Archive for the ‘Tempo libero e viaggi’ Category

Le grotte Cango in Sud Africa

venerdì, luglio 22nd, 2016

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Ricostruzione di insediamento preistorico

Le grotte Cango, si trovano nei monti Swartberg a circa 30 km da Oudtshoorn (città nota soprattutto per gli allevamenti di struzzi) nella Provincia di Western Cape e sono l’attrazione turistica più antica del Sud Africa.
Abitate in epoca preistorica (per almeno 80000 anni), esse furono scoperte da Jacobus Van Zyl alla fine del ‘700 e divennero subito meta di visitatori che erano spesso soliti, però, staccare pezzi di formazioni rocciose o scrivere il proprio nome sulle pareti.

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Il mistero della «Dama Bianca» dei monti Brandberg

mercoledì, giugno 22nd, 2016

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White Lady

«Quando verrà a visitare la nostra Dama Bianca dei Brandberg?».
Così, si narra, nei primi anni ’40 del secolo scorso J. Smuts, Primo Ministro della Repubblica del Sud Africa, invitò l’abate Henry Breuil a visitare la famosa pittura rupestre nei monti Brandberg, in Namibia, che allora era governata dai sudafricani.
Breuil (1877-1961), archeologo e antropologo francese, fu uno dei massimi studiosi di arte rupestre al mondo.
Egli passò diversi anni nell’Africa del sud compiendo studi sulla ricca arte rupestre; riguardo alla Dama Bianca commise, però, un errore d’interpretazione.

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A tu per tu con un’eruzione vulcanica

martedì, maggio 24th, 2016

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Vedete quel chiarore laggiù? È un’eruzione vulcanica dalle parti del Nyamulagira.
Così un infermiere dell’ospedale di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo che allora aveva il nome di Zaire, ci venne a chiamare mentre stavamo finendo la giornata lavorativa di un tardo pomeriggio di fine aprile 1989 (quella all’ospedale di Goma fu la mia prima missione, da medico, con la Cooperazione Italiana).
Uscimmo dall’ospedale e salimmo verso la cima del Monte Goma, un piccolo vulcano inattivo che si ergeva sulle rive del lago Kivu in cui la città si specchiava.
Il buio calava presto e il lontano chiarore era ben visibile dietro le colline a nord-ovest della città.

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Swakopmund, il paesaggio lunare e l’eccidio di otarie a Cape Cross in Namibia

sabato, aprile 23rd, 2016

Palazzo Hohenzollern, 1906

Swakopmund

Swakopmund è una delle più apprezzate destinazioni turistiche della Namibia: sia la città, con i suoi palazzi di stile coloniale, sia i dintorni sono meta di turisti di tutte le età.
È singolare entrare in un ristorante di Swakopmund e trovare, tra i piatti elencati nel menu, lo stinco di maiale, i wurstel con crauti, il polpettone e così via (tutti, peraltro, molto ben cucinati) accompagnati da una buona birra locale.
È ancor più singolare che il cameriere si rivolga a noi in tedesco; poiché moltissimi turisti giungono dalla Germania per visitare quella che fu una sua colonia in Africa, il tedesco è ancora parlato.
Una piacevole sorpresa è la vasta collezione di torte e pasticcini, di tradizione germanica, del Café Anton.

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Edifici ben conservati

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Bloccati nel deserto dei deserti

giovedì, marzo 24th, 2016

A cavallo tra il 1979 e il 1980 partecipai, a bordo di un’ambulanza fuoristrada Fiat Nuova Campagnola, al rally “Transafrica ’80” aperto ad auto e moto che, partendo da Abidjan, in Costa d’Avorio, doveva raggiungere Tunisi attraverso il Burkina Faso, il Niger e la Libia.
Quest’ultimo paese non era ancora aperto al turismo per cui il raid ottenne uno speciale permesso di transito.

Non è il caso di rispolverare discorsi sulla disorganizzazione del rally: si era agli albori delle gare Trans-Africane (la prima Parigi-Dakar si era svolta l’anno precedente) e in ogni caso anche i più critici ammisero, in seguito, che si trattò di un’esperienza formativa.
Da quegli anni iniziò la stagione dei Rally africani che in seguito sparirono o cambiarono percorso, con il venir meno delle condizioni di sicurezza.
Il nostro rally si congiunse, alcuni giorni dopo la partenza, con quello francese chiamato “Échappement”, meglio organizzato.
Solo per citare il tema sanitario, i francesi avevano a disposizione diversi medici con cassette di Pronto Soccorso a bordo dì veicoli intervallati tra i concorrenti mentre noi avevamo un unico veicolo, la citata Fiat Nuova Campagnola diesel.

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La scimmia della pozza e i leoni in doccia

mercoledì, febbraio 24th, 2016

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Il fiume Orange

Augrabies Falls

Una leggenda narra che alla base della cascata Augrabies formata dal fiume Orange (in Sud Africa), vi sia un deposito di diamanti trasportati dalla corrente in milioni di anni.
Si narra anche che qui l’acqua sia però profonda più di 100 metri e sia anche la tana della malvagia “scimmia della pozza” pronta a ghermire chiunque cerchi di sottrarre i diamanti.
Sta di fatto che, quando nel 1934 un’eccezionale (ed unica) siccità trasformò il fiume in un ruscello, il timore della scimmia fu più forte del desiderio di arricchirsi e nessuno fece ricerche.
Il complesso delle cascate Augrabies (parola ottentotta che significa “luogo dal grande rumore”), fa parte del parco nazionale omonimo che è uno dei più interessanti del paese soprattutto per via del paesaggio dominato dal fiume che scorre, a valle delle cascate, in una gola lunga 18 km e le cui pareti sono alte anche 250 m.
Augrabies è una delle 6 più grandi al mondo e mentre nella stagione secca sopravvive solo un salto di 60 metri, nella stagione delle piogge la gola si anima fino a divenire, durante le non rare alluvioni, un terrificante girone infernale.

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Il Ponte del Diavolo: un attraversamento da brivido

domenica, gennaio 24th, 2016

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Devil’s Bridge in una rara mappa del 1914 su stoffa (per gentile concessione di Bob Forrester)

«È una stretta balza di roccia distesa sopra una spaccatura nella montagna ed è meglio non guardare troppo a lungo quello che sembra un abisso senza fine» (Edward P. Mathers: Golden South Africa, 1888)

«Il ponte è una formazione rocciosa che attraversa una valletta profonda circa 600 metri; esso è largo 6 metri e lungo 60 metri. Da entrambi i lati si osservano le profonde valli che si fanno strada per miglia in mezzo ad un’aspra babele di monti….. .È chiamato il Ponte del Diavolo, ma non riuscirò mai a capire perché tante bellissime località hanno preso nome da Sua Satanica Maestà». (E. Clairmonte: Africander, 1896)

Così fu descritto Devil’s Bridge, il Ponte del Diavolo, da due viaggiatori di fine ‘800.

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Chiese “spedite” e chiese di fango: aspetti della fede nell’Africa del sud

lunedì, dicembre 21st, 2015

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La chiesa Renana di Walvis Bay

Rhenish Church a Walvis Bay (Namibia)

Se è vero che “la fede muove le montagne” anche una chiesa può essere spostata.
Non sono riuscito a scoprire perché i fedeli della Rhenish Church (Chiesa Renana) di Walvis Bay (Namibia) abbiano importato una chiesa di legno prefabbricata dalla Germania invece di costruirla in loco con pietre e legno come usava all’epoca.
La Società Missionaria Renana nacque, si può dire, ai primi dell’800 in Germania. Missionari furono inviati in Sud Africa e, da qui, essi giunsero anche in Namibia.

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Alla ricerca delle miniere d’oro perdute dello Swaziland: antiche tragedie e nuove prospettive- seconda parte

martedì, novembre 24th, 2015

Minatori fine ‘800 (Swaziland Digital Archives)

La corsa all’oro
Il periodo a cavallo tra il 19o e il 20o secolo vide una frenetica corsa all’oro in Sud Africa e in Swaziland.
In quest’ultimo paese furono aperte numerose miniere, dai nomi bucolici (Margherita), storici (Ivanhoe, Nottingham, Buckingham) o minacciosi (Sciacallo, Filone del Diavolo).
Furono intrapresi imponenti lavori.
Per far giungere l’acqua necessaria a far girare la ruota da mulino che muoveva i macchinari, a Daisy fu costruita una condotta di due chilometri, del diametro di circa mezzo metro che originava da una cascata sui monti.

Resti della condotta e della diga costruita sono ancora visibili nella fitta foresta.

Col tempo lo sfruttamento delle vene aurifere divenne più dispendioso e arduo per la necessità di scendere sempre più in profondità.
Entro gli anni ’30 del secolo scorso esse furono man mano abbandonate e lasciate in balia della natura.
Da allora saltuariamente scavi furono ripresi in alcune di esse fino agli anni ’60.
Negli anni ’40 fu iniziata, nell’area mineraria, la posa di eucalipti e pini per ricavarne legname e polpa di cellulosa per le cartiere (una delle principali risorse economiche del paese ancora oggi).
Quasi tutte le miniere abbandonate finirono inghiottite dalle fitte foreste tropicali o dalle piantagioni.

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Alla ricerca delle miniere d’oro perdute dello Swaziland: antiche tragedie e nuove prospettive

domenica, ottobre 25th, 2015

Minatori, fine ‘800 (Archivio Storico Digitale dello Swaziland)

Le foglie di un arbusto cresciuto davanti all’ingresso della galleria del “livello 4” della miniera d’oro “Daisy” (risalente alla fine del 19° secolo e abbandonata da ottanta anni) si muovevano a indicare presenza di corrente d’aria. Il pertugio lasciato dallo smottamento dell’ingresso era però troppo piccolo da permetterci l’accesso: abbiamo dovuto aprire un passaggio sufficiente a entrare carponi.
La galleria in sé era alta non più di 160 cm per cui eravamo costretti a procedere curvi.
Nell’immaginario collettivo le miniere sono invase da pipistrelli aggressivi, puzzano di muffa e legno stantio, trasudano acqua, radici di alberi penzolano dal soffitto.
Non è sempre così e dopo aver esplorato una cinquantina di gallerie in venti miniere, mi sento in obbligo, per sfatare l’ingiusta nomea dei pipistrelli, di testimoniare che essi ci ignoravano oppure, spaventati, ci frullavano intorno alla ricerca dell’uscita e noi, per agevolarli, ci siamo spesso abbassati per lasciare loro il passaggio.
In alcune occasioni abbiamo notato, con una certa apprensione, piccole radici scendere dalla volta delle gallerie, segno che la roccia sopra di noi non era molto compatta (le radici degli alberi possono infilarsi nelle crepe e frantumarla).
Daisy (Margherita), nel nord dello Swaziland, fu la prima miniera che esplorammo e l’alone di mistero che la circondava ci rese particolarmente inquieti mentre avanzavamo lentamente con molta attenzione.
Perché questa miniera fu, apparentemente, teatro di una tragedia.

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