Voglio diventare giornalista. Che cosa mi consiglia? Mi è successo più volte che qualcuno mi ponesse questa domanda. Oggi cercherò di dare una risposta che serva a tutti coloro che vogliono intraprendere questa difficile professione. Ovviamente mi avvalerò della mia esperienza diretta, frutto di una lunga carriera iniziata giovanissima. Il mio primo pensiero è che giornalisti si nasce. Infatti ed innanzitutto devi sapere scrivere bene, la qual cosa è un talento, spesso innato. A parer mio ci vogliono, per cominciare, tre elementi indispensabili che iniziano con la “t”: talento, tenacia e temperamento. Oltre a cultura e curiosità; talvolta un pizzico di fortuna.
Sin da piccola dicevo che… da grande avrei fatto la giornalista. Cominciai presto a scrivere e scrivevo ovunque. Rammento che in seguito, nel parco della casa di campagna dei nonni seppellii sotto un albero una scatola di latta con dentro tanti foglietti pieni di frasi, brevi pensieri, un abbozzo di favole che prendevano forma nella mia mente mentre giocavo, passeggiavo, spesso da sola.
Al liceo classico arrivavo a fatica a raggiungere la sufficienza in latino e greco, matematica, ma per italiano avevo sempre voti altissimi. Il mio professore d’italiano, un pozzo di cultura, un genio a livello linguistico mi diceva spesso che quello era il mio talento. Secondo lui avrei saputo imbastire un racconto persino su un semplice bicchiere di vetro: trovandovi “varie sfaccettature” da cui ricavare una storiella, un’immediata metafora. Dopo la maturità mi consigliò di concentrarmi esclusivamente su quel “talento”, convinto che soltanto comunicando con gli altri attraverso la scrittura e la parola mi sarei realizzata. Felicemente realizzata; seguendo la strada giusta per me.
La mia prima macchina da scrivere! Pensate quanto lavoro, anche quando si dovevano fare correzioni con “la scolorina”. Oppure si gettava via il foglio! E si ricominciava da capo ! Il mio primo libro lo stesi usando questa macchina da scrivere! E pure la mia prima novella, per il settimanale femminile “Alba.” Per cui intervistai anche l’allora ministro della cultura olandese ( in carica dal 1989 al 1994), Hedy d’Ancona: femminista, ricercatrice universitaria, del partito dei lavoratori (PvdA). Era il lontano 21 settembre 1990 (vedi foto sotto).
Scrivere bene, a livello sintattico, culturale, non basta. Si deve anche saper aggiungere un tocco personale che ti distingua. Soltanto così un articolo, un libro, acquistano un valore di unicità. Altrimenti il mondo sarebbe pieno di giornalisti! In quanto proprio questo differenzia il vero giornalista e scrittore dagli altri; come pone la notizia. E, per un romanzo, la capacità di raccontare infondendo alla propria opera un’anima, in cui si fondono varie emozioni riconoscibili da molti.
Per scrivere un buon articolo si parte sempre da una notizia, da un fatto, da un’informazione che chiunque, dopo averla ricevuta da un’agenzia, potrebbe riportare tale e quale, fine a se stessa. L’abilità del giornalista che vuole riproporla sotto forma di articolo consiste proprio nel riproporla in modo che solleciti il desiderio di leggerla, l’interesse nel leggerla. Non si tratta di manipolarla, ovviamente, ma, appunto, lasciandola come è, di svilupparla, approfondirla, renderla più comprensibile. In poche parole: testare e sviluppare.
Possibilmente con l’aggiunta di dati ed ulteriori informazioni trovate su fonti attendibili. Consiglio agli aspiranti giornalisti e a coloro che già hanno una collaborazione, quando mandano un articolo ad una testata, di inserire sotto l’email di accompagnamento tutti i link ai siti e pubblicazioni che sono serviti per documentarsi. Nel caso di qualche contestazione sono la prova tangibile della serietà del proprio lavoro di ricerca. Io lo faccio sempre.
Con l’avvento del computer è diventato più facile e veloce lavorare, anche se è consigliabile avere sempre a portata di mano un quaderno, un blocchetto per gli appunti, per scrivere i pensieri più immediati, alcuni spunti da non dimenticarsi, siti di approfondimento da consultare.
Un altro fattore rilevante è arricchire il proprio articolo con un’intervista. Le interviste sono preziose in quanto esprimono il parere di una persona competente sul tema e nel campo scelto. In questo caso è necessario darsi da fare per trovare personaggi di spessore, meglio se noti, i quali possono impreziosire ulteriormente il pezzo. Io ne ho intervistati tanti! Da Umberto Eco, all’astronauta Luca Parmitano.
Il 9 luglio 2013 Luca Parmitano è stato il primo italiano a compiere una passeggiata spaziale all’esterno della stazione internazionale (ISS), che si trova a 400 km di altezza e si muove ad una velocità di 28 mila km/h.
Tutto il mondo parlò di lui quando dopo 90 minuti della sua seconda passeggiata spaziale (il 16 luglio 2013), mentre compiva un lavoro di manutenzione, il suo scafandro pressurizzato cominciò a riempirsi d’acqua, a causa di una perdita del sacchetto dell’acqua da bere inserito nella tuta (che pesava 100 chili), rischiando di “morire annegato nello spazio!”
Non scorderò mai quello che mi raccontò quando gli chiesi se in quel momento ebbe paura e come la superò risolvendo il problema. Ecco le sue parole:
“La paura è una stanza buia dove non vedi nulla. Solo se accendi la luce noti gli ostacoli che ci sono. Per questo motivo sostengo che la paura va affrontata accendendo una luce. Quella luce per me è la conoscenza. La conoscenza dei propri mezzi e, nel mio caso, di coloro che da terra ci aiutano ad applicarli, ad usarli anche in caso di pericolo. La fiducia in queste persone è già un modo per vincere la paura.”
Un’altra sua frase che mi colpì fu; “Tramutare i sogni in progetti.” Divenne il mio scopo di vita.
Per questo motivo sostengo che per un giornalista le interviste sono un arricchimento anche a livello personale: e di apprendimento continuo.
Naturalmente non è facile intervistare personaggi di tale “entità”; per avere un appuntamento devi investire molto tempo, pazienza e, appunto essere tenace. Eccoci quindi arrivati alla seconda “t” di tenacia! Non scoraggiarsi mai, non demordere mai. Impegnare tutte le proprie energie per raggiungere la meta prefissata. Spesso ci si trova davanti a porte chiuse, o gentilmente… sbattute in faccia, a delusioni. Tuttavia, proprio parlando per esperienza personale, so che è possibile farcela. Perseverando.
19 gennaio 2012. Rotterdam (Paesi Bassi.) Alla fine di un’importante intervista al professor Ron Fouchier, olandese, docente di virologia molecolare presso l’Erasmus MC di Rotterdam. All’epoca aveva riprodotto in laboratorio una variante del virus dell’influenza aviaria, per dimostrarne la pericolosità. La qual cosa innescò parecchie polemiche in tutto il mondo per il rischio che il suddetto virus potesse “scappare” dal suo laboratorio, dove era avvenuta la mutazione. Già nel 1998 il professor Fouchièr aveva lanciato l’allarme sulla pericolosità di un’epidemia da influenza aviaria. Ancor oggi la teme, convinto della necessità di preparare sin d’ora un vaccino atto a combatterla; prima che si trasformi in una pandemia devastante.
Qualcuno pensa che in questo settore (nel caso non sarebbe il solo!) si vada avanti solo a raccomandazioni. Purtroppo, soprattutto in Italia, la meritocrazia è un concetto molto astratto, poco considerato. Tuttavia sono convinta che se non sai scrivere nessuna raccomandazione tiene!
I giornali devono vendere! Quindi hanno bisogno di articoli scritti bene, ben documentati, con notizie o interviste che non tutti riescono a trovare oppure ottenere. Caso mai aiutano, se siamo fortunati… i colpi di fortuna! Per me è stato quello di aver intervistato colui che dopo pochi anni diventò Papa; Giovanni Paolo II. Ma prima di scriverne devo raccontare i miei inizi. All’epoca ero molto giovane: per raggiungere i 90 articoli necessari per iscriversi all’Ordine dei giornalisti per cui erano richiesti pure due anni di assunzione presso una testata nazionale, era riuscita a trovare lavoro presso la redazione milanese del Popolo Lombardo, allora settimanale della Democrazia Cristiana. Senza alcuna raccomandazione!
Dal mio direttore, che si chiamava Vincenzo Dittrich, imparai l’importanza di essere sempre aggiornati, della lettura, di come si scrive un articolo in modo corretto, deontologicamente professionale. Insomma, la mia non fu una formazione “fai da te”, purtroppo tipica di tanti “giornalisti” improvvisati, a cui mancano le basi indispensabili di una formazione specifica nel campo.
La copertina del Popolo Lombardo, gennaio 1976. Quello fu il mio primo di tanti “richiami di copertina” (quando un articolo viene citato in prima pagina).
Il nostro direttore ci diceva di non parlare troppo di noi stessi, in quanto ai lettori non importava nulla di chi fossimo e soprattutto che cosa pensassimo noi dell’argomento affrontato. Naturalmente se sei cattolica, come lo sono io, puoi decidere di collaborare con una testata che rappresenti i tuoi valori e la tua religione. Per questo motivo 14 anni fa contattai il direttore del quotidiano nazionale Avvenire, Marco Tarquinio, chiedendo di scrivere per loro come corrispondente dai Paesi Bassi. Dopo un certo lasso di tempo abbandonai le altre collaborazioni precedenti: per i quotidiani Libero ed Il giornale.
Lo feci per alcune divergenze sui titoli e sottotitoli con cui annunciavano il pezzo sottostante, stravolgendone il senso; oltre che per certi “tagli” non graditi. Con Avvenire non ho mai (o quasi mai) avuto certi problemi e soprattutto non mi hanno mai imposto di allinearmi (termine che non mi piace molto!) a determinate posizioni della testata.
Tornando alla mia esperienza al Popolo Lombardo rammento quando il direttore mi mandò come inviata per attuare un reportage sul terremoto in Friuli che il 6 maggio 1976 scosse la terra da quelle parti. Una catastrofe naturale che provocò la morte di 990 persone e la distruzione di decine di paesi. All’epoca non c’erano internet e cellulari. Le prime testimonianze arrivarono dai radioamatori e dagli autotrasportatori che passavano nella zona. La perdita delle linee telefoniche fisse lasciò delle zone isolate.
Una volta spedito il mio articolo rimasi sul posto per aiutare, per quanto era possibile, la popolazione devastata da quella catastrofe.
Maggio 1976. Foto del mio archivio personale, scattata da me, inviata sul posto dal settimanale Il Popolo Lombardo.
A proposito dei colpi di fortuna ora vi racconto, come già premesso, un altro episodio che segnò la mia vita e carriera: era il 4 dicembre 1975. Pioveva forte, eravamo tutti stanchi, affaticati da una lunga giornata di lavoro. Stavamo per tornare alle nostre dimore quando il direttore ci pregò di fermarci ancora “un attimo”: indi ci chiese chi era disponibile per recarsi ad un convegno all’Ambrosianeum di Milano, sul tema dei diritti dell’uomo, dove era presente un cardinale polacco che desiderava intervistassimo.
Ricordo come fosse oggi che due redattori risposero di non potere in quanto li aspettavano a casa moglie e figli con l’influenza, altri due perché dovevano ancora fare le spese. Tre cominciarono a guardarsi intorno tipo… “vediamo chi non ha impegni particolari di famiglia”… A questo punto tutti gli occhi si puntarono su di me, la più giovane. “Democraticamente”… fui io la prescelta! All’epoca guidavo una scassata, vetusta Fiat 500 che mi portò sbuffando, (come la sottoscritta) sino all’Ambrosianeum, la cui bella sala cinquecentesca era gremita di gente.
Il cardinale polacco si chiamava Karol Jozef Wojtyla. Dopo la conferenza gli chiesi se potevo intervistarlo. Ci sedemmo uno accanto all’altra. Karol Wojtyla era un uomo alto, imponente; un bell’uomo. Mi colpirono i suoi occhi che si posavano sui miei con dolcezza paterna. Parlammo di tanti argomenti, a lungo: di aborto, terrorismo, terroristi e di «coloro che assistono in silenzio alle loro violenze». Poi di marxismo. A proposito di marxismo, Karol Wojtyla non escludeva la possibilità di un incontro fra cristiani e marxisti ma «soltanto salvaguardando i diritti dei cittadini». Ancora una volta ripetè le parole diritto e libertà, per lui tanto importanti. Rimasi colpita dal suo interesse verso di me; mi domandò il motivo per cui avevo scelto di fare la giornalista, quali erano le mie posizioni ed idee inerenti i temi affrontati.
Prima di salutarlo esclamai, con l’entusiasmo dei miei 24 anni che… ci sarebbe voluto un Papa come lui! Aggiungendo che con i suoi principi di libertà e modernità ne avremmo avuto veramente bisogno! Lui restò un attimo in silenzio. Poi disse che purtroppo quando assumi quel mandato devi tenere conto di tutta la collettività, non solo delle tue idee. Per il semplice motivo che ci sono regole da far rispettare ad un’intera comunità cristiana; non predisposte per ogni singolo individuo. Nel salutarlo mi alzai in punta di piedi e gli stampai un bacio sulla guancia; lui scoppiò in un’allegra risata.
Karol Wojtyla.
Non dimenticherò mai questo incontro, che mi segnò la vita non solo a livello professionale ma anche di fede.
Quando fu eletto papa, il 16 ottobre 1978, le notizie su di lui erano scarse e pochi conoscevano quali fossero i suoi pensieri su determinati argomenti. Io sì. Corsi al Corriere della sera, mi feci ricevere dal direttore e gli proposi il mio articolo, che accettò immediatamente! Anche in questo caso non ero raccomandata da nessuno! Mi… ero raccomandata da sola, presentandogli un pezzo che sapevo avere un valore umano e storico considerevole.
Pensate se quella sera avessi rifiutato di recarmi in quel luogo, adducendo pure io una scusa! O soltanto in quanto ero stanca. Perdipiù ora posso dire di aver dato un bacio sulla guancia ad un Papa! Nel frattempo diventato beato: il 1 maggio 2011. Poi santo il 27 aprile del 2014. Il suo pontificato è durato 26 anni e 168 giorni.
A parte i colpi di fortuna ritengo che se vuoi diventare giornalista devi essere consapevole che si tratta una professione dura, impegnativa, in cui le ore lavorative sono parecchie, il guadagno minimo. Per questo motivo molti colleghi freelance svolgono un altro lavoro che permetta loro di vivere dignitosamente. O vi fate assumere a tempo pieno (attualmente quasi impossibile in quanto tutti i giornali sono in crisi e le redazioni sono dimezzate); oppure preparatevi a ricevere pagamenti irrisori, soggetti alle dovute detrazioni di tasse.
Pertanto rimane ben poco nelle tasche, rispetto all’immensa mole di lavoro che si deve svolgere per scrivere un buon articolo, ben documentato, letto e riletto parecchie volte per limarlo, accorgendosi di eventuali refusi ed imperfezioni grammaticali. Oramai i redattori non hanno più tempo per correggere i refusi! Se siete collaboratori esterni, ripeto, dovete trovarvi un’altra fonte di guadagno. Infatti io stessa in Olanda ho anche dato lezioni d’italiano, per 37 anni.
A proposito di pari opportunità che secondo alcuni non esistono (oppure solo in parte), soprattutto in Italia, devi anche creartele, meritartele, mantenerle! Un giorno lessi un annuncio sul Corriere d’informazione di una televisione privata Telealtomilanese (in seguito diventata Canale 5) in cui scrivevano di aver bisogno di un presentatore o presentatrice per il loro telegiornale.
Per pura curiosità mi presentai al provino; eravamo in 200! Scelsero me; ancora una volta, quindi, senza raccomandazioni. Ero così felice! Il mio secondo contratto fisso! Dopo poco tempo mi affidarono la conduzione di un programma per i consumatori, che si chiamò “Spediamoli bene.” Andava in onda, in diretta, tutti i pomeriggi. In seguito il titolo divenne “Utilissimo.”
Anche quella fu un’esperienza importante, con la collaborazione di una bravissima segretaria di redazione, Laura Bagnoli e di due eccellenti giornalisti del Corriere d’Informazione, Sergio Stimolo e Silvano Guidi. Condussi quasi 700 trasmissioni, sempre in diretta. Arrivando terza al concorso Premio Onda Tv nella sezione “Attualità e dibattiti.”
Conobbi tanti personaggi, miei ospiti, del mondo dello sport, (Gianni Rivera, per esempio), della moda (fra cui Fiorucci), della cultura, dell’arte, dello spettacolo. Prima di me andava in onda una trasmissione condotta dal cantante Mino Reitano, un uomo adorabile, gentile con tutti.
Il resto riguarda la mia storia personale, di rinuncia alla carriera televisiva quando rimasi incinta del mio primo figlio. Senza mai pentirmi per questa decisione di scelta della maternità, che reputo l’esperienza più bella che una donna possa vivere; vero amore incondizionato che dura per sempre.
In Olanda ricominciai a scrivere: di sera, quando il mio piccino dormiva. Talvolta di notte. Dopo un anno uscì il mio primo romanzo, “Caro piccolo baby”, edito da Rusconi, un editore all’epoca molto conosciuto in Italia. La mia passione per la scrittura non finì, anzi, avevo uno stimolo maggiore per ricominciare; anche a fare figli! Infatti misi al mondo il mio secondo bambino! Questo lo scrivo per sottolineare che anche con una famiglia puoi fare questo lavoro.
Indi cominciai a cercare nuove collaborazioni con i giornali. Come corrispondente dall’estero.
All’inizio furono i settimanali “Novella 2000”, “Visto”; volevo rimanere nell’ambiente e quindi non potevo certo fare la schizzinosa sulla scelta dei settimanali con cui collaborare. Anzi, mi divertivo a scrivere finalmente non solo articoli “pesanti”, di politica, religione, ma anche di moda, gossip, con interviste a personaggi famosi nel campo dello spettacolo. Nel mio sito ufficiale ne potrete leggere alcuni usciti in questi ed altri settimanali, mensili: www.mariacristinagiongo.nl Nella pagina di wikipedia, in più lingue, troverete la mia biografia riportata in modo più sintetico.
Fra le mie pubblicazioni anche il romanzo “ Mamma voglio morire”, di Bertoni editore. È uscito pochi giorni dopo lo scoppio dell’epidemia virale da Covid. Con un titolo scelto due anni prima, in riferimento al dramma vissuto da una bimba nei suoi primi anni di vita, in cui ripeteva spesso quella frase.
In passato ho anche scritto per “Il corriere medico”, ai tempi allegato del Corriere della sera. A questo proposito sappiate che potete anche diventare divulgatori scientifici senza essere scienziati. In termini puramente teorici, “chiunque può diventare divulgatore scientifico, a condizione di avere una buona conoscenza delle materie scientifiche di cui scrive ed essere in grado di esprimerle in modo chiaro e comprensibile.”
Per esempio Piero Angela, uno dei più apprezzati divulgatori scientifici televisivi non era laureato. Fu lui stesso a confermarlo in un’intervista al quotidiano Il giornale, dicendo che “non gli interessava esserlo e pergiunta i professori insegnavano male.” Il 26 gennaio 1988 l’Università di Camerino gli conferì la laurea Honoris Causa in Scienze Naturali. Ne seguirono…altre 12!
Questo a conferma che la passione per il proprio lavoro, l’impegno costante per raggiungere la meta prefissata, valgono più di 4 anni di studi universitari e vari masters! Ecco perché un “divulgatore scientifico” può essere sì un ricercatore, uno scienziato ma pure un giornalista che si specializza in questo campo: capace di spiegare un determinato argomento ad un pubblico a digiuno di certe tematiche.
Torno allora alle tre “t” a cui ho accennato all’inizio per diventare e rimanere un bravo giornalista: talento, tenacia, temperamento. Poi, oltre a saper scrivere bene, saper spiegare bene anche argomenti ostici (a difficult subject). Cosa che non tutti sanno fare.
Nel mio caso userei piuttosto il termine di “comunicatore scientifico,” ammettendo che, quando scrivevo per Il corriere medico e per altri mensili sulla salute “Salve” e “Ok la salute,” sempre della Rizzoli RCS, venivo aiutata da mio padre, medico, cardiologo ed internista. Professore di semeiotica medica, in seguito primario medico. A lui chiedevo consigli sulle letture, nozioni e ricerche accademiche necessarie per scrivere un articolo rivolto al grande pubblico. Prima della pubblicazione glieli facevo sempre leggere.
Lo stesso discorso vale per il divulgatore storico, giuridico.
All’epoca i settimanali, come per esempio OGGI, pagavano molto bene. Ma vendevano anche bene: il settimanale OGGI vendeva 1 milione di copie! Ricordo l’interesse per una mia intervista alla governante delle figlie della famiglia reale olandese.
O quando scoprii, dopo tante ricerche, dove abitava Michel Nihoul,sospettato di appartenere al giro di pedofili del mostro belga Marc Dutroux. Su di lui non riuscirono a trovare prove schiaccianti per condannarlo all’ergastolo, a parte un giro di commercio di droga per cui si fece qualche anno di prigione. Corsi subito ad intervistarlo dove si era rintanato: nello… scantinato di un condominio in Belgio. Nihoul è morto a Zeebrugge, il 23 ottobre 2019. Fu un’intervista inquietante.
Decisi di andare avanti su questo orrendo delitto nei confronti dei bambini e cominciai a formare un dossier con altre interviste di denuncia, ammirando il grande impegno da parte della polizia postale nello svolgere un’attività talvolta devastante a livello psicologico: a causa della visione di centinaia di filmati pedopornografici con bambini usati da depravati come “prede”. In Belgio intervistai un uomo che da piccolo e per anni fu abusato da un sacerdote, il quale, in seguito, ebbe il coraggio di denunciarlo.
Rammento un’altra intervista ad una delle vittime del giro di pedofili che faceva capo a Marc Dutroux. Uscii da quella dimora con il cuore a pezzi, straziata dal dolore dopo aver ascoltato le violenze subite da lei e da tante altre bimbe e ragazzine, finite, spesso con la compiacenza dei genitori e persino dei nonni, in un giro di perversi. Niente è più terribile che levare l’infanzia ad un bambino, la gioia di vivere facendogli del male, rovinandolo psicologicamente per il resto della sua vita: se sopravvive.
Non dormii per tre mesi. Indi decisi di fermarmi, per la troppa sofferenza che mi causava, sull’approfondimento di questa piaga che spesso la nostra società finge di ignorare.
Chi vuole intraprendere questa professione si ricordi che deve essere forte, nel momento in cui si trova davanti a casi simili. Talvolta rinunciando ad un servizio quando capisce che potrebbe essere nocivo per chi, come me, ha una sensibilità acuita. Una volta mi mandarono in un ospedale ad intervistare, per la televisione per cui lavoravo, un bambino ricoverato per i maltrattamenti subiti dalla madre; pugni, morsi, botte, fratture…
Appena lo vidi riuscii solo ad abbracciarlo; poi chiesi al cameraman di non accendere la telecamera. E tornammo in redazione senza aver fatto il servizio. La televisione dell’orrore non mi appartiene.
Durante l’intervista al professore olandese Ben Crul, anestesista, rianimatore, ricercatore. Ben Crul ha esercitato la sua professione per 34 anni nella Clinica universitaria del prestigioso Ospedale San Radboud di Nijmegen. Ha ricevuto diversi riconoscimenti per le sue ricerche soprattutto nel campo delle cure palliative.
Per quanto mi riguarda, io preferisco scrivere a mano piuttosto che registrare durante un’intervista. In questo modo posso aggiungere a penna nell’immediatezza le sensazioni che ho in quel momento, anche sulla persona che mi parla, per meglio saper descriverla nel mio articolo. Terminato il quale, prima di inviarlo in redazione, glielo faccio sempre leggere per ottenere il suo consenso.
Sia in caso di eventuali suoi ripensamenti su quanto ha detto, sia e a maggior ragione se si tratta di temi scientifici: per essere sicura che le informazioni raccolte siano state ben assimilate e riportate. Durante la mia lunga carriera, solo due volte ho registrato: quando intervistati un politico olandese molto discusso e quando intervistai un omicida, chiusa con lui in una cella del manicomio criminale dove si trovava.
A chi vive in Italia, e anche a chi decide di diventare corrispondente dall’estero, consiglio di iscriversi all’Ordine dei Giornalisti del nostro Paese, che nel 2023 ha celebrato il sessantesimo anniversario dal varo della legge 3 febbraio 1963 numero 69 che ne ha sancito la nascita.
Innanzitutto in Italia non puoi dichiararti tale, per legge, senza essere iscritto: secondo le regole che potrete leggere collegandovi al loro sito. Chi usa questa qualifica nel suo curriculum di lavoro può essere accusato, ripeto, in Italia, di millantato credito. In poche parole finge, forse per vanteria, cose non vere per accreditarsi presso una redazione giornalistica, particolari eventi, ecc. In altre nazioni, dove non esistono ordini professionali, ma per esempio federazioni di giornalisti, valgono altre regole.
Da noi, ribadisco, è in vigore un articolo, l’articolo 6. che cita: “ l’iscrizione all’Albo costituisce condizione imprescindibile per l’esercizio dell’attività giornalistica professionale.” Se non sei iscritto puoi dire che “lavori sotto testata giornalistica.”
Al di fuori di questo se trovi qualcuno che ti pubblica 90 articoli (mi pare che oggi ne bastino 60) hai già, sin da giovane, un bel curriculum alle spalle. Nessuno ti pubblica 90 o 60 articoli se non vali niente, se scrivi male! Raccomandazioni o non raccomandazioni! Ecco il motivo per cui suggerisco di iscriversi all’Ordine dei giornalisti.
Chiarisco nuovamente il concetto che le pari opportunità si debbono costruire! Niente ti piove dal cielo. Senza contare che due anni di lavoro fisso in una redazione sono un ottimo inizio e notevole fonte di apprendimento. Infine noi giornalisti siamo obbligati a pagare una quota annuale e a seguire corsi di aggiornamento, ogni biennio. Per chi vive all’estero ci sono anche online. Utilissimi per rimanere aggiornati sulle nuove tecnologie, strumenti di lettura, attualità, cultura.
Molto importanti sono le informazioni sul (sacrosanto) diritto di critica, sancito anche dalla nostra costituzione; che però ha i suoi limiti quando si usa il proprio articolo in modo “fazioso per ottenere dei vantaggi personali ed economici.” Oppure per offendere, deridere, “discreditare una singola persona, citata con nome e cognome, calunniarla, diffondere notizie false sulla veridicità dei suoi articoli.”
Il governo in carica ha appena abolito il carcere per i giornalisti accusati di diffamazione via stampa. Rimane la multa, che può arrivare a 50 mila euro. Diamo per scontato che un giornalista degno di tale nome non si metta certo a diffamare un collega o una qualsiasi persona in un suo articolo; conducendo un’azione di rappresaglia, soprattutto se, ripeto, si citano nomi e cognomi. La qual cosa non ha nulla a che fare con il vero giornalismo di informazione deontologicamente corretta. A meno che sussistano gravi prove a carico della disonestà della persona su cui viene pubblicato l’articolo di denuncia. Ma qui entriamo in un altro campo, come quello di inchiesta di giornalisti televisivi seri ed accreditati come quelli del programma Reporter che hanno prove documentate delle, ripeto, gravi accuse lanciate. Quando poi non le hanno vengono giustamente querelati, insieme alla testata di appartenenza.
Alla fine di questo articolo troverete il link al pdf del Codice deontologico dei giornalisti aggiornato ed approvato dal Consiglio Nazionale dell’11 dicembre 2024:, in vigore dal 1 giugno 2025.
A riguardo, se avete dubbi su qualcuno che secondo voi si spaccia per giornalista in Italia senza essere iscritto all’Albo, potete semplicemente cliccare il suo nome sul sito web dell’ “Ordine dei giornalisti- elenco iscritti.” Io sono iscritta dal 1977.
La tessera di giornalista, professionista o pubblicista, serve non solo per l’ingresso ad alcuni musei ma soprattutto per l’accesso a determinati eventi a livello internazionale, dove la richiedono sempre; aggiornata all’anno in corso.
Grazie ad essa ho potuto trovarmi all’aeroporto a ricevere l’allora presidente degli Stati Uniti George Bush, essere accreditata per il matrimonio (da favola) dell’attuale re dei Paesi Bassi Willem Alexander con la regina Maxima e in seguito alla loro incoronazione. Insomma, al di fuori delle critiche che vengono mosse all’Ordine dei giornalisti, io ho sempre considerato un valore aggiunto ed una garanzia di farvi parte.
7 maggio 2012 Nijmegen. Il Professor Umberto Eco con la giornalista Maria Cristina Giongo
Copyright foto: Maria Cristina Giongo. Dalle interviste c’è sempre da imparare. A livello umano e culturale. Se volete diventare giornalisti ed arricchire il vostro bagaglio professionale cercate di impreziosire spesso i vostri articoli con le interviste.
Per maggior completezza vorrei rispondere ad un’altra domanda che mi pongono spesso: ci sono regole di base per imparare a scrivere bene un articolo?
Sì, ci sono. Si possono riassumere, in generale, in tre punti principali, indispensabili:
1) Il cappello. “Per cappello” si intende l’inizio di un articolo, che, come per la stesura di un libro, è fondamentale. In quanto esso deve suscitare un immediato interesse nel lettore. Per questo motivo io lo trovo il più difficile in assoluto. A volte lo scrivo e riscrivo parecchie volte. Si può anche iniziare con dati e statistiche ma senza dare l’idea che sarà soltanto un elenco di fatti ed informazioni riportate a livello “scolastico”, tecnico. Altrimenti il lettore penserà di trovarsi davanti al solito polpettone di chi vuole fare sfoggio di cultura, imparata, appunto, sui banchi di scuola, o via i motori di ricerca di internet. Create quindi voi stessi uno spunto di interesse iniziale e possibilmente originale; “farina del vostro sacco,” tanto per intenderci.
2) La pancia dell’articolo. Si tratta del pezzo centrale, il meno difficile in quanto lì potete inserire le informazioni in vostro possesso. Nel caso si vogliano comunicare maggiori nozioni e statistiche è meglio farne un box a parte da inserire alla fine dell’articolo, come supplemento.
3) La chiusa. Ancora più difficile. Infatti è proprio nella conclusione che verrebbe voglia di lasciar trapelare le proprie idee, magari giudizi (attenzione che non siano pregiudizi!) Meglio non farlo o comunque non esagerare! Un bravo giornalista scrive principalmente per informare: non con il solo scopo di criticare, attaccare, polemizzare, provocare. Si rivolge ad un vasto pubblico, ai lettori di testate nazionali, non a quelli del suo blog personale oppure dei social. Gli articoli non dovrebbero diventare un mero sfogo contro il “proprio” nemico di partito o un determinato partito, opposto al proprio di appartenenza. Pertanto, prima di terminarlo, rileggetelo ancora una volta, con calma: estrapolandone gli elementi che volete sottolineare per create un pensiero finale in grado di racchiuderli tutti (da qui il termine “chiudere”, chiusa.) Un po’come la pennellata finale con cui il pittore completa il suo quadro.
Di esempi di articoli imperfetti ne avrei tantissimi, usciti su quotidiani di destra come di sinistra, spesso tinti, quando c’entra la politica, di una nota di faziosità troppo… politicamente scorretta. Ultimamente ho letto su un quotidiano un pezzo sui violenti scontri avvenuti il 7 novembre 2024 ad Amsterdam tra i tifosi della squadra di calcio Ajax e quelli del Maccabi tel aviv. La mia fonte iniziale di lettura era stata Euronews. Poi, navigando sul web mi sono imbattuta in quell’articolo che iniziava con una parola “buttata lì”, richiamandosi al “pogrom”; senza però chiarirne il significato.
Prendo spunto da quel pezzo non per criticarne l’autore e la testata che pur lo ha pubblicato, altrimenti mi smentirei sul mio dissenso a constestare chi non la pensa come noi. O a pensare presuntuosamente “io lo avrei scritto meglio”. Ne prendo spunto per sottolineare alcune regole. La prima regola è proprio quella di non pensate che chiunque legga sappia già quello che voi… sapete! Quindi specificate il senso dei termini che non sono di uso corrente. A maggior ragione se sono stranieri. Come dovrebbe fare ogni bravo giornalista che deve avere come compito basilare quello dell’informazione. Bastava collegarsi all’Enciclopedia Treccani, o ad altre fonti autorevoli per completare la propria frase.
Apro una parentesi:lo stesso discorso vale se si inseriscono parole in lingua inglese, che gli italiani (orrore!) “prendono in prestito” stravolgendola, rendendo tutti i plurali (con la “s” finale) in singolari (senza “s”). Tipo: fan, che al plurale è fans. Computer, che diventa computers. E così vanno scritti se si usano al plurale!
A parte l’accenno, nell’articolo suaccennato, al termine “pogrom”, per cui colui che lo ha scritto, ripeto, avrebbe dovuto condividere la sua “sapienza” con i lettori… la cronaca dei fatti avvenuti non è uscita nell’immediatezza, come deve essere per un pezzo legato all’attualità. Infine l’intervista (come ho appena scritto le interviste sono importanti, come valore aggiunto) è stata fatta ad un consigliere comunale! In questo caso, di cui ha parlato tutta Europa, andava contattata, almeno, la sindaca di Amsterdam, Femke Halsema.
Un conto è scrivere per un blog, spesso accatastando notizie prese dal web, come purtroppo fanno in molti, un altro conto è scrivere per un giornale nazionale. Per le interviste, se è possibile, suggerisco quindi di partire dall’alto, dai diretti responsabili. Questo distingue un giornalista capace da uno mediocre, che ha ancora molto da imparare per potersi considerare tale.
Arriviamo adesso alla terza “T” che serve per fare bene il proprio lavoro di scrittore: il temperamento. Mi riferisco a “temperamento” non solo a livello di carattere e personalità, ma pure a livello di saper “temperare”, moderare, mitigare. Appena assunti in una redazione non cercate di “asfaltare”i colleghi per fare carriera! Non invidiate chi ha raggiunto risultati migliori dei vostri! Qualsiasi sia il motivo. Siate sempre persone perbene. Nel bene e nel male! Scusate la battuta, molto vicina ad un ossimoro: “persona perbene… nel bene e nel male.” L’ossimoro è quella figura retorica che consiste nell’accostare, nella medesima locuzione, parole che esprimono concetti contrari, come per esempio “gioiosa tristezza.”
Ricordatevi che c’è un codice deontologico nella nostra professione che dovrebbe essere presente anche nella nostra vita: esso ci insegna ad essere corretti, a non farsi travolgere dall’ira quando, per esempio, si viene colpiti da comportamenti ed accuse ingiuste. Attualmente le redazioni dei giornali, soprattutto dei cartacei, sono fortemente in crisi, per motivi economici. Sono come bombe ad orologeria; spesso si lavora uno accanto all’altro, stressati e ansiosi per la paura di perdere il posto di lavoro.
Aiutate i colleghi, invece di infierire contro di loro; vi meriterete la loro stima ed altrettanta solidarietà nel momento in cui sarete voi ad averne bisogno. Questo vale in ogni campo ma soprattutto in quello del giornalismo. Ci vuole “classe” anche nello scrivere; la qual cosa significa, semplicemente, rispetto ed educazione, stile. Attenzione alle parole che usate, sia sulla carta che a voce. Per il resto il temperamento, a livello di passione per il proprio lavoro è sicuramente un altro valore aggiunto che porta a raggiungere ottimi risultati e la meta prefissata.
Un consiglio altrettanto importante è di provare a stare nel limite nelle battute richieste. Questo è il mio peggior difetto, per cui talvolta io stessa sono stata redarguita: in quanto, lo ammetto, sono una logorroica della scrittura! Se un redattore vi chiede 2500 battute per un pezzo di cronaca non mandategliene 3000, soprattutto se lavorate per un quotidiano! Se ve ne chiede 6000… non mandategliene 8000! E neanche 6500. Gli procurate solo del lavoro in più per tagliarlo (o rispedirvelo affinché siate voi a ridurlo.)
Certamente ci vuole più talento a condensare un pezzo in poche battute, a fare un riassunto, che a scrivere di getto sulla base del sentimento e della vastità delle documentazioni raccolte. Complimenti se riuscite ad essere sintetici! Ci vuole molto allenamento e bravura; ma i risultati sono eccellenti. Anche a favore di chi in redazione deve gestire una pagina cartacea, con sempre meno spazi per gli articoli da pubblicare.
Suggerisco inoltre di specializzarsi in un determinato argomento, magari di vostro primario interesse; questo renderà più facile il vostro lavoro, perché avrete a che fare con un solo redattore come punto di riferimento per una determinata pagina. Nelle grandi testate ci sono più redattori preposti, ma il riferimento a quella determinata pagina rimane: che sia di politica interna o politica estera, oppure bioetica, medicina, scienza, cultura, arte, cronaca, attualità e così via.
Un altro consiglio è di non pretendere che il vostro articolo venga pubblicato subito. A meno che si tratti di cronaca (di immediata attualità), con uscita, sul cartaceo, il giorno dopo l’invio. Sul sito web subito. A volte te lo tengono in “ostaggio” per qualche settimana. Un mio articolo su un documentario olandese che riguardava l’eutanasia, andato in onda in 4 puntate sino alla fine di maggio, seguite una per una, consegnato nel giro di 4 giorni, è uscito in luglio!
Quando scrivete un romanzo, una poesia, divertitevi a giocare con le parole. Componetele, scomponetele, fate volare la fantasia, metteteci studio, cultura, cervello ma anche cuore, emozioni, estro: ogni tanto una metafora, un ossimoro, una personificazione. Come nella canzone “Natale” di Francesco De Gregori in cui la personificazione la trovate nella strofa “c’è la notte per strada”. Sembra quasi di vederla…quella notte per strada.
Pensate inoltre a quei cieli notturni trapuntati di stelle simili a grandi fiori, che solo Vincent van Gogh, poeta della pittura, sapeva dipingere!
Spero che abbiate trovato il tempo di leggere questo lungo articolo sino alla fine. Avrei potuto scrivere un pezzo più breve, sui punti principali ed essenziali per diventare giornalisti; ma ho ritenuto che la mia vasta esperienza potesse essere di maggior impatto ed utilità verso un percorso di coscienza e conoscenza più vasto e forse più interessante. Mi auguro di esserci riuscita.
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
Link ad uno degli articoli scritti sul mio incontro con Papa Giovanni Paolo II quando era cardinale.
Link ad un mio articolo su un documentario olandese che mostra come è stata attuata l’eutanasia ad alcune persone “affette da patologie o dolori psichici insopportabili.”
Importante: link al pdf del Codice deontologico dei giornalisti approvato dal Consiglio Nazionale dell’11 dicembre 2024, in vigore dal 1 giugno 2025.
Video di Youtube in cui leggo alcune pagine del mio romanzo “Mamma voglio morire” (Bertoni Editore) in cui un evento drammatico vissuto dalla bambina e dai genitori viene raccontato da tre punti di vista diversi: quello dei genitori e quello della bambina stessa, durante la seduta di ipnoterapia a cui si sottopone per riuscire a ridimensionarlo e a renderlo positivo, accettabile.
Mia pagina ufficiale di facebook.
Nota redazionale: il 16 febbraio 2024 nella residenza dell’Ambasciatore italiano attualmente in carica nei Paesi Bassi S.E Giorgio Novello, ho ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica italiana, Ordine della Stella d’Italia, con decreto approvato il 6-12-2022.
NOTA REDAZIONALE: IL PROSSIMO 27 GIUGNO, ALLE ORE 18 E 30 si terrà in Puglia, a Lecce, una presentazione del mio romanzo “Mamma voglio morire” della Bertoni Editore alla libreria Liberrima: molto conosciuta, molto bella. Visitate il loro sito.
Indirizzo: Libreria Liberrima. Corte dei Cicala 1 – 73100 Lecce- Italia.
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