Quando si parte? Una semplice domanda che è anche il titolo di un libro che vi consiglio di leggere, scritto da Mauro Almaviva, editore Scatole Parlanti. Mauro Almaviva lo conoscete già, in quanto ha collaborato a lungo con Il cofanetto magico, scrivendo appassionanti storie sulla sua vita professionale e di avventure in Paesi africani. Medico specializzato in malattie infettive, dopo aver lavorato all’ospedale “Luigi Sacco” di Milano, ha deciso di rispondere al richiamo di recarsi in Africa, dove per vent’anni ha lavorato in programmi sanitari del governo italiano. Eccoci allora tornare al titolo: Quando si parte?
Foto di Mauro Almaviva
In questo libro, di cui io stessa ho curato la prefazione, troverete trentacinque racconti di viaggio attraverso la Namibia, lungo la Costa degli Scheletri, e poi in Sudafrica nella remota Valle dell’Inferno, in eSwatini nelle miniere d’oro abbandonate che risalgono al XIX secolo, con riferimenti alle misteriose pitture preistoriche, da osservare con l’occhio attento ai simboli e significati mistici.
Ma “Quando si parte” riguarda anche la sua famiglia, la moglie e la loro figlia Irene che lo hanno accompagnato per dividere con lui un’esperienza speciale, appassionante, coinvolgente. Qualcuno si chiedeva e gli chiedeva se non avesse avuto dubbi a lasciare il suo Pasese d’origine, con una bimba così piccola, alle prese con una nuova lingua.
La risposta è subito chiara, sin dalle prime pagine: “Irene, con la capacità tipica di trovare mezzi di espressione universale quando non si parla la stessa lingua, interagiva subito con i compagni delle classi che frequentava. Anzi, era diventata il centro dell’interesse degli altri bambini, che volevano sapere come fosse l’italia, da dove proveniva.”
Per loro non era una “diversa”, scrive Mauro, ma “un valore aggiunto alla classe.” Senza contare la fortuna che Irene ha avuto, in seguito, “a soli 8 anni, di aver già visto tante bellezze…castelli, monasteri, cascate spettacolari…
Quanto avremmo da imparare noi da questo atteggiamento di accoglienza alla loro bambina! A questo proposito, in riferimento a culture differenti, sono rimasta colpita dal suo racconto di quando si recava nelle strutture sanitarie periferiche ed i ragazzi lo salutavano con… “buongiorno nonno”: infatti chiamare “mkhulu” (nonno) e “gogo” (nonna) una persona con più anni per loro è segno di rispetto.
Altre pagine interessanti, a parer mio, sempre in riferimento alla cultura di quei popoli, e particolarmente a quello Himba, sono, per esempio, i capelli, che vengono acconciati a seconda del grado di maturità raggiunto. “Gli adolescenti maschi hanno posteriormente una treccia unica, che diviene doppia quando raggiungono l’età per sposarsi. Le fanciulle hanno due grosse trecce davanti agli occhi. Quando sono in età da marito le trecce vengono raccolte lateralmente e dietro la nuca.”
Fanciulle Himba. Foto di Mauro Almaviva.
Il colore rossastro della loro cute è frutto di un unguento a base di burro e pigmento ocra, derivato dall’ematite, necessario per proteggersi dal sole, dagli insetti e per motivi igienici per via della scarsità d’acqua. Degno di lode anche il fatto che, trattandosi di semi-nomadi, “il governo namibiano abbia istituito scuole mobili per l’istruzione dei bambini ed aree di conservazione in cui gli Himba gestiscono l’ambiente naturale ed il turismo.”
Giovane donna Hamer. Foto di Mauro Almaviva
Molte sono le pagine in cui ti perdi sognando, fra albe da cui non vorresti mai “svegliarti” e tramonti mozzafiato, cascate spettacolari all’interno di fitte foreste, vulcani in eruzione, e tante altre bellezze naturali: come la Garden Route, nella Repubblica del Sudafrica, tutta la costa da Port Elizabeth sino al Capo, che io stessa ho ammirato, con mio marito, durante un indimenticabile viaggio. Di cui ricordo con ammirazione i famosi alberi con appesi i nidi condominio degli uccelli tessitori, che cinguettano incessantemente, citati pure dall’autore, che ad un certo punto si domanda: “ma che cosa avranno da dirsi tutti i santi giorni?”
Foto di Maria Cristina Giongo. I famosi nidi condominio.
Molto importante il capitolo sul turismo sostenibile, peraltro “parte dei diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU” con l’aggiunta di consigli da seguire per avere buoni contatti con le popolazioni locali; fra cui quello, se desiderate comprare dei prodotti locali, di informarsi su che cosa state acquistando, per mostrare interesse. E anche contrattare sul prezzo, non accettare subito la cifra richiesta.
Altri due suggerimenti sono di sicuro da seguire: quello di “non creare generazioni di mendicanti, dando caramelle o monetine ai bambini, che oltre tutto non contribuiscono alla loro nutrizione e incoraggiano la competizione.” E quello di “essere se stessi, anche nel modo di vestirsi. Si è rispettati per quello che si fa, per come si agisce, per come ci si relaziona con le popolazioni che ci ospitano, non per come ci si veste o per dove si alloggia”, scrive Mauro Almaviva.
Infine, lo sapevate che “in eSwatini, quando si dà qualcosa a qualcuno è educazione ‘sostenere’ l’avambraccio della mano con cui si porge l’oggetto, con l’altra mano.”? Questo e molto di più troverete nel suo libro edito da Scatole parlanti, Quando si parte?
La costa degli scheletri. Foto di Mauro Almaviva
Tante emozioni raccolte e poi racchiuse in altrettante scatole, da aprire ogni volta che si ha il desiderio di rivivere momenti indimenticabili della propria vita, dove la stessa parola emozione, dal latino e-movere, testimonia proprio quel “movimento” dell’anima e del corpo che danno un valore, persino un senso al nostro esistere. In attesa della ripartenza, non sappiamo quando, non sappiamo dove, verso altri luoghi infiniti.
Maria Cristina Giongo
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