Non so quanto spazio e importanza abbia, nella quotidianità periodica di chi mi legge, il Natale.
Voglio dire il senso del Natale, con tutte le sue valenze, i suoi riti, le sue atmosfere.
Per quanto mi riguarda, nonostante il susseguirsi degli anni e dunque una inevitabile ripetitività del tutto, resiste in me la voglia di gentilezza. Anzi, non solo resiste, ma cresce di pari passo con una specie di impegno costante a far sì che questo atteggiamento non mi abbandoni mai, durante l’intero anno.
Voglio dire che siccome “a Natale siamo tutti più buoni”, se “buoni” ci impegniamo ad esserlo anche durante il resto dell’anno, quel “più”, varrà ancora di… più!
Comunque, a parte il mio personale sentire, il periodo si presta, anche dal punto di vista narrativo, a dare evidenza a belle e buone storie natalizie, e dunque ho accolto con entusiasmo l’invito della Nostra Direttrice Maria Cristina Giongo, a scovare appunto qualcosa “a tema”, da raccontare per l’uscita del 18 dicembre.
Ma siccome quando si cerca, a volte si rischia di non trovare, ma a volte invece si trova anche di più di quanto si pensasse, io di buone storie, un po’ dai files della mia memoria e un po’ da quelli della memoria collettiva del web, ne ho trovate diverse.
Non mi sapevo decidere, e allora mi sono detto: perché non raccontarne almeno due, prolungando così l’inevitabile effetto positivo che le belle storie finiscono per avere in chi le legge?
E dunque eccomi qua, con quella che può essere definita a tutti gli effetti una sorta di “parte prima”, del ciclo “Le Belle Storie Natalizie del Cofanetto Magico”…
E già che ci siamo aggiungo anche un prologo (anzi due).
Già, perché un altra bellissima caratteristica di questo genere di storie, è che non scadono mai. Una buona storia natalizia, e adatta ad ogni Natale.
E dunque perché non rilanciare quella con cui ho debuttato qui, sul Cofanetto Magico, il 18 dicembre dello scorso anno (facendo così diventare questa autocitazione una bella “storia nella storia”)?
Presto fatto: ecco il link
A questo aggiungo un altro bonus, che è ancora una volta un video commerciale (inutile negarlo: la “bontà”, a Natale, vende) https://youtu.be/mNbSgMEZ_Tw
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E dunque, se siete arrivati fino qui adesso bisogna proprio che io vi regali la prima delle due storie di Natale che ho scelto. E che si intitola “Virginia, Babbo Natale esiste!”.
E’ una storia vera, che risale al 1897 (curiosamente non a dicembre, ma a settembre, e precisamente al 21). Ma andiamo con ordine.
Virginia è una bambina di otto anni, e a quell’età, si sa, iniziano a farsi insistenti certe domande. Magari qualche compagno di scuola un po’ meno sognatore, magari con dei fratelli maggiori poco inclini a mantenere segreti, si lascia sfuggire qualche battuta di troppo…
Insomma Virginia, che di cognome si chiamava O’Hanlon, e che mi immagino fosse vivace ed intelligente, decide di chiedere chiarimenti sull’esistenza di Babbo Natale, direttamente al padre Philip. Lui, che di mestiere fa il chirurgo e medico legale di Manhattan, le consiglia di scrivere al quotidiano New York Sun.
Ora, non voglio entrare nel merito di questo consiglio così inusuale, soprattutto se immaginato ai tempi nostri. Chissà: magari babbo Philip non si sentiva preparato, oppure voleva trasmettere un sentimento di fiducia nella stampa più autorevole, o magari più semplicemente preso in contropiede, invece di rifugiarsi nel classico “chiedi a tua madre” avrà pensato di scaricare la “patata bollente” a chi riteneva più titolato a dare risposte a quel genere di domande difficili.
Insomma tant’è. La bimba Virginia prende carta e penna e scrive: «Caro direttore, ho otto anni. Alcuni dei miei piccoli amici dicono che Babbo Natale non esiste. Mio papà mi ha detto: “Se lo vedi scritto sul Sun, sarà vero”. La prego di dirmi la verità: esiste Babbo Natale? Virginia O’Hanlon»
E qui entra in gioco un secondo “scaricatore”; il direttore del giornale Edward P. Mitchell infatti, non prende carta e penna e si mette a scrivere la risposta come magari a questo punto ci potremmo immaginare, ma che fa? Affida l’incarico di scrivere la risposta a Francis Pharcellus Church, veterano del giornalismo, famoso all’epoca per i suoi reportage dal fronte della Guerra di Secessione Americana.
Church, che le cronache riferiscono non proprio entusiasta di questo incarico da lui ritenuto non esattamente in linea con la sua fama e notorietà, butta giù una risposta di meno di 500 parole che viene pubblicata non firmata e in settima pagina.
E qui la storia si fa assolutamente natalizia.
Perché non solo i lettori scoprono e apprezzano quelle righe, ma si commuovono non poco, facendo crescere la diffusione e notorietà di quella risposta e facendo diventare negli anni quell’editoriale addirittura uno dei simboli del giornalismo americano e, probabilmente, mondiale.
Il successo di quelle parole ha indotto la direzione del New York Sun a riproporle ogni anno, fino alla chiusura del giornale nel 1950. E il successo ha superato i confini statunitensi grazie alla traduzione in oltre 20 lingue.
L’editoriale è diventato una canzone, un musical, un film d’animazione e un cortometraggio; viene studiato nelle scuole di giornalismo e da trent’anni il conduttore televisivo Gabe Pressman racconta al pubblico di una tv locale, la storia di Virginia e della sua lettera.
“Yes, Virginia!”, si è trasformato anche in un modo di dire e viene inserito in titoli di giornale e in articoli non sempre e non necessariamente dedicati solo al Natale.
La forza di queste parole ne ha superato il senso originario, è sopravvissuta ai suoi stessi protagonisti dopo avere decisamente reso migliori le loro rispettive vite. E tutto questo grazie all’effetto che ha avuto sui primi lettori attenti e pronti a recepire e rilanciare un messaggio positivo evidentemente universale.
Avevo ragione? E’ o non è una bella e grande storia di Natale?
PS. la prossima, se possibile ancora più “natalizia”, il 18 dicembre!
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A questi link, due delle mie fonti, con inclusi i testi originali citati nella mia storia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Sì,_Virginia,_Babbo_Natale_esiste
www.ilpost.it/2011/09/22/si-virginia-babbo-natale-esiste/
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Paolo Pagnini
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