Etosha Pan
Il parco Nazionale Etosha, in Namibia, è uno dei parchi più grandi d’Africa con una superficie di poco più di 22.000 km2.
Il nome deriva dall’Etosha Pan, una depressione salina pianeggiante di circa 5.000 km2, che è per lo più secca ricevendo poca acqua solo d’estate.
Le etnie locali la chiamano con diversi nomi; quello degli Oshidonga ha una similitudine fonetica col nome attuale: Oshitotha e cioè grande luogo bianco. Altri nomi: luogo del vuoto, luogo nudo, ecc. contribuiscono a dare una definizione di località inospitale.
Etosha Pan, delle dimensioni di circa 130 per 50 km, data la sua elevata salinità, è abitato solo da poche specie. Quando il vento soffia potente la polvere ricca di minerali viene trasportata per chilometri e chilometri arricchendo di sali minerali il terreno su cui pascolano gli animali. Tuttavia, questo causa problemi all’agricoltura.
La sua storia è più che centenaria: nel 1907 il governatore dell’Africa sud-occidentale tedesca, proclamò riserva un’area di quasi 100.000 km2 che, divenne la più grande riserva faunistica al mondo per quei tempi.
Nel 1967 la riserva divenne Parco Nazionale e, negli anni, le sue dimensioni vennero ridotte fino a quelle attuali. Del parco solo poco più di due terzi è accessibile al turismo di massa, la parte occidentale è riservata agli operatori turistici.
In realtà i primi coloni bianchi arrivarono a fine Ottocento e crearono un insediamento, che dovettero abbandonare in seguito a scontri con un’etnia locale.
Nel 1889 fu costruito un forte a Namutoni, a est di Etosha Pan.
Nel 1904, presidiato solo da sette militari, fu attaccato da 500 guerrieri Ondonga. Dopo una giornata di intensa schermaglia e rimasti quasi senza munizioni, gli occupanti evacuarono il forte senza perdite e il fortilizio fu saccheggiato e distrutto dagli Ondonga.
Esso fu ricostruito, di maggiori dimensioni, nello stesso anno e presidiato da più militari.
Nel 1910, sedata la ribellione, il forte fu abbandonato dai militari ed occupato dal corpo di polizia per un paio d’anni.
Dopo un breve presidio da parte delle truppe sudafricane che sconfissero l’esercito coloniale tedesco durante la Prima guerra mondiale, il forte fu definitivamente abbandonato e iniziò a cadere in pezzi.
Nel 1947 fu dichiarato monumento nazionale e si pensò a restaurarlo. Nel 1958, finalmente, esso, ritornato agli antichi splendori, fu ufficialmente aperto ad uso turistico.
Ancor oggi è parte del sistema d’accoglienza dell’Etosha.
D’inverno i mesi più freddi sono giugno e luglio e non piove praticamente mai, mentre d’estate i mesi più caldi sono dicembre e gennaio (può piovere, saltuariamente, fino ad aprile).
La vegetazione è quella tipica della savana ed è composta in prevalenza dall’albero di Mopane (alimento per molti animali) e dalle acacie.
Vi si trovano anche aloe e l’Aloidendron dichotomum o “albero faretra” perché dai rami vengono ricavate faretre da parte dei San e l’Acanthosicyos horridus, pianta spinosa che si sviluppa in larghezza, che può vivere fino a cento anni e che produce un frutto, una specie di melone che è commestibile e dai cui semi si ricava olio,
Nell’Etosha vivono 114 specie di mammiferi la cui concentrazione differisce a seconda delle zone e della stagione e 407 specie di uccelli.
in alto Orici, in basso Rinoceronte
Gli elefanti sono ritenuti tra i più grandi d’Africa ma, paradossalmente, le zanne sono relativamente corte.
Una curiosità sono i cosiddetti “elefanti bianchi”. Qualche turista, da lontano, scambia per albini gli elefanti che invece si sono bagnati in alcune pozze che contengono argilla e calcite: quando l’acqua evapora i minerali restano adesi alla pelle che diviene biancastra. Lo strato di fango essiccato protegge gli elefanti dai raggi del sole.
Alcune pozze contengono alghe verdi: quando il fango si asciuga l’elefante ha la cute verdastra.
Se ci spostiamo di circa 200 km in linea d’aria a sud-est dell’Etosha si giunge all’ Altopiano del Waterberg che si erge per circa 200 metri dalla pianura circostante.
Si estende da NE a SO per una lunghezza di circa 50 chilometri ed una larghezza massima di circa 16. Il monte più alto (più di 1.800 metri sul livello del mare) è il Karakuwisa.
Nel 1956 fu proclamato monumento nazionale e nel 1972 parco nazionale.
Il nome (monte d’acqua) deriva dal fatto che, mentre la sommità non ha corsi d’acqua perenni, alla base vi sono numerose sorgenti create dall’acqua piovana che filtra fino ad incontrare strati impermeabili.
Waterberg
I primi abitanti della zona furono i San che erano già presenti migliaia di anni fa; in seguito, a metà del 19° secolo arrivarono i Damara, seguiti dagli Herero.
Ma i primissimi abitanti furono i dinosauri le cui impronte, risalenti a più di 200 milioni di anni fa, sono ben visibili.
Nel 1873, il reverendo Heinrich Beiderbecke fu incaricato di costruire, per conto della Società Missionaria Renana, una missione ed una scuola a Otjozondjupa, ai piedi del Waterberg nel territorio del capo Kambazembi.
Un fatto curioso avvenne durante la costruzione: le piogge, aspettate per quella stagione, tardavano ad arrivare e, nell’area si vociferava che le piogge sarebbero venute quando, una volta completata la sua camera, Beiderbecke ci sarebbe andato a vivere. E così avvenne.
Purtroppo, nel 1880 iniziarono schermaglie tra i Nama e gli Herero mentre Beiderbecke si trovava a Città del Capo, in Sud Africa. La missione fu saccheggiata dagli Herero e fu abbandonata.
Beiderbecke emigrò in America e divenne pastore di una congregazione luterana.
Fu nominato un nuovo pastore, il reverendo Eich che, nel 1897 iniziò a costruire una chiesa e una scuola.
Nel 1904, in seguito alla ridistribuzione delle terre ordinata dal governatore tedesco e la conseguente creazione di riserve ove confinare i nativi, vi fu la ribellione degli Herero che culminò con il genocidio di questa popolazione.
Mentre il capo degli insorti Samuel Maharero ordinò che né missionari, né inglesi e boeri fossero attaccati, il generale von Trotha, sanguinario capo dell’esercito coloniale tedesco, comandò lo sterminio degli Herero.
Decisione presa in autonomia e, in seguito, condannata sia dal governatore locale sia dal suo governo.
Ai piedi del Waterberg l’11 agosto 1904 ebbe luogo la battaglia finale in seguito alla quale gli Herero, uomini, donne e bambini, fuggirono verso est, verso il deserto del Kalahari. La maggior parte di essi morì di stenti, fame e sete anche perché i tedeschi avevano avvelenato alcuni pozzi.
Solo recentemente la Germania ha riconosciuto lo sterminio di decine di migliaia di herero e ha offerto le scuse ufficiali.
Ove sorgeva la missione fu costruita una stazione di polizia che ora è divenuta il ristorante del Campo Bernabé de la Bat (fondatore, negli anni ’70 del secolo scorso, del Namibia Nature Conservation and Tourism).
All’interno del campo, dotato di moderni chalet e campeggio, vi è anche il cimitero dei caduti tedeschi.
Dal campo è possibile salire a piedi sull’altopiano da cui di gode uno splendido panorama.
Non è, invece, possibile recarvisi con il proprio mezzo, ma solo accompagnati da guide su veicoli del parco.
panorama
Vi si trovano due tipi di vegetazione. La prima è quella tipica delle zone rocciose come lavanda, pruno selvatico, sugheri, salice cespuglioso, mimosa, fico selvatico.
La seconda cresce nei terreni sabbiosi ed ha il carattere di savana: ad esempio syringa, acacia, terminalia.
La fauna è composta dalle maggiori specie di mammiferi: eland, kudu, leopardo, ghepardo, rinoceronte, ecc. e da circa 250 specie di uccelli.
Sul plateau
Mauro Almaviva
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Tags: Etosha, mauro almaviva, Namibia, Waterberg
Toglimi una curiosità Mauro: le scuse ufficiali sono accompagnate da qualcosa di concreto per quelle popolazioni o i loro discendenti, tipo risarcimenti, interventi in agricoltura, scuole e ospedali sul territorio ecc, oppure i tedeschi si limitano alle solite due ciarle?
Da quanto letto ci sono ancora colloqui perché sono stati chiesti miliardi di risarcimento (apparentemente però i rappresentanti delle etnie coinvolte non partecipano ai colloqui) e la Germania non vuole dare soldi ma progetti di sviluppo.
Per cui le scuse formali ancora non ci sono. Ma questo è un problema comune degli stati coloniali che hanno compiuto eccidi, chi più, chi meno
Grazie Mauro, canzoni già sentite, speriamo almeno nei progetti di sviluppo.