche, curiosamente, dei sapori…
Però poi passano i mesi e il ricordo della vacanza inizia inevitabilmente ad affievolirsi.
Ma poi succede che nel pieno dell’estate successiva, esattamente il 21 agosto 1997 esce quello che Wikipedia definisce uno “tra i dischi più attesi di tutta la storia della musica inglese”. Si intitola Be here now ed è il terzo album degli OASIS, e ottiene un risultato incredibile: “L’enorme eco mediatica contribuì a fare dell’album il disco capace di vendere più copie nel minor tempo nel Regno Unito (420.000 solo nel primo giorno di pubblicazione e oltre un milione nella prima settimana)”.
Scattate durante il mio viaggio: Abbey Road, Piccadilly, CO2
Inevitabile che, per un disco come questo l’attenzione si sia concentrata su ogni particolare.
La copertina, ad esempio, sempre Wikipedia specifica che: “…ritrae la vecchia piscina di un palazzo signorile dell’Hertfordshire, risalente al 1773. La foto fu scattata nell’aprile 1997 da Michael Spencer Johns. La targa dell’automobile che sta affondando in piscina nella copertina del disco è la stessa della macchina della polizia parcheggiata sulla destra nella copertina dell’album Abbey Road dei Beatles.”
Insomma, c’è stato di certo un gigantesco lavoro, non solo da parte dei musicisti, ma anche dei creativi della SONY impegnati al massimo per dare a questo album tutto il valore immaginifico di un vero e proprio monumento del rock britannico e mondiale.
Io, naturalmente, faccio parte del primo milione di acquirenti e mentre mi rigiro tra le mani l’album, sento come un curioso brivido di emozione… un momento… quello scooter in copertina, dove l’ho già visto?
A quel punto, con la fantasia mi sono divertito ad immaginare le riunioni dello staff incaricato di occuparsi della ideazione del “concept”. E poi, mi sono detto, una volta scelto il “concept” avranno anche sguinzagliato qualche abile trovarobe. Ricordiamo che nel 1997 internet era agli albori e le ricerche di oggetti, soprattutto se rari e curiosi, non si potevano fare con qualche clic ben assestato, ma solo muovendosi di persona tra magazzini e negozi dell’usato. E allora, se vivi e lavori a Londra, vuoi non andare a fare un salto a Camden Town?
In alto, uno stralcio del libretto all’interno dell’album.
In basso, la Bella Zundapp da me fotografata
In poche parole, non è fantastico che in copertina ad uno degli album più attesi e più venduti dello scorso millennio ci sia proprio esattamente quello scooter (la targa corrisponde, è quello, non ci sono dubbi), che aveva attratto la mia attenzione solo pochi mesi prima?
Non è singolare che io mi sia avvicinato e soprattutto abbia scelto di fotografare proprio quel curioso dueruote (che oggi so essere uno Zundapp Bella del 1955), che poi sarebbe stato scelto da chi doveva realizzare quella che sarebbe diventata una celeberrima copertina?
Scatto alternativo e retro della copertina ufficiale…
Questa è la storia come me l’ero ricostruita nell’agosto 1997. Ma il nuovo finale è ancora più incredibile.
Già perché oggi so che quella foto rappresenta il mio personale grado di separazione nientepopodimenoché con Liam Gallagher.
Già perché oggi, più di vent’anni dopo, dal web ho scoperto che se la Rolls (che era senza motore) fu affittata per mille sterline e il resto degli oggetti di scena proveniva dai magazzini di vecchio materiale in disuso della BBC, lo scooter (quello scooter) apparteneva proprio al minore dei fratelli Gallagher, che lo ha, stando ai dati del libretto di circolazione riportati da una casa d’aste, acquistato proprio nell’aprile del 1997, pochi mesi dopo la mia sconosciuta foto e pochi giorni prima di essere immortalato in uno degli scatti più celebri del grande fotografo inglese Michael Spencer Jones.
Links:
– L’album
https://it.wikipedia.org/wiki/Be_Here_Now
– Il fotografo:
www.michaelspencerjones.com/cover-art/
– La location:
https://www.englishgolf-courses.co.uk/hertfordshire/stockshotel.php
– Bella all’asta:
https://www.bonhams.com/auctions/16808/lot/561/
– Di nuovo in vendita:
https://scooterlab.uk/oasis-album-cover-zundapp-bella-sale-news/
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Paolo Pagnini
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Tags: londra, musica, oasis, paolo pagnini, viaggi
Paolo Pagnini, ma pensa te le coincidenze! Storia vera raccontata con grande aplomb!
Paolo, sei di una simpatia insuperabile!