IMPRESE AL FUTURO, DI SERGIO NOVELLO. Un manuale di gran spessore, importanza. Quando un libro ha raggiunto lo scopo dell’autore di scriverlo e del lettore di leggerlo.

Quando hai terminato di leggere un libro la prima domanda che ti poni è se l’autore ha raggiunto lo scopo che si è prefissato scrivendolo. Infatti nessuna opera nasce per caso. È sempre frutto di un’evoluzione interiore, un’esperienza di vita: talvolta di un’intuizione talmente importante da volerla condividere con più persone. Nell’arte similmente, soprattutto pittorica, si tratta dell’impulso talentuoso mosso da un sentimento, un’emozione che si vorrebbe rendere universale, eterna. La seconda domanda è strettamente legata alla prima: lo scrittore ha raggiunto il suo intento? Per quanto mi riguarda, sono soddisfatta di averlo acquistato, mi ha lasciato qualcosa su cui riflettere? Soprattutto: ne sono uscita arricchita?

Imprese al futuro è arrivato anche nei Paesi Bassi ed ora fa bella mostra di sè in una delle librerie della giornalista Maria Cristina Giongo.

Il motivo per cui oggi vi consiglio “Imprese al futuro. Gestione e persone nell’era digitale” dell’Ingegnere Sergio Novello è proprio questo: si tratta di un lungo percorso (in 655 pagine) di apprendimento. A livello tecnico, professionale ed umano. All’inizio mi sono un po’ ”spaventata” per la parte iniziale, prettamente rivolta al campo dell’impreditoria, per me nuovo, in quanto la mia professione è un’altra. Intimorita dalle spiegazioni sulla “ Corporate governance”, con i suoi modelli annessi e connessi: tradizionale, dualistico, monistico, sulle posizioni aziendali con i sei pilastri inerenti, i termini inglesi usati (in cui, sin dall’inizio, si sottolinea la differenza fra British english e American english).

Sui ruoli fondamentali a livello dirigenziale, fra cui quello di amministratore delegato, di leader, di presidente. Classificazioni e nozioni su cui noi “profani” abbiamo una superficiale cognizione di causa o meglio un’ “infarinatura”; ma poi è l’impasto che conta, gli ingredienti scelti e lavorati con cura che lo rendono appetibile. Mi scuso per questa trasformazione simbolica in immagini, forse banale che tuttavia rende l’idea nella sua immediatezza. Come avviene per ogni metafora.

Per esempio quale è la differenza fra leader e manager? “Il manager opera attraverso la pianificazione ed il budgeting”, scrive Sergio Novello, traendo spunto da una pubblicazione del 1977, ancora attuale, di Abraham Zaleznik; “ il leader indica la direzione, allinea le persone. Il manager organizza e struttura. Il manager controlla, il leader ispira. Il leader cerca di capire i problemi sino in fondo, ma senza fretta. Il manager cerca stabilità e controllo, efficienza, la risoluzione dei problemi, gestisce la complessità. Il leader gestisce il cambiamento.”

Quante volte ci siamo posti questa domanda sulla funzione, personalità e capacità del leader? A pag 484 del libro è spiegato molto bene, avvalendosi, oltre a quanto accennato sopra, di altri due fattori molto importanti, non solo per questi incarichi, ma anche per altri apicali. Il primo è quello di saper gestire la trasformazione, compresa quella digitale, a cui Sergio Novello dedica un capitolo altrettanto importante. Il secondo fattore sottolinea che il leader deve essere dotato di “forte intelligenza emotiva, empatia, talento nel creare relazioni sociali, costruire rapporti e network con altri.” In questo caso fa riferimento al celebre libro di Daniel Goleman, “What Makes a leader.”

In questa parte del suo saggio e non solo, Novello affronta più volte il risvolto umano, l’importanza dei valori ad esso legati: se si vuole non solo fondare e gestire un’azienda, ma anche mantenerla.

Infatti il leader arrogante, narcisista, permaloso, incapace di accorgersi dei propri limiti, di conoscere i suoi punti di debolezza per non sopravvalutarsi, alla fine mette a repentaglio l’impresa. In quanto la sua priorità è il suo benessere, il suo bene personale e profitto, non quello dell’azienda e dei suoi collaboratori. Il giornalista scrittore Bruno Vespa cita che “L’arroganza è la madre dei fallimenti più spettacolari.”

Mentre l’intelligenza emotiva, lo ripetiamo, “produce non solo consapevolezza di sè, che si esprime nella capacità di comprendere a fondo il proprio umore, emozioni, stato d’animo ed il proprio effetto sugli altri, ma anche autocontrollo sui propri impulsi e reazioni.”

Per rendere più agevole la lettura dei paragrafi prettamente tecnici e quindi più impegnativi, talvolta ostici, Novello si serve di tabelle e modelli visuali grafici. Aggiungendo un riassunto finale per ogni capitolo, “per aiutare il lettore a rendere propri i contenuti più rilevanti”, come lui stesso scrive.

In questo volume c’è anche una sorpresa… inattesa, che distingue lo scrittore specializzato in un particolare e delimitato ramo, da quello creativo di più ampio respiro. Si tratta di un personaggio creato dalla sua fantasia che fa da collante fra la concreta realtà imprenditoriale ed il lettore attivo in altri ambiti: si tratta di Cesare Amedeo Bertossi, Amministratore Delegato di una piccola multinazionale. “Cesare è l’esempio della resilienza di noi italiani che facciamo fatica a fare sistema, ma individualmente siamo una forza della natura. In conclusione è la persona che fa la differenza, la spina dorsale di un Paese economicamente fra i più avanzati del mondo.”

Cesare Bertossi ha una moglie, tre figli, ha studiato le lingue, ha lavorato in patria e all’estero. Alla fine del libro diventa oggetto di un’intervista. Un’intervista in cui si racconta, sin dai tempi del liceo e del suo primo contratto presso l’Azienda Pasquizzi: un’azienda all’avanguardia che, proprio per questo considerava necessaria fonte di apprendimento. Fra le altre cose ricorda la sua meravigliosa esperienza lavorativa a Dusseldorf, in Germania, con il figlioletto Aldo, il quale, i primi tempi della sua esistenza in cui lo stipendio del padre era magro, era diventato un gran consumatore di yogourt. Pertanto non gli dispiaceva di provare quello tedesco! In seguito, tornati in patria, Aldo sfoggiava… “un accento un po’ teutonico che lui stesso trovava molto affascinante.”

Cesare è semplicemente umano, simpatico, divertente nel modulare l’intensità delle proprie emozioni: in alcuni momenti mi fa pensare all’incisiva ironia dello scrittore svedese Jonas Jonasson. Per esempio quando va a lavorare, munito del suo solito entusiasmo, alla Juvant e così descrive il suo primo giorno: “una luna di miele durata…mezza giornata. Infatti il direttore commerciale Cecconi era partito improvvisamente per l’Ungheria, quello facente funzione di direttore di produzione aveva comunicato che quella settimana lavorava in smart, Temprin si era rotto un dente ed era scappato dal dentista, il distributore locale era passato alla concorrenza.” “Ma è sempre così qui?”, chiede Cesare alla sua giovane assistente Laura, che gli risponde stupita: “in che senso?”

Senza contare il momento in cui legge il report delle vendite del mese ed impallidisce, nonostante il “trillo incoraggiante di Laura sul fatto che il mese precedente era stato molto peggio!”

Il personaggio di Cesare è creato ad arte, con furbizia. Rappresenta diverse vite comuni e professionali, senza incorrere nel rischio di raccontare (troppo) se stesso. Come succede spesso ed inevitabilmente quando si cade nella tentazione di parlare (troppo!) di sè nel proprio libro. Anche se Novello si identifica sicuramente in Cesare, a tratti: tanto quanto basta.

Eindhoven, Paesi Bassi, gennaio 2025. Il libro è arrivato ad Eindhoven: ed ora si inizia la lettura! Foto Hans Linsen

Un altro elemento di rilievo sono le interviste a dieci imprenditori “reali”. Da Pierluigi Sgarabotto, manager apicale, con tanti successi alle spalle e la sola delusione di constatare “la frequente mancanza di etica ed integrità nel mondo del lavoro”; a Giancarlo Emanuel , fondatore ed editore della rivista online “Mercato totale.” Poi a Daniele Giaffreda, coniatore del termine “impremanager”; a Marco Beghin, impremanager di Moleskine nelle Americhe.

Interessante pure quella a Pietro Geremia, giovane Presidente e Ad (amministratore delegato) di San Marco group, di cui ha assunto la guida con la sorella. Una fra le più belle quella a Luca Petoletti, partner di The European House-Ambrosetti (pagina 375). E, ancora, a Guglielmo Colombo, dirigente d’azienda, ingegnere lombardo, ora consulente. A Silvia Sabol consulente di direzione, piemontese, ingegnere, la quale dirige da anni una multinazionale presente nel nostro Paese.

La sua azienda si basa sul potere di lavoro del team, un altro argomento approfondito in quest’opera, in cui si mette in rilievo come quello del consulente sia “un bene prezioso a cui ricorrere quando si fa fatica a tenere il progetto sui giusti binari”.

“Un consulente preparato sa imporre disciplina al gruppo,” scrive Novello. “Riesce a navigare in acque problematiche, aiutando le truppe a mantenere la concentrazione anche quando la forza di gravità porterebbe altrove. Il consulente tiene la barra dritta, non ti fa mai sentire inadeguato, sa rinnovarsi, sa fidarsi, conosce il suo ambito.”

Mi sembra che questo sia un talento che appartiene anche al nostro autore. Un talento innato, sfruttato grazie ad una spiccata curiosità generale, tenacia e passione per la sua professione in cui ha raggiunto successi meritatissimi.

Infatti egli ha un curriculum di tutto rispetto, di gran spessore. Lui stesso persona rispettata e stimata. Come si evince nella prefazione alla sua opera, che è dedicata al padre Antonio, scritta da Andrea Vinelli e Gianni Dal Pozzo. Suoi “amici e colleghi” che hanno lavorato con lui nel consiglio direttivo dell’Associazione Alumni dell’Università degli studi di Padova, in cui Andrea Vinelli è professore ordinario di ingegneria economico – gestionale. Gianni Dal Pozzo è Amministratore Delegato Considi SpA.

Ricordo che “Imprese al Futuro” è pubblicato da Poste editori, I quaderni di, Cuoa Business School. Si può acquistare in versione italiana ed inglese, cartacea ed e-book.

Alla fine del manuale troverete la sua biografia completa. Ricordo soltanto che Sergio Novello (nella bella immagine sopra) è nato a Dolo, nel cuore della Riviera del Brenta ed in provincia di Venezia. Si è laureato nel 1992 in ingegneria elettrotecnica. È un entusiasta tifoso della Juventus. Sua moglie Carla, grande amore sin dai tempi del liceo, è una “sua inestimabile consigliera professionale”, imprenditrice a sua volta.

Insieme hanno felicemente messo al mondo e cresciuto due figli, Antonio Luigi (28 anni) grande appassionato di rugby ed Alberto Ludovico (26) che secondo Sergio “ha la fortuna di avere anche la cittadinanza statunitense.” Entrambi hanno studiato ingegneria, ma non gestionale.

Un altro punto di forza di questo libro è il desiderio di continuare a leggerlo, senza stancarti, in attesa del capitolo successivo. Pagine utili sia per chi svolge la sua professione nello stesso ambito, sia per chi vuole conoscerlo a livello di cultura personale.

Per esempio io ho ben compreso le dinamiche interne e costitutive del Family Business, inerenti, nello specifico, a piccole e medie imprese a livello familiare. Un tema sempre di attualità. Novello ne spiega la struttura, la divisione dei compiti sul piano decisionale, le quotazioni in borsa (se l’imprenditore o i suoi discendenti possiedono il 25% dei diritti sul capitale).

Mi sono addentrata nell’organizzazione della Corporate governance, per me alquanto sconosciuta, come ho precedentemente accennato, assimilandone elementi essenziali; fra cui quelli riferenti alla legge, che ne costituisce e forma la struttura di base: come sistema normativo a tutela dell’azienda e delle diverse categorie di soggetti interessati alla vita societaria. Poi ho letto con interesse tutto quello che riguarda il dedicated team, le piattaforme, in continua evoluzione, l’intelligenza artificiale, l’era digitale in perenne trasformazione.

E, ancora, ho provato compassione per chi deve partecipare a… “meeting after the meeting”, riunioni continue che Mary Barra, prima donna a diventare Ad della general Motors detestava. Ho valutato il concetto sostanziale, imprescindibile di “obsess over the customer,” a livello di business comunity mondiale: uno dei comportamenti stilati da Jeff Bezos, fondatore di Amazon, per cui “il cliente deve diventare un’ossessione, essere al centro di tutto”.

Di rilievo anche il capitolo sulla strategia delle assunzioni, atte a valutare se il candidato è allineato al “sistema valoriale dell’azienda”; se vuole lavorarci non come ripiego o mancanza di alternative più allettanti ma per vero interesse verso quella particolare azienda. Potete trovarlo a pagina 291.

Nello stesso capitolo si trovano consigli su come affrontare, da parte dello stesso candidato, i colloqui di lavoro. Il primo è quello di arrivarci dopo essersi preparati con cura sull’azienda scelta. Il secondo di non toccare subito il tema della retribuzione. Con altri particolari di contorno ma ugualmente da non sottovalutare, come, per esempio, quello di eventuali straordinari nel caso dovessero capitare… proprio nel giorno in cui si fa sport!
Insomma non si debbono porre (immediatamente) in primo piano le proprie esigenze.

In aggiunta “sono da evitare presentarsi in ritardo, parlare troppo velocemente o troppo lentamente, ingigantire esperienze minori, fare commenti politici o religiosi, interrompere il selezionatore, dimostrarsi troppo confidenziali.”

Altri suggerimenti fondamentali sono: “ricordarsi che quando si decide di cambiare lavoro è definitivo. Indietro non si torna”, nota Sergio Novello. “Se il percorso è davvero chiuso è ora di voltar pagina, facendolo con animo sereno e non in quanto si è arrabbiati o la si vuol far pagare al capo. L’orgoglio è un pessimo consigliere. Piaccia o non piaccia si è tutti importanti ma nessuno è indispensabile”, è la spietata, un po’ triste ma purtroppo assodata considerazione di Novello.

Per quanto riguarda il digitale la sua convinzione è che “usarlo è necessario ma non si deve puntare tutto massicciamente solo su di esso. Bisogna gestire bene il tempo dedicato agli incontri in video, per lasciar spazio a quelli “de visu” (di persona), un valore insostituibile per i rapporti umani fra il capo ed i suoi collaboratori.” Ovviamente se subentra un’urgenza, magari per la diffusione immediata di novità da affrontare subito in una riunione con molti partecipanti, è sicuramente utile indirla nell’immediato su una piattaforma digitale.

Tarvisio, gennaio 2025. La giornalista, presentatrice, mitica annunciatrice televisiva Mariagiovanna Elmi, che ama molto leggere, ha acquistato subito l’opera di Sergio Novello, che mostra fiera appena arrivata.

Nel libro Imprese al futuro vengono spiegati tanti altri fattori contestuali al tema affrontato: come quello sulla rilevanza dell’Assemblea degli azionisti o dei soci, “deputata a garantire loro un flusso costante di informazioni sulla consistenza attuale della società, prospettive ed evoluzione.”

Indi la pecularietà del concetto di fiducia. Bidirezionale: dal collaboratore al capo e dal capo al collaboratore. Oltre che dell’affidabilità. Del rigore e della disciplina. Inoltre avete mai pensato a che cosa accade quando la quota di un’azienda viene venduta ad una terza parte? Quando “l’imprenditore passa da una situazione di controllo totale ad una in cui si trova “obtorto collo”, sta a dire nella posizione di rendere conto ad altri del suo operato”?

In questo capitolo viene quindi messa in rilievo la caducità di certe posizioni. A cui deve seguire la fase dell’accettazione. Viene esaminato il ruolo del presidente quando diventa inimmaginabile che un uomo solo al comando possa gestire da solo tutta l’organizzazione. Allora “arriva il tempo di delegare. Di voltare pagina o di lasciare.”

D’altra parte, scrive Sergio, “il ciclo di vita delle aziende segue quello naturale: da bambino, da adolescente sino alla fase di declino ed invecchiamento.” Per Jeff Bezos, ovviamente… Amazon è sempre al Day 1!

Verso la fine dell’opera conosciamo Luigi Tancredi Rossi con cui si torna a parlare di storie di famiglia. Luigi Tancredi è un imprenditore della Juvant. All’inizio precisa subito che non vuole essere chiamato “dottore” in quanto “si è diplomato geometra alle scuole serali perché sin da giovanissimo, per sopravvivere, doveva lavorare.” Tuttavia, con il tempo e l’esperienza Tancredi ha accumulato centinaia di lauree!

In questa intervista Sergio Novello e Luigi Tancredi ci regalano il perfetto ritratto dell’imprenditore, a cominciare da quella che lui definisce “ la leva che lo anima”, che riassume con una sola frase: “noi imprenditori siamo dei perenni insoddisfatti, non ci accontentiamo mai, altro che equilibrio vita lavoro!” Al suo fianco c’è, da sempre, sua moglie Rosanna, suo grande supporto sin dalla “fase delle aspirazioni”, sin da quando “erano giovani, poveri e con tre figli”. Indi ci parla con affetto del fratello minore Igino, con cui fonda la sua azienda, il quale purtroppo muore precocemente.

In seguito entrano a farvi parte il figlio maggiore Giacomo e la figlia Maria Stella, che lui stesso definisce “il grillo parlante dell’azienda, attenta ai dettagli, lucida”. Tancredi descrive con molta schiettezza i rapporti familiari, consigliando di non farsi guidare troppo da essi sul piano del lavoro, cedendo al desiderio di creare al suo interno una famiglia “eccessivamente” allargata, in cui inserire ulteriori componenti. Quali? A chi si riferisce? Ce lo dice lui stesso senza mezzi termini, in modo scherzoso: “guai a mettere i cognati nella stanza dei bottoni!

Nei confronti del primogenito Giacomo ammette il rimpianto di avergli quasi imposto una strada di grande responsabilità che non era la sua. A cui segue una seconda ammissione: “capire in tempo non solo quando è il momento di cominciare ma ancor più quando è il momento di lasciare.”

Arrivati quasi al termine della storia conosciamo quali cambiamenti sono avvenuti nell’azienda: Giacomo è volato verso altri lidi, Maria Stella è rimasta come “impreditrice di seconda generazione e mezza.” Non dimentichiamo però, come giustamente sottolinea Novello nella sua ultima domanda a Tancredi il suo terzo figlio, Umberto. Per completare il quadro familiare, di amore filiale arriva la profonda, toccante risposta del padre: “Umberto vive in Uganda, in quanto è un missionario francescano: è la mia gioia più grande, che ha lasciato tutto perché il Tutto si trova altrove.”

Nel frattempo nella Juvant fa il suo ingresso…Cesare Amedeo Bertossi, la cui figura Tancredi tratteggia con semplici, incisive parole: “un professionista completo, ambizioso al punto giusto, motivato, con esperienze anche all’estero.” Ecco allora che ritroviamo il “nostro Cesare”! La nostra guida fra finzione e realtà! Il cerchio si chiude. Il libro è terminato.

Ringrazio Sergio per avermi fatto trascorrere ore di conoscenza in un ambito di mia “incompetenza”: grazie alla sua grande competenza! Senza mai perdere di vista, sottolinea lui stesso il “capitale umano”, la persona. Che sia uomo o donna, bianca o di pelle scura, abile o diversamente abile su una sedia a rotelle, etero o gay”. Ognuno ha le sue qualità, il suo cervello pensante, la sua unicità.

Soltanto così possiamo proiettarci tutti insieme nel futuro, coesi a livello globale; per donare un mondo migliore alle nuove generazioni, un pianeta rigenerato, più sostenibile nel senso più completo del termine.

Maria Cristina Giongo
CHI SONO

Come i miei colleghi giornalisti sanno, sono una grande sostenitrice del prezioso apporto che un’intervista può fornire ad un articolo, come valore aggiunto. Per questo motivo, dulcis in fundo, ho posto alcune domande all’autore di IMPRESE AL FUTURO, l’Ing. Sergio Novello (nella foto sottostante)

Ingegner Novello, il suo libro “Imprese al futuro”, così documentato, preciso, ricco di informazioni, deve esserle costato una gran mole di lavoro, fatica, impegno. Quanti anni ha impiegato per scriverlo?

Innanzi tutto la ringrazio per questa recensione così dettagliata, attenta, granulare. Mi ha davvero toccato. E grazie per l’opportunità di questa intervista!
Il lavoro è durato un anno e mezzo, ma devo ammettere che l’idea di scrivere un libro è assai più antica. In esso ho riversato i miei lunghi anni di studio sulla Business Administration in Italia e negli Stati Uniti e i 18 anni di esperienza come Amministratore Delegato.

Infatti, in ogni riga si legge il valore della sua lunga esperienza. È soddisfatto del risultato raggiunto?

Il mio desiderio era di creare un manuale che riconciliasse con concretezza e credibilità il modello anglosassone basato sulle grandi aziende con la nostra realtà costituita da piccole imprese e dalla cultura del saper fare. Il testo doveva manifestarsi come accessibile a chi è del mestiere, come per esempio un dirigente d’azienda, a imprenditori, per definizione poco avvezzi a giri di parole e a concetti troppo evanescenti, e infine a giovani alle prime armi nella vita d’impresa. Insomma, una platea ideale piuttosto variegata, che credo di aver saputo raggiungere con il mio stile di scrittura certamente non particolarmente raffinato ma spero incisivo e concreto.

Io ho sviluppato una specie di ipersensibilità allergica verso l’abuso della lingua inglese nei testi italiani. In alcune specifiche parti monografiche del suo saggio lei ne fa uso. Pensa che oramai dobbiamo accettare che l’inglese diventi una parte rilevante del nostro lessico? Oppure solo in certi specifici settori?

È un tema ricorrente che ahimè ci vede soccombere senza possibilità di rivincita. “Il veleno sta nella quantità”, si dice. E ormai la quantità di termini anglosassoni è straripante anche quando non vi è alcuna necessità. Nel libro ne faccio un utilizzo spinto perché, se il testo deve essere utile e attuale come un manuale operativo, non può prescindere dalla realtà quotidiana e dall’utilizzo continuo di terminologia straniera. Spiego quindi in dettaglio i titoli, differenzio persino l’approccio inglese e quello americano, e nel testo utilizzo indifferentemente la dicitura italiana, preferibile, a quella equivalente anglosassone. Non avrei potuto fare diversamente per gli obiettivi di concretezza che mi ero posto. Alla fine, lo ammetto, risulta perfino divertente!

Nel capitolo sugli imprenditori di seconda generazione lei sfata il mito che… sono nati fortunati. Può spiegarci perché?

Nell’affrontare il tema dell’imprenditore ho cercato di andare oltre ai soliti luoghi comuni e offrire una prospettiva innanzi tutto umana. L’idea dell’ (im)Prenditore onnipotente, fortunato, pigro, ricco, ignorante, sfruttatore dei suoi collaboratori è non solo parziale, superficiale ed ingiusta, ma incredibilmente riduttiva per una classe professionale che ha reso l’Italia una delle potenze economiche mondiali.

L’imprenditore di seconda generazione è come il principe ereditario: nasce con la strada spianata, e quindi già definita. Le aspettative sono chiare, dovrà essere meglio dei suoi genitori, più educato, più bello, più dotato… ma dovrà dimostrare tutto questo strada facendo, tra lo scetticismo dei più. Se desidera perseguire altre strade per tutta la vita sarà colui che “ha optato per una scelta diversa”. Nel caso in cui venda l’azienda, poi, sarà quello che ha posto fine ad una grande impresa di famiglia. Insomma, un fardello opprimente che l’agio di una scuola privata, o un’automobile di lusso in età ancor giovane, o qualche bella vacanza all’estero non possono certo alleviare fino in fondo.

Davanti alle decisioni strategiche si è sentito più stratega o più un “learner” curioso (termine appreso da una sua intervista alla consulente di direzione Silvia Sabol)? In poche parole, si appassiona all’idea pensata e proposta, l’analizza per renderla fattibile, impegnandosi poi a portarla a termine con rigore e disciplina?

Io mi sento sempre un learner. Di più, mi sento sempre profondamente ignorante. Sarà la mia cultura classica, ma credo che Socrate stesse pensando a me quando coniò la famosa frase del “sapere di non sapere”.

Similmente al personaggio che ha creato, Cesare Amedeo Bertossi, nel corso della sua carriera ha mai avuto momenti si scoramento, confusione, delusione? Chi lo ha aiutato a superarli?

Certamente. Inutile negarlo, Cesare è per metà finzione, per metà è la mia vita raccontata attraverso di lui. Nulla di quello che mi è accaduto è riportato fedelmente, ma tutto ha una radice che si genera dalla mia esperienza personale. In fondo siamo tutti un po’ Cesare… Nessuno attraversa la sua carriera senza momenti di dubbio, di crisi, di difficoltà, di belle sorprese e di cocenti delusioni. Devi avere grande forza interiore, e lavorare quindi su te stesso per tutta la tua carriera, sapendo con lucidità chi sono i tuoi veri consiglieri, quelli che ti possono aiutare sia per le competenze professionali, sia per i genuini sentimenti che nutrono verso di te. Cesare nel libro si affida a Sandro D’Alberto e a Gianluca Fioretti, per esempio. Ecco, anche io ho e ho avuto i miei Sandro e Gianluca. Ma ancora oggi dopo tanti anni non riesco ad abituarmi alle delusioni che le persone, magari involontariamente, riescono ad infliggermi, nonostante non sia più un ragazzino neppure io.

Riferendosi ai “comportamenti attesi” lei scrive che “il sistema di valori che tutte le comunità di persone condividono servono anche per le aziende. Sono punti fermi in cui credere: senza se e senza ma.” Sono rimasta colpita da questo suo “senza se e senza ma”. La sua vita è sempre stata guidata da questa certezza? Senza indecisioni, timori, incontri tossici?

Credo che la nostra crescita professionale e come individui sia possibile solo se continuamente stimolata dal dubbio, dal senso di incompletezza, dalla percezione che la verità non è mai rivelata fino in fondo. Questo vale per l’individuo come per le comunità. Ma alcuni credi sono fondamentali, e rappresentano la nostra bussola. Per alcuni è la fede in Dio, per altri la religione del partito, per altri ancora l’appartenenza a una comunità con le sue regole e abitudini. Insomma, ritengo sia molto raro per una persona essere completamente relativista, pena la mancanza di un focus costruttivo sulla sua vita e sulla sua ragione di esistere. E nel proprio cammino, nella vita come nella professione, si incontrano persone tossiche. Si tratta di persone che scelgono, scientemente o no, di creare disagio se non addirittura danno. Non ci sono alternative, dopo una ricerca di un punto di sintesi è necessario privarsene, senza se e senza ma. Qualche volta sono necessarie una grande lucidità e una forte disciplina, perché sono scelte dolorose.

Intervista di Maria Cristina Giongo all’Ingegner Sergio Novello, autore del manuale “ Imprese al futuro. Gestione e persone nell’era digitale”.

Potete seguire l’ing. Sergio Novello anche su LinkedIn e facebook.

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