Posts Tagged ‘sud africa’

La maestosità del Fish River Canyon e del Cratere Messum in Namibia

domenica, gennaio 25th, 2015

Panorama dall’osservatorio

FISH RIVER CANYON

Alcuni sono stati ritrovati esausti ma ancora vivi, di altri, come un turista tedesco scomparso nel settembre 2005, si è persa traccia.
Il Fish River Canyon non perdona l’imprudenza di chi vi si avventura senza esperienza.
Esso si trova nel sud della Namibia, è percorso dal fiume Fish ed è considerato il secondo canyon più grande al mondo dopo il Grand Canyon americano.
Grandiosi sommovimenti tellurici, centinaia di milioni di anni fa, hanno fratturato la crosta terrestre ed il fiume vi ha scavato la profonda e tormentata gola che si estende per circa 160 km con una larghezza che può raggiungere più di 20 Km e una profondità che, in alcuni punti, supera i 500 m.
Per la maggior parte dell’anno il fiume è in secca, ma vi sono pozze d’acqua semipermanenti che garantiscono la sopravvivenza di flora e fauna; durante la stagione delle piogge, da Gennaio ad Aprile, il Fish può divenire impetuoso.
A causa del caldo e della possibilità di piogge improvvise, il trekking è permesso solo da maggio a settembre (mesi secchi e freschi). Per ridurre al minimo le possibilità d’incidenti il rilascio del permesso è soggetto a stretta regolamentazione.
La lunghezza del percorso di trekking completo è 86 km con un tempo di percorrenza di 5 giorni.
Il punto panoramico principale si trova nel parco Ais-Ais ed è raggiungibile tramite un’agevole strada sterrata.
Da qui si può ammirare, per qualche chilometro, lo snodarsi sinuoso del fiume con anse così strette che neppure un serpente potrebbe formare.
Mia figlia ha definito il Fish River Canyon maestoso, liberatorio e colorato.
Quando le ho chiesto perché lo definisse liberatorio, mi ha risposto che, venendo da un mondo condizionato da traffico, affollamento, inquinamento, regole e abitudini (viveva già in Italia), l’essere davanti a quello scenario le dava un senso di liberazione e di nostalgia per gli anni africani.
Come non essere d’accordo?

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Viaggio alla città fantasma di Pomona e all’arco naturale Bogenfels, in Namibia

lunedì, dicembre 8th, 2014

Immaginate di camminare su un terreno ghiaioso o sabbioso e di scorgere, improvvisamente, un sassolino sfaccettato di colore opalino: lo mettete in tasca perché vi piace e lo portate a casa.
Un giorno un amico, che vi è venuto a trovare, vede il sassolino in mezzo ad altri sulla vostra libreria e vi chiede: dove hai trovato questo diamante grezzo?

Quanto raccontato in questo immaginario episodio non è molto distante da quello che è realmente successo agli inizi del secolo scorso.
Infatti, la scoperta dei diamanti attorno alla città di Luderitz, nell’Africa occidentale tedesca (odierna Namibia) fu fatta per caso nel maggio 1908 quando un operaio namibiano delle ferrovie (Zacharia Lewala) portò una strana pietra raccolta lungo la ferrovia a un suo superiore, August Stauch.
Questi, avendo identificato la pietra come diamante grezzo ottenne, assieme ad un amico esperto minerario e senza pubblicizzare la scoperta, la concessione mineraria per quell’area. In seguito, mentre ispezionavano una zona a sud della città, s’imbatterono, in una valle, si accorsero di camminare sopra un “tappeto” di diamanti grezzi. Inutile dire che i due divennero ricchissimi.
Il governo tedesco dichiarò in seguito una vasta area “Diamantensperrgebiet” (territorio diamantifero proibito) disciplinando e limitando le concessioni per l’estrazione.
Il territorio proibito (26.000 Km2), che fu in seguito proclamato Parco Nazionale (ma attività escavative permangono tuttora), si estende dal confine sud del Namib Naukluft Park (che comprende l’area dei cavalli selvaggi di Garub) sino alla foce del fiume Orange che segna il confine con il Sud Africa.

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Consigli speciali per un viaggio in Sud Africa

sabato, novembre 22nd, 2014

La Repubblica del Sud Africa è uno dei paesi più interessanti che mi sia capitato di visitare. Forse perché ci ho vissuto con la famiglia o l’ho girata in lungo e in largo anche in seguito, ne conservo (o forse meglio conserviamo perché è un sentimento condiviso in famiglia) un piacevole ed indelebile ricordo.
Le guide in commercio descrivono accuratamente luoghi da visitare e io non ho la pretesa di scrivere un vademecum del viaggiatore. Ci sono, però, luoghi più o meno conosciuti, che mi hanno particolarmente colpito e che vorrei far conoscere ai lettori del Cofanetto.
Eccone alcuni.

Cape Agulhas

Capo Agulhas
www.capeagulhas.gov.za/

Cape Agulhas (che in portoghese significa aghi) è il capo più a sud dell’Africa ove gli oceani Indiano ed Atlantico s’incontrano (il punto è marcato da una targa).
E’ anche un grazioso villaggio che ci ha colpito sin dalla prima visita nei lontani anni ’90.
L’ho subito associato, senza motivo particolare, al luogo ove si potrebbe trascorrere la vecchiaia scrivendo le proprie memorie o dipingendo.
L’Agulhas è, in realtà, un ameno luogo di vacanze estive per i sudafricani.
Il faro, che risale alla metà dell’800, è ancora operante ed è visitabile.
L’Agulhas merita almeno una sosta per vivere l’emozione di “non poter essere più a sud di così”.

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Viaggio in Namibia nella Costa degli Scheletri

lunedì, ottobre 20th, 2014

Testo e foto di Mauro Almaviva

Relitto della Benguela Eagle

I Bushman l’hanno chiamata: “La terra che Dio creò mentre era arrabbiato”.
Questa terra, che comprende il tratto del deserto della Namibia (Namib Desert) dal fiume Kunene a nord (che segna il confine con l’Angola) e il fiume Swakop a sud (circa 750 km), è oggi conosciuta come Skeleton Coast (Costa degli Scheletri).
Il sinistro nome evoca storie della filibusta: navi depredate e abbandonate alla deriva e tesori nascosti vegliati da scheletri di pirati in un ambiente immerso in un’angosciante bruma.
In realtà gli scheletri da cui il nome, sono i relitti delle numerose navi naufragate lungo la costa o i resti di balene spiaggiate o uccise nei secoli scorsi dai cacciatori.
Il mare, in questa zona, è, infatti, estremamente pericoloso per la navigazione sia per le forti onde create dalla corrente del Benguela, sia per la presenza di banchi sottomarini “mobili” formati dalla sabbia costiera trasportata dal vento.
A ciò si aggiunge la frequente, densa, nebbia. E’ praticamente impossibile approdare senza schiantarsi.
Tutta la costa atlantica della Namibia e del Sud Africa è, però, rischiosa e a migliaia si contano i naufragi.

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Una curiosità: il ponte abbandonato in sud africa

venerdì, agosto 22nd, 2014

Foto M. Almaviva

E’ proprio vero che si perde di tutto. Una visita all’ufficio oggetti smarriti riserverebbe delle incredibili sorprese.
Non avevo, però, mai sentito che si potesse dimenticare un ponte.
A dire il vero non è completamente corretto dire che è stato dimenticato: fu, in realtà, una causa di forza maggiore.
Ecco la storia del ponte sul fiume Berg in Sud Africa.

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All’Inferno e ritorno. Appassionante viaggio in una valle dimenticata del Sud Africa

giovedì, giugno 19th, 2014

Foto M. Almaviva. Inospitale paesaggio

Durante i nostri viaggi nell’Africa del sud, mia moglie ed io abbiamo spesso visitato luoghi dai nomi misteriosi e intriganti. Molti di questi sono conosciute mete turistiche (ad esempio la Skeleton Coast e la Valley of Desolation), altri poco noti o non facilmente raggiungibili (la città fantasma di Pomona, per citarne uno).
The Hell (L’Inferno) è uno di questi ultimi.
Stavamo percorrendo la R328 del passo Swartberg (Sud Africa), una delle più suggestive strade nel paese (e pare anche nel mondo) costruita, a fine ‘800, da Thomas Bain e ancor oggi quasi tutta sul tracciato originale.
Circa 3 km dopo il passo, in direzione nord, abbiamo notato un cartello: Gamkaskloof –The Hell; 50km=due ore
La località non era sulla nostra guida (in realtà era un piccolo paragrafo sotto altra voce), ma uno scambio di occhiate è stato sufficiente per farci deviare verso quella destinazione: che sarà mai “L’Inferno”?

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Pitture preistoriche in Africa: misteriose immagini nello Swaziland

lunedì, aprile 14th, 2014

Foto M.Almaviva

C’era una volta un piccolo uomo in Swaziland….

L’aveva vista, era proprio lei.
Kabo aveva individuato, nella gola scavata dal fiume Mkhomati, la grande roccia con una liscia parete arcuata fino a formare un tetto e con una grande crepa verticale.
Su quella parete lui, sciamano locale, avrebbe dipinto le visioni avute mentre aveva danzato per propiziare la pioggia ed era passato, in stato di trance, attraverso la crepa che era la porta per l’altro mondo.
Ogni volta che vi entrava, Kabo non vedeva quel mondo come spettatore, ma ne faceva parte; egli camminava tra animali, li salutava, incontrava i defunti membri della comunità e così via.
In quell’occasione, si fece largo tra una mandria di Eland, la più possente delle antilopi, creata, per prima, da Kaggen, il dio supremo (a dire il vero partorita da sua moglie).

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