Immagine tratta da Universo. La grande enciclopedia per tutti, volume I, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1974
Che posso scrivere, qui e ora, per introdurre la mia poesiola di gennaio, intitolata Take-off? Non molto, credo… Eccetto, forse, che tutti noi corriamo spesso il pericolo di partire e/o salpare completamente a vuoto. O, per metterla in termini più pindarici, eterei, alati, alti ed elevati (in breve aeronautici), spesso decollare ci serve solo a capire che ogni volo rischia di risultare inutile.
Immagine tratta da Universo. La grande enciclopedia per tutti, volume I, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1974
Perché? Beh, per un semplice motivo: purtroppo incombe sempre l’eventualità (chiamiamola di Damocle, magari) che a separarci dal punto d’arrivo (ma, per somma disgrazia, non dagli ostacoli lungo la rotta per raggiungerlo) “si scagli e si stagli”, proterva oltremisura, una distanza invalicabile. Invalicabile, apparentemente? Per modo di dire e basta? Saperlo, acciderba, è un vero terno al lotto!
Take-off
Mentre decollava per l’ennesima volta,
l’aeroplano si disse:
“Quando provo a raggiungere il cielo,
la distanza non varia.
Resta immutata!
M’avvicino
soltanto alle nubi”.
Pietro Pancamo
CHI SONO
Avvertenza
I diritti degli articoli, dei racconti, delle poesie e dei documenti pubblicati in questo post appartengono ai rispettivi proprietari; così pure le immagini.
Tags: aereo, cielo, damocle il cortigiano, partire, pietro pancamo, poesia
Take-off
Mentre decollava per l’ennesima volta,
l’aeroplano si disse:
“Quando provo a raggiungere il cielo,
la distanza non varia.
Resta immutata!
M’avvicino
soltanto alle nubi”.
In quest’aereo personificato, che esprimi desideri altri e “alti”, le nubi costituiscono forse ancora troppo un legame con la Terra e la sua materialità. Lui vorrebbe invece “bucare” tale concretezza, tale riflesso di quotidiana mediocrità ed andare oltre, nel regno della spiritualità, dell’immaterialità o “semplicemente” in un mondo che non conosca il male e la recidiva del male, come succede qui, giornalmente.
Bei versi, ricchi di echi e di risonanze, nella loro essenzialità
Gisella
Cara Gisella,
grazie mille per le lodi che mi rivolgi e per l’interpretazione che dài dei miei versi. È molto suggestiva, devo dire. Infatti guardare al cielo è l’unica consolazione vera (sebbene crudelmente effimera) che sia concessa di norma agli afflitti e, per giunta, a chiunque passi ormai il tempo a sussurrarsi di continuo, biblicamente rassegnato: “La mia vita è incollata alla polvere” (Sal 119,25). E le nubi, almeno ogni tanto, somigliano sul serio a enormi sbuffi di polvere, non è così?
Già. Avvicinarsi alle nubi. Almeno. Me lo devi, vita! Le nubi, un’equazione: tappa intermedia-obbligata; incognita fin troppo cognita: la distanza. La tappa: avvoltolata su se stessa, d’altronde le nubi…soltanto. Un materico take-off: parole che aspettano… l’immagine, immagine che… si fa parola dipinta contro il cielo. Il cielo è il luogo delle domande, l’aereo il contenitore che ha l’ardire di solcarle e azzerare le distanze? Forse? No. Sì.
Il decollo di Pietro serba dentro se stesso la “certezza dubbiosa” dell’invalicabile e gliela restituisce magnificamente decapitata e proprio perché monca e de-collata, intera.
Spesso i voli sono inutili. Sì, ammetterlo è difficile.
Spesso le parole li sanno riempire.
La magia di Pietro Pancamo è/ha questa potenza.
E se l’aereo fosse la penna del cielo?
Il pilota lo sa. Sa che farsi penna è l’invalicabile.
Take-off materico schiaffeggia il cielo serico…
Non è che i voli siano inutili. Il problema vero è che sono brevi. In particolare quelli di chi decide di buttarsi a fiume (mi verrebbe quasi da specificare, sull’“onda” del mio pessimismo attuale).
Ma poi ecco che godendomi queste parole così immaginifiche ed elogiative, qualunque tentazione di lasciarmi andare a funeree precisazioni mi abbandona subito… e si dissipa come d’incanto. Eh già, i commenti della filosofa e poetessa Raddavero sono/hanno questo potere magico: consolano! Grazie infinite, Cristina.
Quei pochi versi mi hanno fatto pensare all’albatros, una bianca magia del volo e del cielo.
Per un attimo avevo letto “al baratro”. E subito metà del mio cervello aveva iniziato a piagnucolare: “De profundis ad te clamo, Domine”; mentre nell’altra era esploso all’improvviso il Requiem in re minore di Mozart e, per la precisione, l’attacco (talmente micidiale da trasformarsi quasi in un assalto vero e proprio) del “Rex tremendae maiestatis”.
Ma poi ho guardato meglio. Per cui… che dire? Grazie di cuore, caro Bart, per avermi paragonato, in qualche modo, al grande Baudelaire.
Il cielo(con tutto il suo significato metaforico)è veramente irraggiungibile almeno per noi uomini terrestri.Però non è detto che anche a metà strada non si possa stare bene.
Tantissime grazie per il commento!
Concordo in pieno. D’altronde il barone rampante era felice solo sugli alberi, giusto? Non che siano esattamente a metà strada fra cielo e terra, ma insomma quasi (almeno poeticamente e “italo-calvinianamente” parlando). Per di più, non risponde forse al vero che il sottoscritto è sereno unicamente in un caso? Vale a dire quando, dopo aver scarpinato per campagne e boschi, arriva in vetta, finalmente, ai colli che sovrastano il suo paese? E qui ritorna lo stesso discorso di prima: non che siano esattamente a metà strada, le cime. Però, insomma, poeticamente e “italo-calvinianamente” parlando…
con pochi stupendi versi, descrive le cose in modo intenso e toccante. Fanno riflettere …
Anche ricevere complimenti così belli è davvero stupendo. Cara Maria Luisa, un grazie sincero!
Che bei commenti, che bei versi. Complimenti a tutti! Oltre che al nostro Pietro Pancamo, ovviamente!
Ciao Cristina. Dal viaggio che ti dicevo, son tornato un po’ prima del previsto. Non mi sento molto in forma o allegro, magari, ma certamente mi riprenderò.
Com’è ovvio, ti ringrazio dei complimenti. E la mia è riconoscenza autentica: te lo garantisco!
Dai miti dell’antichità, dalla poesia di Pindaro, a Dante e a Yeats, l’emblematicità del volo ha da sempre affascinato il pensiero dell’umanità. Facile andare all’ebbrezza mitologica di Icaro ((vedi in proposito le interessanti considerazioni di Jack Gilbert in “Failing and Flying”), al folle volo di Ulisse nella Commedia di Dante o alla, struggente “An Irish Airman Foresees His Death” di W.B. Yeats.
Io però, leggendo e rileggendo i versi di Pietro Pancamo, soprattutto i due versi finali “Mi avvicino/soltanto alle nubi), non ho potuto fare a meno di riandare a una poesia che ho sempre trovato bellissima di Cuthbert Hicks, che non sarà famoso come Dante o Pindaro, e che però ha sferrato la zampata del leone, con “The blind man flies” (la consiglio sempre a tutti): Now joy is mine through my long night,/I do not feel the rod,/ For I have danced the streets of heaven,/And touched the face of God.”
Ecco, in questa analogia (mi verrebbe da aggiungere “La distanza non varia”) ho ritrovato l’energia poetica di Pietro Pancamo, la sua “rocambolesca” intuitività nel dare luce alle profondità dell’inconscio con l’immediata percezione di un insieme lirico compatto e definito da una solida impalcatura d’immagini e pensiero.
Pure il sottoscritto è quasi orbo quando scarpina al buio nei boschi. C’è però una differenza di fondo fra me and the blind man: non sono io a tastare il volto di Dio, ma gli alberi a toccare il mio. Certe facciate! E mica romaniche, accidempoli…
Dài, scherzo… quando cammino di notte sto ben attento e infatti non mi succede mai nulla. Prova ne sia che riesco a indovinare la strada giusta, persino nell’oscurità più fitta. Insomma, come marciatore e “boy scout” sono intuitivo sul serio. Invece come poeta non so. Ma mi fido “ciecamente” di te, caro Pier Luigi, nonché dei tuoi commenti sempre così acuti, pertinenti e ricchi di dotte osservazioni.
Anche le parole volano proprio come l’aereo, hanno sempre una meta!
Anche le parole volano proprio come l’aereo, importante che atterrino bene!
Speriamo che atterrino su Marte o Nettuno. Infatti è proprio lì che vorrei fuggire, un giorno o l’altro. Un grazie genuino, cara Nella, per avermi dato modo di pensare all’universo, agli astri luminosi e alle mete siderali che mi piacerebbe visitare. Mi hai portato, meno male, un poco di ottimismo.
Io sono già fuggita in Olanda, ma anche Marte non mi dispiacerebbe…..
La distanza non varia perché siamo già immersi nel cielo. Solo le nubi si spostano, avvicinandosi ed allontanandosi da noi.
Immersi nel cielo? Siamo dunque stelle?
Cara Anna Maria, grazie molte anche a lei per il suo intervento.
E se le nuvole scomparissero per sempre?
Forse non ci sarebbe più bisogno di farvi scalo!
Magari!
ho riletto parecchie volte i suo versi, devo dire che ogno volta mi affascinano nella loro essenzialità , che mi costringe a riflettere e a immergemi nella distanza infinita del cielo.
Questi pochi versi mi hanno suscitato stupore e sentimenti profondi. Grazie!
Cara Marisa, rimango lusingato dal suo bel commento. Grazie.
I tuoi versi mi evocano il nostro innato desiderio di tensione verso l’infinito.
Grazie Pietro!
Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie… Come vedi, caro Cristiano, anche i miei ringraziamenti per il tuo commento tendono all’infinito. Siccome non credo che questa pagina riesca a contenerli tutti, ne aggiungo solo un altro e poi basta: grazie!
concordo con l’autore, siamo sicuri che sempre sia utile decollare ?
Caro Pietro la gioia di volare per salire, salire ed oltrepassare le nuvole mi riempie di un brivido meraviglioso.
Un brivido? Forse il brivido dell’infinito (come direbbe Cristiano)?
Grazie mille per queste sue parole così ispirate, cara Antonella.
Di questa poesia gusto la profondità lieve.
Non percepisco l’amarezza della condizione umana, ma la coraggiosa e forte consapevolezza dei suoi limiti, che comunque si continuerà a sfidare: era un ennesimo, non l’ultimo volo.
«L’uomo non esiste veramente che nella lotta contro i propri limiti», affermava Ignazio Silone nel romanzo «Vino e pane». Titolo estremamente interessante. Che vorrà dire? Che il tentativo di forzare le restrizioni varie cui la nostra esistenza è soggetta per natura, c’“imbandisce” la vita rendendola più “nutriente”? Mah… vedrò di approfondire. Nel frattempo –ben lungi dal “limitarmi” a ringraziarla per l’intelligenza e la sottigliezza del suo commento– le invio anche, cara Letizia, un cordialissimo saluto.
Caro Pietro, la speranza è il carburante più potente al mondo….che, con la giusta determinazione, certamente riesce a portare anche “oltre” le nubi……..
Grazie mille del commento e del consiglio, cara Cinzia.
L’altro giorno, ho fatto un giro in macchina qui nei paraggi. Ma non ho trovato un distributore di speranza. Peccato… perché avrei messo la super, ovviamente!
Caro Pietro , un pò in ritardo ma sono arrivata !!! leggere i tuoi pensieri che trascrivi in poesia è sempre un piacere per me , sei speciale Pietro !!!! grazie per tutte le emozioni che doni a chi legge e per un pò sogna !!!! ciao !!!
Anche leggere il tuo commento è un’emozione, cara Lorella. Grazie mille. Torna pure a trovare le mie poesie tutte le volte che vuoi!
Mi illumina d’immenso..
M’illumino di gioia. Grazie, caro Mario!
…Ma le nubi fanno parte di quel cielo in cui “vivono” anche il sole e le stelle… Ne sono essenziali componenti. Danno vita,mentre l’oscurano. L’importante è “volare”,perché la vita è il “volo” dello spirito! A volte bisogna affidarsi ad esso,alle sue ali , intrise di energia vitale, senza porsi tante domande o misurare distanze, accogliendo anche quelle nubi che sanno sciogliersi. Ritrovarsi nell”oltre” è possibile! Versi intensi che vibrano,ispirando profonde riflessioni! Bravo,come sempre,caro poeta e…Grazie!
Seguirò il tuo consiglio, cara Susy, e le nubi che si sciolgono (non in pioggia, spero!) le accoglierò senz’altro a braccia aperte. Mentre, per prudenza, indosso un robusto impermeabile, ti ringrazio di cuore per i complimenti e per il bel commento.
Questa poesia esprime molto bene il sentimento che mi accompagna quando decido di “raggiungere una meta” seguito quasi subito dalla consapevoleza dei miei limitii. Forse é una delle nostre grandi difficoltà del vivere quotidiano. Grazie per questa come sempre bella poesia!
Raggiungere una meta agognata non esclude che si possano trovare ostacoli durante il percorso! E’ però importante provarci. Se non riusciamo a “Toccare il cielo”tentiamo almeno di andargli vicino… malgrado le nubi. Complimenti per la bella poesia