I gioielli, patrimonio culturale e dell’animo. L’orafo delle Madonne. Un incantevole volume sulla collezione di ori antichi della famiglia Spadafora, stimati maestri orafi calabresi di antica tradizione, di San Giovanni in Fiore.

Monica Spadafora con in mano il volume “Collezione di ori antichi” della sua famiglia. Edizioni Rubbettino. Den Haag (Paesi Bassi) Louwman Museum (il più bel museo olandese delle automobili d’epoca), 2 giugno 2023.
Fotografia di Hans Linsen.

Quando si parla di gioielli si pensa al lusso, al denaro, all’ostentazione; ben poco a quello che rappresentano, da millenni, a livello di cultura, testimonianza storica. Non solo di voglia, soprattutto da parte della donna, di un ornamento per se stessa. A partire dal più semplice e dall’arte primitiva, ai simboli arcaici; a credenze popolari, come quelle legate alla loro magia, persino ai “benefici”di molte pietre. E alla religione: laddove il desiderio di incoronare una Madonna durante una processione, di forgiare per lei collane, pendenti, crocifissi, diventa un dono celestiale, di nuovo un ritorno al concetto di bellezza, che non è soltanto estetico, ma ben più profondo.

Personalmente sono sempre stata attratta dall’arte sacra in oreficeria, imbattendomi in una famiglia che ne ha fatto un segno distintivo. La famiglia Spadafora, testimonianza di come l’amore per i gioielli, a tema religioso, antichi, o di foggia antica, oppure moderni, possa essere tramandato da padre in figlio, rimanendo un’immensa fonte di ispirazione, ricerca, lavoro professionale, produzione di livello: con risultati che, sia pur seguendo un processo evolutivo, sono e rimarranno eterni.

A riguardo vi consiglio un libro proprio sulla “Collezione di ori antichi della famiglia Spadafora” (editore Rubbettino), di Rosa Romano, giornalista e storico dell’arte, la quale si è specializzata alla Federico II di Napoli, lavora presso il Ministero dei Beni culturali, da anni interessata alla storia dell’arte meridionale, fra l’Ottocento ed il Novecento.

Si tratta di un’immersione in un mondo di meraviglie, partendo dalle creazioni di una tradizione che risale al Settecento, continua con il nonno Francesco e suo nipote Giovambattista Spadafora, scomparso all’età di 82 anni, la cui prole, Peppino e Giancarlo, ne ha ereditato l’ingegno e genio artistico; insieme alla sorella Monica, che ho intervistato per Il cofanetto magico.

Il volume è corredato da splendide fotografie che illustrano il testo, su cui mi sono soffermata a lungo; come mi accade spesso davanti ad un bel quadro, che ammiro più volte, scoprendo sempre un nuovo dettaglio, un particolare non notato nella prima visione dell’insieme.

Collana di smeraldi con perline scaramazze, che vengono infilate con filo d’oro e cucite sul gioiello. Il centrale, pure in oro, riproduce il cocchio divino di Ezechiele. Dalla Collezione ori antichi della famiglia Spadafora.

In questo caso si tratta di preziosi, alcuni molto particolari, che non finivo mai di osservare; affascinata dal lavoro di cesello, dalle pietre incastonate, dalla loro disposizione. Meravigliosi bracciali, collane, fra cui una di smeraldi e perle scaramazze, “microperle” infilate con filo d’oro e cucite sul gioiello, seguendo l’antica tradizione bizantina (nella foto sopra).

Inoltre favolosi anelli e orecchini pure essi ricoperti di perle scaramazze, spille e spilloni, spesso con la lettera R di “Ricordo” in sfondato. Un tipo di gioiello conosciuto come “oro dell’emigrante”, perché veniva lasciato all’innamorata prima di partire (siamo alla metà dell’Ottocento). Da qui la R di ricordo, che si trova anche in alcuni anelli… Bellezza pura e allo stato puro.

Dal volume Collezione di ori antichi, Famiglia Spadafora, un anello “a spola”con pietra centrale a mandorla e corolla di perline incastonate a griffe. In oro rosso a bassa caratura. Sulla pietra di cristallo policromo (tipo ametista) è incisa la R di “ricordo,” dorata; le perline sono sintetiche. Le manine laterali che reggono la corolla nelle spallette lo rendono il tipico gioiello definito “romantico”, spesso scambiato durante la promessa di matrimonio. Fine Ottocento. A dimostrazione che era possibile realizzare anche gioielli di costo non elevato ma di elevato valore simbolico d’amore eterno: nel ricordo che ognuno di noi lascia nell’altro e in tutti coloro che ci amano.

Avvincente ed importante l’analisi degli studi e ricerche storiche dell’autrice, la dottoressa Rosa Romano. Con tante curiosità culturali sulla simbologia dei monili, su speciali tradizioni, a seconda dell’estrazione sociale: a cominciare da quelle delle donne del popolo cosentino e calabrese e agli abbellimenti dell’abito della cosiddetta “pacchiana.”

E poi, ancora, quelli indossati da una persona defunta e poi “recuperati in modo discreto alla chiusura della bara.” In quest’opera si trovano pure vari riferimenti ai gioielli che avevano funzione apotropaica e propiziatoria. Per esempio la Chiave come amuleto terapeutico contro l’epilessia e l’emicrania e… un gran potere sul cuore dell’uomo. Il Pesce, simbolo di abbondanza e salute nella tradizione partenopea, insieme alla Croce per rappresentare il Cristo.

Il Serpente, ai tempi considerato un simbolo positivo, con riferimento all’eternità, oltre che consacrato ad Esculapio, dio della medicina. La pelle del serpente si strofinava sui capelli per impedirne la caduta e favorirne la crescita; si posava sotto il cuscino di un malato per accellerarne la guarigione.

Interessante l’apporto dato al libro da Pasquale Lopetrone, architetto, saggista, storico, professionista del restauro monumentale e di allestimenti museali, esperto studioso di architettura medievale oltre che del grande Gioacchino da Fiore, abate, teologo e filosofo italiano (1130-1202), e delle sue fondazioni.

Den Haag (Paesi Bassi). Louwman Museum 2 giugno 2023 Ancora una bella, dolce immagine di Monica Spadafora.
Foto Hans Linsen

Per concludere si arriva alla postfazione di Monica Spadafora, che descrive il privilegio di essere cresciuta, lei ed i suoi fratelli, “fra incanto e meraviglie”. “Chiudere gli occhi e ricordarmi bambina”, scrive Monica, “per me significa odore di bruciato su una fiamma che soffia su un metallo scuro, in trepida attesa che l’alchimista, mio padre, facesse la magia e quell’oggetto bruciacchiato venisse fuori da un contenitore di liquido fumante, manifestandosi nel suo colore più bello: l’oro.

Vorrei partire proprio da queste sue parole, dense di significato e poesia, per iniziare la mia intervista:

Monica Spadafora, “l’odore dell’oro fumante” fa parte della sua famiglia di Maestri Orafi. Ci parli della sua origine e di una tradizione plurisecolare mai interrotta, anche nei tempi più poveri.

Siamo in Calabria, oggi conosciuta come terra di colori e profumi, meta turistica ambita, ma negli anni in cui papà decise di portare avanti la tradizione orafa che aveva ereditato dalla sua famiglia, non era cosí. San Giovanni in Fiore si trova nell’entroterra calabrese, nella magnifica Sila; ma gli anni ‘50-’60 furono caratterizzati da una massiccia emigrazione e se devo pensare ad un colore che li contraddistingue penso al bianco e nero. Eppure papà ebbe la forza di rimanere lì e di regalare il suo colore e la sua arte a quella terra, da cui traeva continuamente ispirazione. In fondo la Calabria è stata terra di conquista nei secoli: nelle nostre produzioni di gioielli si riscontrano elementi bizantini, arbereshe, occitani, magnogreci. Come racconta il volume che ha cosí sapientemente saputo sintetizzare, l’oreficeria racconta delle storie. La nostra, in particolare, racconta storie popolari e sin dagli esordi ha potuto contare su quella tradizione che vedeva l’orefice come un membro di famiglia, a cui affidare la realizzazione di un sigillo, il gioiello legato ad un particolare evento e che avrebbe attraversato i secoli, ereditato da figlio in figlio.

Nello splendido volume appena descritto si ripercorre il cammino della storia della Calabria. Duecento anni di gioielli, presto in un museo permanente presso San Giovanni in Fiore. Qual è il valore aggiunto di quest’opera?

Proprio quel valore riconosciuto alla collezione, unica nel suo genere, dalla Sovrintendenza delle belle arti e dal Ministero dei beni Culturali, legato principalmente al numero dei gioielli che la compongono e che coprono un arco temporale di circa duecento anni. Gioielli raccolti da papà durante tutta la sua vita, perché ha sempre riconosciuto il valore storico e culturale del gioiello antico, tale da acquistarlo per sé e non rimetterlo in vendita. Attraverso questi ornamenti preziosi veniamo a contatto con spaccati di vita quotidiana della gente del mezzogiorno d’Italia vissuta un secolo e mezzo fa. Un tempo il gioiello rappresentava uno status sociale, un avvenimento importante, il matrimonio, il fidanzamento, addirittura il lutto e queste storie di vita quotidiana vengono raccontate da questo volume e, presto, dal museo che accoglierà la collezione.

Dalla collezione di arte sacra della famiglia Spadafora.

Come mai avete deciso di dedicarvi anche all’arte sacra?

Questa fu un’intuizione di papà. “L’orafo delle Madonne”. Questo appellativo gli venne dato dalla stampa calabrese nei primi anni ‘80. In particolare dopo che il 6 ottobre 1984, Papa Giovanni Paolo II, nella sua storica visita a Cosenza, nello stadio San Vito, poté benedire per la prima volta le corone realizzate da papà per il quadro della Madonna della Catena di Laurignano. Dico per la prima volta perché a quell’incontro ne seguirono altri 5 negli anni, fino al 2000. Ma quell’appellativo papá lo merita davvero perché dagli anni ‘60 ha realizzato oltre 150 corone, tra madonne e bambinelli, commissionate da parrocchie in tutto il meridione d’Italia e anche in America Latina. Seppe intercettare questa devozione popolare che si manifestava negli ex voto, quegli oggetti che rappresentavano un personale ringraziamento alla Madonna, oppure la richiesta di una grazia, che le parrocchie gli chiedevano di trasformare in oggetti che la Madonna “tota pulchra” potesse indossare durante le processioni. A ciò si aggiunge la profonda devozione di papà per la Madonna: credo che la sua mano fosse mossa davvero da un’ispirazione divina vista la bellezza delle opere che realizzava.

Dalla collezione Liber Figurarum. Questi speciali orecchini sono realizzati interamente a mano. Essi riproducono 3 tavole tratte dal Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore, abate e profeta di Calabria: il Draco Magnus et Rufus, il Cocchio divino di Ezechiele e i Cerchi trinitari.

Torniamo ai nostri giorni! La vostra produzione non si è mai interrotta, parliamo allora delle novità nel campo della gioielleria. E del famoso “Drago a sette teste” simbolo del vostro brand, che appare spesso nella vostra collezione “liber figurarum.” Possiamo dire che passato e presente sono inseparabili nel vostro stile?

Non potrebbe riassumere meglio la nostra missione aziendale. È curioso come lei parli delle “novità nel campo della gioielleria” e si riferisca al Drago a sette teste, che è una figura di Gioacchino da Fiore che ha quasi mille anni. Questo significa che ha colto la modernità non solo del disegno ma anche della portata del pensiero che l’ha ideata. Le nostre collezioni sono costantemente ispirate alle figure di Gioacchino Da Fiore, definito profeta delle civiltà contemporanea, il quale seppe riassumere migliaia di volumi di teologia nelle 14 figure del liber figurarum. Il drago, in particolare, ha una potenza straordinaria perché stravolge l’idea dell’Apocalisse, che non è più la fine del mondo, ma l’inizio della Nuova Gerusalemme e, quindi, dell’età dello Spirito Santo e della fratellanza universale. Papá, che era un ottimista di natura, non avrebbe potuto scegliere simbolo migliore per rappresentarlo.

Un gioiello è per sempre. Si riceve in eredità, si lascia in eredità. Rende speciale anche l’abito più semplice, ne ravviva il colore, infonde un tocco in più di eleganza. Dopo tanta storia e cultura una domanda pur sempre importante per chi non può permettersi di spendere troppi soldi per un gioiello; da voi si possono acquistare anche a prezzi accessibili per tutti?

Certamente sí. E siccome il bellissimo racconto che lei ha fatto della nostra storia mi dá l’idea di una struttura circolare, perché é partita da ció che l’oreficeria rappresenta davvero: cioé non mera ostentazione o il possesso del gioiello fine a se stesso, bensí un racconto di storia per lo piú popolare, voglio chiudere il cerchio confermando che, anche se negli anni abbiamo affinato le tecniche, iniziato ad incastonare gemme di altissimo valore, realizzato gioielli per regine e star del jet set internazionale, non abbiamo mai smesso di produrre il gioiello popolare, quello accessibile a tutti, quello che, nella sua semplicità, è in grado comunque di raccontare una storia. Un esempio: gli orecchini silhouette, in argento, nati dalla classica jennacca, sfera in filigrana che non poteva mancare nel corredo nuziale come dono della suocera alla nuora per la promessa di matrimonio.

Orecchini Silhouette, in argento 915/1000 in filigrana con particolari in bagno galvanico ore rosé.

Spilla in oro rosso e giallo a bassa caratura, formata da una serie di parti a stampo assemblate, vuote e leggere, in stile cosiddetto “borbonico”, elementi a volute, a chiavi e a mezzaluna con perline incastonate. Le pietre in alto sono a pasta vetrosa policroma. Inizio Novecento. Pubblicata in “Cosenza Preziosa, l’arte orafa tra il XIX e il XXI secolo, a cura di D.Pisani, Rubbettino, Soveria Mannelli. La chiave era considerata un amuleto terapeutico, in seguito la strada d’accesso per i cuori ed i luoghi dell’anima.

Secondo me una spilla non dovrebbe mai mancare nel guardaroba di una donna; per abbellire un abito a giacca, una camicetta. Eppure la indossano in pochi. Anche gli spilloni non si portano più. Come mai?

Semplicemente perché anche la gioielleria segue le mode del momento. Le spille andavano molto di moda soprattutto negli anni ‘50/’60 per poi tornare in auge negli anni ‘90. Fortunatamente anche la moda ha dei periodi ciclici e adesso stanno tornando di moda. Abbiamo già in cantiere una collezione di spille per l’autunno inverno. È piú facile indossarle su giacche e cappotti che su camicette leggere.

Parlando di alta gioielleria: secondo lei i completi formati da collana, orecchini, con aggiunta di anello o bracciale uguali sono ancora di moda?

Molto meno rispetto al passato, ma anche qui ritorna il concetto di moda del momento. Un tempo le parure erano il regalo della promessa di matrimonio, poi sono state sostituite da gioielli piú leggeri, “minimal” se vogliamo. In particolare, ad un certo punto, il promesso sposo, insieme alla propria famiglia, ha iniziato ad investire su un unico pezzo piú importante, magari un bel solitario. Per fortuna resta una piccola fetta di mercato che continua a preferire il coordinato, non per forza da indossare tutto insieme, ma versatile nelle varie declinazioni di abbinamento.

Una “parure” di particolare bellezza. Gioielli Spadafora.

Quali sono i gioielli più orginali della vostra ultima collezione? Avete dei progetti, nuove idee e produzioni per il futuro?

Io mi diletto a disegnare gioielli, nonostante abbia scelto un altro tipo di istruzione; il dna non mente! Una delle collezioni di maggior successo, la Royale, l’ho disegnata proprio io, e anche una delle nostre ultime creature, la soldanella, nasce dalla mia matita. È il fiore simbolo della Calabria: me ne sono innamorata anche perchè è un fiore spontaneo di montagna. Cresce nonostante tutto, pertanto è un simbolo di resilienza, termine ormai caro a molti, ma che a me piace molto riferire a mio padre. Si ricordi di quella Calabria anni ‘60 in cui lui ha deciso di rimanere e dove ha costruito dal nulla un marchio internazionale. A proposito dell’internazionalità il nuovo progetto è l’apertura di una gioielleria a l’Aia, in Denneweg 182, di cui mi sto occupando personalmente vivendo da un po’ di anni in Olanda. Sarà un piacere per me accogliere lei ed i suoi lettori in questo negozio che sta diventando davvero un bijou. Tanto per… restare in tema.

Maria Cristina Giongo
CHI SONO

Il maestro Giancarlo Spadafora, sempre molto elegante, intento a sfogliare il volume di cui abbiamo parlato in questo articolo sulla loro Collezione di ori antichi. Anche per l’uomo ci sono oggetti di orificeria, per esempio gli anelli, che donano un tocco in più di classe e stile.

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ISBN del volume Collezione ori antichi della famiglia Spadafora, Rubbettino editore: 9788849855364

Vi segnaliamo questo video, da non perdere! Capirete ulteriormente il valore intrinseco ed estrinseco di quanto abbiamo documentato in questo articolo.

Proibita la riproduzione del testo, delle immagini del fotografo Domenico Olivito, gentilmente concesse per la pubblicazione dalla famiglia Spadafora e delle due fotografie di Hans Linsen, senza citare l’autore e la fonte di provenienza.
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