Con PET (acronimo di tomografia a emissione di positroni), in campo medico viene indicata una tecnica diagnostica di medicina nucleare per accertare la presenza di metastasi nell’organismo umano. Per i malati di tumore questa viene eseguita periodicamente, per verificare l’efficacia di una terapia oncologica.
L’ultima che ho fatto in ordine di tempo risale a circa un mese fa. Il responso è stato a dir poco straordinario, inatteso rispetto alla PET di un anno prima che metteva in evidenza una serie incredibile di metastasi in svariate parti del corpo. In questa, invece, il responso è stato: buona risposta metabolica al trattamento in corso a livello linfonodale e scheletrico con modesto residuo di malattia, a carico dell’ala iliaca sinistra, di L3 ed L4. Roba da fare salti in alto per la gioia.
Quando, dopo qualche giorno sono andato alla visita di controllo, l’oncologo ha mostrato solo piccoli segni di soddisfazione di quel risultato, per me strepitoso. –Andiamo avanti così.– si è limitato a dire, senza particolare enfasi. –Dottò!– l’ho apostrofato –Mi sbaglio o sono sulla strada della guarigione?– Lui senza distogliere lo sguardo dalla tastiera del computer mi ha risposto che in campo oncologico la guarigione è una opzione rara. Col tumore ci si può convivere anche bene e a lungo ma difficilmente si guarisce. Fine di una illusione, il cielo ti ripiomba addosso e il baratro ti si riapre davanti.
Completamente diversa, invece, è la storia di Fabrizio, un giovane che vive da solo sul promontorio che sovrasta Silvi Marina, in provincia di Teramo. Di lui me ne aveva parlato mio fratello Franco che lo conosceva ancor prima che gli venisse diagnosticato un tumore al bacino dal quale è perfettamente guarito. Siamo andati a trovarlo una tiepida sera di ottobre.