Questa volta vorrei raccontarvi la storia del mio gatto Benny, bellissimo gattone bianco e rosso con dei baffi lunghissimi e dei cosciotti da atleta.
Benny. Io ho sempre adorato quel visino così dolce.
Io lavoro in un ambulatorio veterinario sito in un quartiere molto popolato di Napoli, il quartiere Vicaria, dove c’è una notevole eterogeneità di persone con estrazione socio-culturale molto varia, ormai da 17 anni. I primi tempi sono stati per me molto impegnativi visto che avevo difficoltà ad integrarmi sia perché non parlavo il dialetto e sia perché le mie prime esperienze con la medicina le ho fatte in una clinica 24 ore e quindi con una forma mentis piuttosto rigida. In una piovosa giornata di lavoro, in un orario prossimo alla chiusura, bussò alla mia porta un ragazzone panciuto e mastodontico con in mano un piccolo gattino tutto sporco di terreno, bagnato e raffreddato. Esordì subito con la solita frase, ma stavolta in napoletano verace: “l’ho appena trovato e non posso tenerlo”. Inutile dirvi che a questa affermazione negli anni ha fatto sempre seguito la stessa risposta : “noi siamo una struttura privata, non possiamo raccogliere randagi perché non abbiamo possibilità di ricoverare; bisogna contattare la polizia municipale e l’ASL competente che provvederanno al recupero e all’eventuale adozione”. Il ragazzo con occhi spavaldi mi guardò e rispose di tutto punto : “se tu non lo prendi ora, io lo lascio qui fuori e poi vediamo come va a finire!” facendomi chiaramente intendere che sarebbe potuto essere vittima di un auto circolante. Ecco….mi aveva letteralmente fregata.
Per qualche giorno quel gattino a cui non volli dare un nome rimase in ambulatorio nella speranza che qualche cliente lo vedesse e se ne innamorasse, ma più passavano i giorni e più ero io ad innamorarmene tanto che era diventato una specie di mascotte. Adorava stare sulla mia spalla anche mentre facevo le visite, buono buono, immobile tanto da meritarsi il nomignolo di “Pappagatto“. Passati troppi giorni in ambulatorio, su richiesta di “nonna Carla”, decisi di portarlo a lei facendogli fare così la conoscenza del nostro labrador Brooklyn.
Brubru era delizioso con Beniamino (così decise di chiamarlo Carla, nome decisamente insolito per un gatto), ci giocava senza fargli male, lo leccava, lo cercava ma aveva un brutto vizio: rovistare nella sua lettiera e mangiarsi le sue feci. Tentammo in tutti i modi di evitare questo spiacevole comportamento, utilizzammo anche una polverina per rendere amare le feci di Benny così che Broocklyn non le gradisse, ma non ci fu nulla da fare tanto da decidere di portarlo a casa con me. In quel periodo avevo già 4 gatti ed un cane (la bella Valentina) ma, come diceva mio zio Franco, “dove mangiano 2 mangiano 3“, nel mio caso 5! Benny riuscì subito ad integrarsi nella nuova ed animata famigliola trovando in Peter il suo miglior amico ed in Valentina la sua mamma putativa. Gli anni sono serenamente passati senza alcun tipo di problema fino a quando…
Benny insieme ai suoi fratellini Peter ed Alice
Un antico detto dice :”Lo scarparo va con le scarpe rotte” e purtroppo devo ammettere che ha proprio ragione. Negli ultimi mesi mi ero accorta che Benny, ormai 11enne stava dimagrendo, ma non gli avevo dato il giusto peso. Avevo ipotizzato che si stesse muovendo di più visto che da oltre un anno abito in una casa con un grande terrazzo ed un balcone, infatti ogni volta, rientrando a casa da lavoro, lo trovavo sempre beatamente riposando in una casetta di legno che ho fuori al terrazzo. Del resto quando mettevo il cibo a tutti loro, al rientro da lavoro, anche lui correva verso la ciotola, quindi non ho mai pensato che spiluccasse soltanto. Ogni sera veniva a dormire con me, ogni mattina prima di andare a lavoro, giocavamo sul letto e soprattutto mentre sistemavo le lenzuola si divertiva a nascondersi sotto queste, quindi ai miei occhi tutto scorreva normalmente. Domenica 30 Aprile, grande evento, il Napoli squadra di calcio doveva giocare in casa contro la Salernitana, partita che praticamente avrebbe anticipato prima di ogni previsione la vittoria del campionato e la grande festa dell’intera regione Campania tifosa. Per la partita, che avrebbe avuto inizio alle 15, avevo invitato a pranzo la mia amica-collega Laura che la prima cosa che aveva notato appena visto Benny era quanto fosse dimagrito.
Cavolo….non ci avevo fatto caso ma era proprio così…se lo accarezzavo sentivo le ossicine delle vertebre ma soprattutto non aveva più la pancia. Ero mortificatissima per non averlo notato prima. A quel punto iniziai a guardarlo insistentemente e notai che effettivamente si avvicinava solo alla ciotola, annusava il cibo ma in realtà non mangiava; soprattutto quello che mi aveva fatto preoccupare maggiormente era stato il suo respiro altalenante e di addome.
Quella notte praticamente non ho dormito pensando a come meglio organizzarmi per portarlo con me al lavoro così da poter fare delle indagini riducendo al minimo lo stress, visto che Benny ha sempre avuto il terrore del trasportino e dell’auto. Invece no…stavolta era talmente fiacco che si era lasciato mettere nel trasportino senza batter ciglio, facendo tutto il viaggio in auto senza nemmeno un miagolio. Ovviamente ho subito pensato che ciò non fosse un buon segno. Arrivati in struttura “l’ho rivoltato, letteralmente, come un calzino“.
Buono buono mentre fa terapia in ambulatorio
La prima cosa è stata eseguire una leggera sedazione che mi ha permesso di lavorare senza stress per lui, subito dopo un prelievo di sangue per uno screening ed un profilo coagulativo e delle radiografie al torace. Mi sono immediatamente accorta del primo problema: Benny aveva tantissimo liquido nel torace, un versamento che non gli permetteva di respirare bene. A quel punto ho deciso di mettere un catetere endovenoso per approfondire la sedazione con del propofol (un induttore dell’anestesia), gli ho tosato una area del torace nel punto più sicuro per raccogliere il liquido (in termini tecnici una toracocentesi) dopo aver eseguito una disinfezione di tutta la zona. Sono riuscita così a drenare oltre 300 ml di liquido che ho messo in una provetta per poter analizzare. Tutto quel liquido era sicuramente la causa di quel suo respiro difficoltoso, ma a questo punto bisognava capire perché si era formato. Nell’attesa dell’arrivo dell’ecografista andai a riguardarmi le varie radiografie fatte al torace ed iniziai a notare delle piccole aree più radio-opache su un versante del polmone, aree che purtroppo mi sono state confermate dal collega. Non restava che campionarle tranquillizzando farmacologicamente ancora una volta il mio bellissimo gattone. Abbiamo prelevato un campione mediante ago aspirato di una area polmonare di almeno 3 cm che non aveva più le caratteristiche strutturali di un normale tessuto polmonare. Per completezza di indagini Vincenzo, l’ecografista, ha continuato il suo esame ecografico notando alterazioni di entrambi i reni. A questo punto bisognava solo avere la pazienza di aspettare i vari referti che, al contrario di quanto spesso succede in medicina umana, non hanno tardato ad arrivare, dandomi, se così si può dire, la mazzata finale: Carcinoma Polmonare.
Come spesso accade per queste diagnosi, bisognava decidere il da farsi in tempi brevissimi perché ovviamente un tumore non aspetta tempo e così, consapevole che non potevo operarlo e sottoporlo ad una chemioterapia invasiva, ho iniziato subito una terapia di sostegno con alte dosi di cortisone (lo stesso che avrei adoperato in corso di un più completo protocollo chemioterapico). Fortunatamente Benny ha reagito discretamente ed ancora oggi si lascia imboccare, prende tranquillamente le sue medicine ed al momento ha ripreso a mangiucchiare da solo. Sicuramente non potrà guarire perché questo “mostro” continuerà a crescere e a diffondersi, ma al momento posso dire che entrambi ci stiamo impegnando per allungare il nostro tempo a disposizione e soprattutto Benny sta dando a me il tempo necessario per maturare la, purtroppo solo mia, scelta finale.
Benny oggi, mentre si rilassa sulla poltrona
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