Sergio Oricci, Pesci di vetro, Superstripes/Gattomerlino, Roma, 2020
Nel 2020, il fiesolano Sergio Oricci ha pubblicato Pesci di vetro, ossia una raccolta di prose poetiche in cui la suggestiva agilità di un periodare molto fluido e incisivo ci propone una lunga parata di frammenti, diciamo così, “lirico-narrativi”, sempre venati di dolore latente e piccole tragedie sottintese; anche i rari istanti di serenità si rivelano costantemente offuscati da una consapevolezza amara: se di quando in quando le nubi oscure si diradano per far tornare il sole,
se di quando in quando, insomma, le vicende umane si concludono con un lieto fine, non è perché la vita sia “follemente” innamorata di noi, suoi figli, ma solo perché è talmente bugiarda che persino i drammi e disastri che promette a volte non s’avverano (e anzi si dissolvono del tutto, a perfetta immagine e somiglianza delle tante gioie e soddisfazioni che la vita stessa in genere preannuncia, per poi negarle drasticamente).
Pietro Pancamo
CHI SONO
Passo ogni giorno dalla stazione centrale, che sembra ogni giorno sempre uguale; c’è un ragazzo che inizia a bere di mattina, e canta manele –perché siamo in Romania– fino a quando ha energia. Ha i capelli tirati indietro con un sacco di gel, è sempre a torso nudo se le temperature sono sopra lo zero; tutti i giorni gli stessi jeans. Qualche volta canta e balla davanti a un orso; è un peluche seduto su una sedia, che guarda la strada come fanno gli altri, alla fermata. Ieri l’orso teneva stretta una rosa, ma poteva anche essere qualunque altra cosa.
Sergio Oricci
Mi piacciono i semafori quasi quanto gli spazi vuoti. Attraversare la strada per incrociare gli sguardi dei pedoni. Li guardo negli occhi e vorrei che facessero lo stesso, anche quando mi accorgo che li sto infastidendo. Quando mi passa accanto qualcuno che mi piace, a volte chiudo gli occhi per sentirne l’odore. Altre li tengo aperti, per godermi fino in fondo la scena. Le cose che preferisco: capelli lunghi che ondeggiano e profumo di sapone, e gli handicappati a braccetto con un genitore.
Sergio Oricci
Quando ho iniziato a non stare bene, cercavo un motivo anche nei mobili a parete. Ho cambiato materasso, sedia, perfino scrivania. Come se la depressione fosse una questione di posizione.
Sergio Oricci
Sergio Oricci, fiesolano che dirige in Romania la rivista letteraria «Clean», è apparso con i suoi testi (articoli e racconti) non solo nell’importante blog indipendente «Altri Animali», ma persino su «’tina» (la fanzine del noto scrittore e autore televisivo Matteo B. Bianchi), «The catcher» (l’organo ufficiale della Scuola “Holden” di Torino), «Split», «Tuffi», «Dude Mag», «CrapulaClub», «Osso», «In fuga dalla bocciofila», «Tipografia Helvetica» e «Cattedrale». Ha inoltre vinto il Premio “Bookciak, Azione!” (evento di pre-apertura della Mostra del cinema di Venezia) e ha all’attivo due romanzi: Cereali al neon. Cronaca di una mutazione (Effequ) e Bianco shocking (pubblicato quest’ultimo nel 2014 sotto l’egida del famoso intellettuale, saggista e conduttore radiofonico Tommaso Labranca, che negli anni Novanta lavorò con personaggi di spicco quali Fabrizio Frizzi e per emittenti di prestigio quali la Rai); non bisogna poi dimenticare che Oricci –incluso fra l’altro, a ottobre del 2017, nell’antologia Odi. Quindici declinazioni di un sentimento– ha dato alle stampe anche Pesci di vetro, una silloge di prose poetiche uscita per i tipi del Gruppo Superstripes/Gattomerlino, e Volevo essere Vincent Gallo, una raccolta di novelle lanciata sul mercato, nel 2021, dalla casa editrice Pidgin di Napoli.
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