Che senso ha oggi la festa della donna? Almeno professionalmente sembra raggiunto tutto il raggiungibile, ma non basta una Samantha per cantar vittoria, lo sappiamo bene, my God!
Nel rapporto col nostro sesso, nel confrontarci con l’uomo siamo davvero cresciute? Probabilmente non troppo. La solidarietà, la complicità, la “squadra” con le nostre simili stenta a manifestarsi (gli allenatori sportivi di giovani donne lo sanno bene) e ciò probabilmente si riflette anche nei rapporti con “lui” : il nostro agitarsi senza una convinzione profonda svanisce spesso dopo gli anni giovanili ed esercita solo una vaga azione di disturbo sulle convinzioni maschili più radicate di possesso e di correzione della partner.
Dunque: meglio sole o accompagnate? Risposta facile: meglio bene accompagnate, ma per lo più resta una pia aspirazione.
LA SOLITUDINE DEI NUMERI 1 (MA ANCHE 2), ovvero “BEATA TE!”.
Parte seconda.
Inverno; puntuale come le rate dell’amministrazione, arrriva l’inevitabile mal di gola stagionale con tanto di tosse secca e febbricola.
Controlliamo l’esistenza dei presidi per il fermo di qualche giorno ai domiciliari: latte e miele in frigo, il cell della farmacia in evidenza, reperiti un paio di indirizzi di supermercati con servizio spesa a casa, direi che ce la possiamo fare. Ah, anche un paio di libri a portata di mano, per evitare troppa televisione e pc e i soliti pensieri negativi sulla propria sorte.
Perchè la cara amica, che ti gratifica a giorni alterni con il racconto dettagliato dei suoi infiniti malanni, poi quelli del cane, poi quelli della zia (variante: la cara amica che ti contatta quotidianamente estorcendoti pareri legali ), al solo pronunciar la parola “febbre” si dileguerà per almeno venti giorni “per non disturbarti, per lasciarti il tempo di guarire, oh, lo so che non hai bisogno di nessuno, tu…”
Mi tornano alla mente i Natali di qualche tempo fa, presso parenti acquisiti insistentissimi, “non si può stare soli a Natale, non puoi mancare, siamo tanti, siamo tutti…”
Partivo all’alba da una stazione ferroviaria diaccia e semideserta, scambiando qualche augurio con mesti barboni. All’arrivo suonavo al citofono, salivo le scale stirando il mio miglior sorriso, ma accanto alla porta socchiusa non c’era nessuno. “Sei di famiglia, no?”. Le donne erano serrate in cucina, agitate e scarmigliate, a rimestare, impastare, guarnire un pranzo di infinite portate, eh, la tradizione…
Ti avessero fatto trovare un po’ di riso bollito ma un po’più di accoglienza: forse anche per te ci sarebbe stato un po’ di Natale.
Già, le famose feste di fine anno, quando tutti e tutte hanno mercatini da esplorare, regali da cercare, genitori da assistere, figli da accompagnare….
“E tu, Elisa, come passi le feste? Scommetto che sei in partenza per qualche bel posto al caldo, eh, ti conosco io, mica tutti sono liberi come libellule…. ”
Belle mie, che volete che faccia, che me ne stia a casa ad aspettare che le feste facciano passare me? Ma quell’ombra di ironia che il telefono, strumento diabolico, amplifica, si insinua nella custodia dell’anima come una fenditura nel cristallo.
Eccola la sottile vendetta di chi si stressa ogni giorno per esibire un assetto familiare da Mulino Bianco, ecco la rivalsa verso tutte le Elisa del mondo,le belle al palo, le prime della classe, le non-mene-va-bene uno ….
Ma qualche dubbio in fondo in fondo arriva pure a loro: e nei giorni che seguono, al silenzio del cellulare si contrappongono gli squilli “di controllo” al telefono fisso, con immancabile buttata giù alla risposta, regolarmente dopo le quattro, cioè dopo il riposino di rito delle affaticate signore non più giovanissime….
Cortei, discorsi,studi, analisi, proclami: ma le donne, anche se apparentemente liberissime, evolutissime, studiose di ingegneria gestionale o interpreti di geroglifici egiziani, proprio non ce la fanno ad imparare a diventare complici, solidali, ad esaminare e riconoscere con lucidità i propri celati risentimenti verso la solinga non allineata, non controllabile, e tuttavia non appiattita .
E infatti, da brava stagionatella che non molla (oibò, ho ancora tutti i denti miei e il seno non rifatto… merito di poca pappa, niente pippa, occhio ai peppi, ma badate a ciò che viene dopo…) qualche segretuccio, di tanto in tanto, me lo concedo anch’io.
Rigorosamente inconfessabile alle coetanee finitime, quasi come le infedeltà maschili, altrimenti dette scappatelle.
Ebbene si, lo ammetto, ogni tanto compare nella mia vita (bella espressione, fa tanto romanzo) qualche celibe di ritorno, selezionato con prudenza, però, e cautela! Perchè, fin dal primo aperitivo di avanscoperta, qualunque cosa tu dica verrà usata contro di te!
Eindhoven (Olanda), 8 marzo 2015. Foto Maria Cristina Giongo
Con prudenza, perchè i numeri primi, o secondi che siano, ritengono che basti eccellere nella professione per mantenere uno straripante ego e restare straordinariamente immaturi nel privato sentimentale.
Vanno e vengono, si distraggono, si perdonano qualunque cosa: perchè la colpa dei loro fallimenti è tutta delle “donne moderne, non abbastanza materne, ancillari, accondiscendenti”, non lo sapevate?
Senza contare che il rapporto con l’enturage familiare, figli, nipotini, ex consorti, va rigorosamente mantenuto buono, la vecchiaia si avvicina, lo spettro della casa di riposo pure… e pertanto rassegnati tu, emancipata solinga, a nuovi Natali, Capodanni, Carnevale e Pasque, feste più o meno comandate in compagnia di te stessa. E del regalino fatto in anticipo per farsi perdonare di non esserci.
Il borbottio del latte bollente, pronto per il miele, mi riscuote, con tenera complicità. Dopodomani riscenderò in piazza e dalle botteghe mi verrà addosso il profumo del pollo arrosto, della focaccia calda,della vita.
Dalla tendina scostata saluto la mia dirimpettaia greca, che sta salendo le scale con tre sacchetti, il triciclo del figlio, il gatto sulla spalla.
Un mesto sorriso di risposta: “beata te, Elida, che tei tola (beata te, Elisa, che sei sola) !”
Buona festa della donna anche a nome di tutte le altre redattrici ed i redattori del Cofanetto, fotografi, assistenti tecnici e direttrice !
Elisa Prato
Elisa Prato nasce la domenica della pentolaccia di un nevoso inverno piemontese, sotto il segno dell’Acquario, ma con una forte interiorità capricorniana.
Laureata in legge, lavora come funzionario e dirigente nella pubblica amministrazione.
Oggi è consulente e formatore in comunicazione e fiscalità, nonchè cultrice di reading ed arti sceniche.
Evergreen nel DNA, crede fortemente nella capacità femminile di individuare forme di maturazione personale e di unirsi agli uomini per promuovere comuni forme di revisione sociale.
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Tags: elisa prato, festa della donna, la solitudine dei numeri primi
Ho appena letto ora questo articolo ….e l’ho letto con vero piacere , condivido tutto , questa vita è un continuo ribellarsi di catene , pregiudizi , sistemi e doveri che ormai ci vanno stretti , brava Elisa Prato !!! Grazie Cristina per condividere con noi tutti questi pensieri , problemi attuali e tante altre notizie molto interessanti , molto ma molto più interessanti che sedersi sul divano con pantaloncini rosa accavallando le gambe come una adolescente……
In merito alla festa della donna posso esprimermi in negativo , non mi piace come festa in sè , la vera dolcezza e intelligenza in una festa è aver prima sanato i diritti della donna , per tutte le donne e nessuno si è mai impegnato abbastanza , dai piani alti arriva solo l’eco …… grrrrr un caro saluto a tutte voi amiche belle!!!
Grazie per questi pensieri, cara Lorella. condivido in pieno il secondo paragrafo. Rileggendomi mi sono trovata un po’ cupa, ma la mia intenzione e’ sempre e solo quella di trasmettere consapevolezza ma anche sensato ottimismo.
Tutte per una, e mai una per nessuna!