Alzheimer. Quando nel cielo si spengono le stelle

Alzheimer

Una malattia terribile e devastante che la psichiatra Donatella Lai ci descrive non solo con professionalità ma anche con la profonda umanità ed empatia di chi ha saputo fare del suo lavoro una vera missione. Un testo commovente in cui traspare tanto amore nei confronti del malato e dei suoi cari, accomunati dalla stessa sofferenza.

All’inizio sembrano piccole e innocue dimenticanze. Quelle cose che capitano un po’ a tutti: non ricordare dove abbiamo messo le chiavi o altri oggetti di uso comune, scordarci per un po’ il nome di una persona conosciuta.

All’inizio sembra solo di vivere un periodo difficile, in cui si è più irritabili del solito, più pedanti forse. Più suscettibili verso le critiche o più propensi a vivere come tali quelle che sono solo osservazioni neutrali.

Qualche volta i primi segni sembrano solo un periodo di stanchezza, una sorta di nebbiolina di indifferenza che avvolge la mente e intorpidisce le azioni. E invece cominciano a poco a poco a spegnersi le stelle nel cielo.

Le dimenticanze si fanno sempre più frequenti e coinvolgono via via aree sempre più vaste del nostro agire. Cominciamo a non ricordare più cose che sapevamo alla perfezione ma soprattutto dimentichiamo facilmente le ultime cose che impariamo o che conosciamo.

Ogni tanto ci voltiamo a guardare qualcuno e l’angoscia ci pervade: sappiamo di conoscere la persona che ci sta accanto ma non riusciamo a ricordare chi è. Lentamente spariscono fette di mondo. Le strade diventano ignote, passeggiando per le vie del nostro quartiere ci coglie d’un tratto un profondo smarrimento perché non sappiamo più come rientrare a casa.

All’inizio ciò capita per pochi attimi e poi tutto torna normale. Chi ci sta accanto ai nostri occhi torna ad essere di nuovo nostra figlia o nostro figlio, nostro marito o moglie. I percorsi cittadini ritornano noti e familiari. Solo uno spavento e via. Poi però tali esperienze divengono sempre più frequenti.

Le nostre mani cominciano a non rispondere più come un tempo. Anche la sequenza di movimenti diventa strana, bizzarra, incompleta e ingarbugliata. Azioni banali diventano difficili, invertiamo o stravolgiamo l’ordine temporale delle azioni rendendole di fatto inutili. Non ricordiamo più come allacciare le scarpe, come infilare il bottone nell’asola. Non sappiamo più come fare il caffè perché non ricordiamo in che ordine svolgere le azioni.

Alcune dimenticanze divengono pericolose: lasciamo una pentola sul fuoco e ne bruciamo il contenuto. Lasciamo aperti il rubinetto del gas, dell’acqua, la porta di casa.

Ci sfuggono le parole. Guardiamo un oggetto, una persona, un animale e non ricordiamo il nome. Cominciamo a scavare con ansia nel cervello per trovare quella parola, ma alla fine riusciamo solo a usare parole generiche, frasi descrittive, fino a reagire con un silenzio imbambolato e assente.

Poi non riconoscere oggetti e persone comincia a diventare sempre più frequente. A quel punto non è solo il nome che scappa via, ma anche la forma, la natura stessa di ciò che abbiamo davanti agli occhi.

Perdiamo il senso del tempo, cominciamo a non ricordare più in che anno siamo, in che mese, perfino in che stagione dell’anno, nonostante la temperatura teoricamente dovrebbe darci delle indicazioni.

Prendiamo in mano una penna e la nostra scrittura diventa incerta, tremolante e ampia, incapace di seguire una direzione netta.

La paranoia si impossessa di noi, ci rende intrattabili, aggressivi. La perdita delle nostre abituali luci interiori ci sconvolge al punto da cambiare il nostro carattere e il nostro modo consueto di reagire agli avvenimenti. Anche persone dolcissime cominciano a usare parole offensive o turpiloquio, gridano senza motivo, aggrediscono i propri cari a volte con una forza insospettata.

Nella confusione che si genera, tutto va a gambe all’aria. Anche i nostri consueti ritmi. Ci si alza durante la notte convinti che sia mattino. Si dorme di giorno. Si chiede cibo in orari bizzarri e lo si rifiuta durante i pasti. La nostra mente diventa a poco a poco un cielo in cui esistono ormai poche chiazze di stelle separate da ampie zone buie. Ci aggrappiamo disperatamente a quelle poche stelle e cerchiamo di ricostruire gli spazi mancanti. Poche isole di ricordi vengono collegate da pure invenzioni che però per noi diventano a loro volta ricordi veri e propri.

Ci sentiamo piccoli, indifesi, fragili. Chiamiamo la mamma, vogliamo tornare fra le sue braccia e scappiamo dalla nostra casa per cercare di raggiungere quella dei nostri genitori. Che ovviamente non ci sono più da tanti anni. Quando un figlio ci trova e ci riaccompagna alla nostra abitazione, piangiamo, gridiamo e spesso lo aggrediamo. Non possiamo vedere la pena nei suoi occhi perché anche quella nostra stella è ormai troppo flebile.

Chi ci sta vicino è confuso, spaventato, ferito, spesso offeso. Vede trasformarsi sotto ai suoi occhi la persona che ama, stravolgere lentamente – a volte neppure tanto – il proprio modo di essere e di agire, vede spegnere in lui o in lei via via tante funzioni della sua vita, lo stesso carattere e le capacità affettive della persona amata sono stravolte.

La persona forte e decisa che abbiamo conosciuto, quel pezzo di roccia, caposaldo della famiglia non è più lui, non è più nostro padre. Non può più trovare le parole adatte e sagge per indirizzarci verso la soluzione o l’accettazione di un problema, non possiamo più chiedergli consiglio e aiuto. Quella persona che sapeva fare di tutto, che aggiustava qualunque cosa quasi fosse Mc Giver, ora non sa più vestirsi né farsi la doccia da solo.

Colei che ci ha accudito negli anni della scuola, a volte anche con severità, la donna che ci preparava da mangiare, consolava le nostre lacrime, rimproverava le nostre mancanze e ci ha instradato alla vita, ora si è trasformata in un essere bizzarro e imprevedibile, dallo sguardo vacuo e spento. Non riconosciamo più nostro padre o nostra madre. Si trasforma progressivamente nel fisico, negli atteggiamenti ma soprattutto la sua stessa anima sembra andar via pezzo a pezzo, lasciando in quel corpo solo una vita biologica.

L’Alzheimer è una malattia devastante, sia per l’individuo che ne è affetto che per coloro che lo circondano. Fra tutte le forme di demenza è quella che maggiormente stravolge le caratteristiche individuali per arrivare a spegnerle progressivamente e a lasciare il cielo completamente vuoto e buio. Non ha cure, se non delle terapie palliative che a volte ne rallentano il decorso ma non sono in grado di arrestarlo. Qualche volta con i farmaci si può contrastare l’aggressività del malato, alcune stranezze comportamentali, ripristinare almeno in parte i ritmi del sonno.

Tuttavia accudire una persona affetta da Alzheimer è un impegno assai gravoso e fonte di infinite sofferenze. Si è costretti a controllare il malato praticamente 24 ore al giorno perché non metta in atto comportamenti pericolosi. Si è costretti a vedere che lentamente del nostro caro non rimarrà altro che un guscio vuoto e fragile. Non sempre i familiari riescono ad accollarsi un peso così grande e spesso sono costretti ad affidare ad istituti specializzati il proprio parente, attirandosi frequentemente feroci critiche da parte di chi non sa e non vuole capire.

E a poco a poco arriva il momento in cui anche l’ultima stella si spegne e anche quel guscio vuoto smette di esistere.

Donatella Lai, psichiatra
CHI SONO

N.B.: mi capita spesso di scrivere gli articoli usando il “noi”. Non lo faccio a caso. Nessuno di noi è esente dalla sofferenza, dal dolore e dalla malattia. Credo che tener presente questa realtà possa contribuire a renderci più umani.

Tags: , ,

90 Responses to “Alzheimer. Quando nel cielo si spengono le stelle”

  1. cristina scrive:

    Bellissimo articolo!

    Magari tutti i medici fossero come la “nostra” psichiatra Donatella Lai! Medici del corpo, medici del cervello ma anche medici dell’anima e del cuore. Con vera empatia.

    Grazie per questo pezzo. E tu sai perchè…..

    Cristina

  2. marni scrive:

    E’ un articolo molto coinvolgente, commovente , drammatico… purtroppo molto triste… grazie però per questa immagine di ” stelle” .. anche nella disperazione e nell’apparente vuoto della malattia c’è cmq una luce…forse è difficile da scorgere. e forse ci riporta al nostro essere umani e tutti vulnerabili.
    marni

  3. Donatella scrive:

    Cristina: quando ho scritto questo pezzo ho pensato tantissimo a quel perché…

  4. cristina scrive:

    Grazie, cara, anche a nome di tanti familiari che vivono questo dramma.

    Sperando che per i loro amati “le stelle si riaccendano presto nel cielo” dove sicuramente un giorno riposeranno in pace. Una felice pace che si sono meritati, dopo tanta sofferenza su questa terra.

  5. lino scrive:

    Quanto e’ vero tutto questo, ho perso il mio amato papa’ il 7 gennaio 2010, non una parola di quanto scritto e’ difforme dalla realta’, il vuoto e’ incolmabile ma la consapevolezza che ha riconquistato la sua dignita’ mi allevia il dolore.

  6. Donatella scrive:

    Mi dispiace molto, Lino. So che nel tuo cuore tuo padre vive con la stessa forza con cui lo hai conosciuto nei giorni migliori. Ti abbraccio forte.

  7. Marni scrive:

    Capisco perfettametne Lino quando parli di dignità..mio padre se n’è andato da poco e non era ammalato di Alzheimer, ma è vero che in ospedale in situazioni di estrema vulnerabilità, di dolore, di senilità gli anziani vengono trattati a volte con poco rispetto ..con accondiscendenza, con pazienza, anche con bontà, ma poco rispetto dell’uomo e o della donna che sono stati..li si tratta a volte come fossero bambini da convincere..da tener buoni ..questa è la cosa che più mi ha fatto soffrire in alcuni momenti della degenza di mio padre…. un giovane infermiere che dà del TU a mio padre o che lo chiama “nonno” o che gli dice di non far storie …So che è difficile anche per loro e che fanno il possibile..tuttavia ho sentito proprio questa perdita di “dignità”, questa sorta di “morte” prima del tempo…

  8. cristina scrive:

    Lino, mi spiace tanto, e capisco il dolore che hai provato nel perderlo.
    Posso chiederti una cosa? L’hai tenuto in casa o hai dovuto ricoverarlo in una struttura protetta?

    E soprattutto quello di vederlo “svanire” giorno dopo giorno; e poi di vederlo arrabbiarsi perchè non capisce….fare cose strane….un percorso di dolore che tappa per tappa diventa sempre più insopportabile, soprattutto per i familiari…Per i nostri cari no; ad un certo punto, per loro fortuna, dimenticano anche questo. Dimenticano di esistere.

    Ma ora cerca di ricordartelo COME ERA PRIMA DELLA MALATTIA; dimentica quel brutto periodo in cui non era più lui. Adesso è in pace.

    Anche a te, Marni, non posso che ripetere: coraggio! Un giorno ritroveremo i nostri cari, finalmente tutti felici insieme.

    E speriamo che ci siano tanti medici come la nostra Donatella, che li accolgano a braccia aperte nel difficile cammino della loro malattia. E che aiutino i parenti a gestirla senza scoraggiarsi e senza impazzire a loro volta.

    • Lino scrive:

      mio padre e’ morto in casa, a Napoli non esistono strutture pubbliche in grado di poter garantire assistenza specialistica di un certo tipo; nel corso dell’ultimo anno quando la sua malattia e’ divenuta devastante rendendolo completamente dipendente da soggetti abbaimo assunto un extracomunitario con contratto regolare che lo assisteva giorno e notte, alternandosi con noi figli (situazioni di vita e lavoro permettendo), l’assurdita’ di questa malattia si scrive tanto in giro, non mi riferisco ovviamente a questo forum, ma si fa davvero poco sia per i malati sia per le famiglie colpite da tale tragedia. Il mio papa’ per la burocrazia assurda di questo paese non e’ riuscito nemmeno ad avere la pensione di accompagmento, funzionari troppo ligi pretendevano che mio padre firmasse o capisse cio’ che avrebbe dovuto sottoscrivere…ma come si fa a pretendere questo da un malato terminale della terribile malattia…conclusione avviammo una pratica di amministrazioen di sostegno…ma come temevo i tempi delle burocrazia non vanno di paro passo con quelli della vita.
      Comunque mio padre e’ morto nell’amore della sua famiglia, assistito nel migliore dei modi in forma privata ( a pagamento lauto ) sino all’ultimo secondo della sua esistenza .

      • Donatella scrive:

        Purtroppo descrivi una situazione che in Italia è quasi la norma. Ci sono delle malattie di cui lo stato non si occupa: sarebbe troppo dispendioso. Una malattia come l’Alzehimer, a causa della quale la persona dev’essere guardata 24 ore su 24, richiederebbe strutture ad alto costo. E’ molto meglio lasciare tutto sulle spalle dei familiari, molto più comodo. Poi, alla fine, io mi ritrovo molto spesso fra i miei pazienti i familiari di persone che sono decedute per questa malattia, perché nell’affrontare tutta questa mole di problemi arrivano alla fine che sono davvero a pezzi…

  9. cristina scrive:

    Caro Lino,

    ha ragione Donatella. Però anche la situazione in Olanda è la stessa; qui i malati sono assistiti meglio, forse, ma solo a livello di pura assistenza materiale: non umana. E neppure medica, secondo me.

    Spero tanto che tuo padre abbia capito con quanto amore l’avete curato; anzi, sono sicura che avrà avuto momenti di lucidità in cui lo capiva e vi sarà stato riconoscente.

    Vi ammiro molto per come lo avete assistito; so, per esperienza personale,( perchè sto vivendo la stessa situazione), che tipo di malattia terribile sia. E come avrai forse letto nel mio editoriale di questo mese un’altra nostra collaboratrice ha sopportato per tanti anni lo stesso dramma, con una forza ed un amore veramente degni di ogni rispetto e stima. Ed era giovanissima.

    In effetti in Italia dovrebbero investire fondi in opere di aiuto ed assistenza per questo tipo di malati e per i loro familiari; e poi si chiedono come mai si arrivi a pensare all’ eutanasia come unico mezzo per restituire dignità al malato e smettere di farlo soffire.

    Quando poi parli di funzionari ( idioti) che non vi hanno neppure aiutati per le pratiche necessarie per la pensione di accompagnamento mi viene una tale rabbia…..Avete fatto bene a chiedere l’amministratore di sostegno, a volte è un’ottima soluzione.

    Ma, ripeto, meglio di così non potevate fare; avete fatto anche troppo e spero che questo non vi abbia debilitati perchè ora tu ed i tuoi cari dovete andare avanti a vivere con serenità. Avete già pianto e sofferto troppo; adesso lui sta finalmente bene e per voi deve tornare a splendere il sole; tutto il sole che vi meritate. La vostra dose di sfortuna l’avete già avuta; ora vi deve arrivare tanta fortuna!

    Con affetto. Saluta la mamma; non ne parli ma spero che ci sia e stia bene.
    Cristina
    Cristina

  10. Lino scrive:

    Grazie di vero cuore per il sostegno morale che offrite attraverso questo strumento, comunicatemi in che modo posso rendermi partecipe in tale attività.

  11. cristina scrive:

    Caro Lino,

    ti siamo molto vicini per il dramma che hai vissuto.

    E, come oramai avrai capito, non abbiamo scelto questa malattia a caso; io stessa avevo chiesto alla nostra psichiatra di parlarne, considerato che, come oramai avrai capito, lo sto vivendo con uan persona cara. Inoltre un’altra collaboratrice del Cofanetto ha curato in casa sua mamma con tanto amore ed era affetta dalla stessa malattia.

    Conosciamo molto bene quindi, anche direttamente, la situazione italiana; pensa a chi non ha denaro per assistere a casa i suoi cari….

    Seguici sempre , mi raccomando. Anche il mio editoriale di oggi parla di sofferenza. Ma anche di cose leggere…

  12. Ecco quello che ho lanciato nel mare di Facebook
    Bravi gli autori di questo articolo.. belli i commenti di esperienza vissuta.. sono felice che internet possa aiutare persono in difficoltà per questa tragica malattia

    Ecco la risposta di Lucie Jonker che mi autorizzato a pubblicare il suo commento:

    Grazie Francesco di aver riportato qui questo articolo. Non conoscevo il cofanetto magico.
    L’articolo mi ha fatto ricordare gli ultimi anni della vita di mia mamma, che è morta nel 2008 di Alzheimer.
    Mi ha commossa tanto. Tutto quello che è scritto è la triste realtà. Grazie anche a la psychiatra Donatella per la sua sensibilità e umanità con quale ha scritto questo articolo.

  13. Roberta scrive:

    Credo che i parenti di malati Alzheimer siano tristemente accomunati dalla sofferenza che diventa disperazione a causa dell’impotenza. Io sono la figlia di una mamma malata da 4 anni, ammalatasi dopo un anno di stato vegetativo di mio padre. Ho combattuto e cerco di continuare a farlo, ma sono sola. Ho una ex sorella (ho deciso che sia così vista l’assenza totale e il toltale disinteresse in tutti questi anni e nel susseguirsi delle tragedie) che preferirei non esistesse proprio, almeno mi sarebbe risparmiata la rabbia. Combatto per evitare il ricovero di mia madre in una RSA, ho una badante solo di giorno, mentre le notti e i weekend me li devo necessariamente passare da sola. Credo di essere prossima ad un crollo totale, ripeto con sarcasmo che mi aspetta una stanzetta in un reparto di psichiatria d’urgenza; ma temo davvero questa evenienza, perchè ormai mi sembra dietro l’angolo. Ho vissuto l’esperienza della RSA con mio padre in stato vegetativo, e non importa la qualità apparente della struttura o la retta stratosferica che viene pagata: quando si spengono le luci, lontano dagli occhi indiscreti questi posti diventano dei lager dall’aspetto alberghiero. Tutti sanno che i pazienti vengono contenuti di notte e slegati di giorno, e non voglio sentirmi dire che è per la loro sicurezza. Viene fatto di nascosto, poi ogni tanto qualcuno ci lascia la pelle o rimane gravemente ferito (vedi l’ultimo caso della RSA vicino a Reggio Emilia in cui un uomo legato al letto durante la notte è rimasto gravemente ustionato per non essere potuto fuggire durante un incendio), ma la notizia sparisce in tempo zero. A chi puo’ chiedere aiuto un familiare che non ce la fa più, che sente di non essere nemmeno più in grado di dare affetto? A chi??? ……… Grazie,

  14. cristina scrive:

    Carissima Roberta,
    la tua lettera mi ha commossa. Mi spiace tanto, tantissimo per te e ti ammiro per la forza che hai avuto a tenere tua madre in casa, sino ad ora.
    Capisco anche molto bene il tuo riferimento alla tua “ex sorella”; sto vivendo lo stesso dramma, come te; ed in tutti i sensi.

    Ancora di più in quanto abito da 28 anni all’estero; chiamo mia madre ogni giorno e questo è l’unico filo che ancora mi lega a lei. Poi vado ogni due mesi a trovarla, sottoponendomi a viaggi e permanenze faticose e tristissime, soprattutto a livello psichico.

    Circa le strutture, hai ragione; non sono affatto protette.
    E spesso si rivelano veramente l’anticamera della morte. Soprattutto perchè ci sono 2 operatori sanitari per reparto, che devono occuparsi di tanti pazienti difficilissimi. Ottimi alberghi, forse, ma che tristezza! Se uno non entra matto lo diventa poco dopo, in mezzo a gente che urla, sbraita….
    E tu pensi che non vorresti mai vedere la tua mamma lì dentro!
    Non per la struttura ( a volte adeguata 0 ma per le persone con cui si trova. Ti sembra quasi poco dignitoso, la sua malattia “risalta maggiormente”.

    Le badanti non sono quasi mai all’altezza di occuparsi di malati così gravi e difficili; spesso lo maltrattano quando i familiari non lo vedono.
    Quindi vanno seguite; si devono attuare visite improvvise, non aspettate. Bisognerebbe seguirle per “spiare”come trattano il tuo caro in tua assenza…

    Io ho visto di tutto; una peruviana, tutta sorrisetti e allegria (in nostra presenza!) che poi che strattonava la mamma per strada e urlava contro di lei. Una russa che beveva come una spugna….A volte i parenti le abbandonano con il malato perchè si prendano cura di lui; senza neppure controllarle.

    Ma non è il tuo caso; tu sei stata splendida e non devi assolutamente sentirti in colpa perchè non ce la fai più. Soprattutto non devi crollare. Tua madre non lo vorrebbe.

    Vorrei tanto poterti aiutare ma non so neppure dove abiti; forse la nostra psichiatra potrebbe darti indicazioni utili.

    La tua ultima frase, che si riferisce al fatto che non sei neppure più in grado di dare affetto, mi ha fatto pensare che DI AFFETTO NE HAI DATO SIN TROPPO! Allora, per carità, non deprimerti, non sovraccaricarti di altri pesi; non siamo una fonte inesauribile di energia, amore, salute!!! Non siamo eroi e neppure immortali. Anche noi abbiamo dei limiti.

    Non posso consigliarti nulla; infatti anche nella mia famiglia l’assistenza alla mamma ha creato liti terribili. Siamo pure finite, noi 3 sorelle, secondo me, in mano a medici inadatti a curare questa malattia.

    Circa la questione economica so che ci sono assegni di accompagnamento per i familiari che si occupano di un malato in casa. Non so se tu hai una famiglia, dei figli.

    Coraggio! Esci un po’di casa, non lasciarti trascinare in discussioni con lei che alla fine lasciano senza forza e snervati! Purtroppo l’affettività di questi nostri cari malati cambia, si deteriora e ciò ci fa soffrire ancora di più.

    L’articolo che ha scritto la Dottoressa Lai è molto bello; quando nel cielo si spengono le stelle……Rifletti sul fatto che le stelle ora non devono spegnersi IN TE. Che tu devi continuare a vivere, fiera di aver curato la tua mamma, in casa, per ben 4, lunghi, lunghissimi anni.

    Con stima ed ammirazione,

    Cristina

    • Roberta scrive:

      Grazie Cristina per le tue parole.
      Mi sento veramente disperata, ma nella vita non mi è mai piaciuto assumere il ruolo della vittima e i vittimismi mi urtano i nervi. Invece in questo periodo mi sento così … piagnucolosa. E non mi sopporto.
      Ho 43 anni, vivo in provincia di Milano. Ho perso il mio compagno 6 anni fa in un incidente stradale; dopo 6 mesi mio padre è stato investito ed è passato dal coma (in seguito al trauma cranico) allo stato vegetativo. Un anno trascorso cercando di non arrendermi… La mia vita è cambiata. Io sono cambiata. Ho visto cose che non avrei voluto vedere e nemmeno conoscere. Ma non sono stata capace di farmele scivolare addosso. Le ho assorbite tutte. Morto papà .. diagnosi di Alzheimer per mamma. Sempre sola. Non sono riuscita a rifarmi una vita, non ne ho avuto il tempo (o il coraggio?). Sono rimasta sola, senza figli, nel vuoto. Credo che tutti abbiamo una responsabilità individuale e personale nei confronti della nostra vita … libero arbitrio?? Io non riesco più a scegliere, a decidere. Sono paralizzata e autodistruttiva. Ho trovato il tuo sito per caso, sempre che ci sia qualcosa che accade per caso in questa vita…. Il resto già lo sai…
      Un abbraccio … grazie
      Roberta

    • paola scrive:

      BUONGIORNO a tutti
      ho trovato questo sito e leggendo le varie esperienze di chi scrive, spero sia il luogo adatto per chiedere un consiglio e un aiuto.
      Mio marito ed io dovremmo trasferirci all’estero per lavoro, a Dubai, e in questo momento per me è molto difficile perchè mi sto occupando di mia mamma che è molto malata.

      Mia mamma soffre di problemi psichici da molo tempo ma solo negli ultimi due anni è entrata in una crisi da cui on riesce + ad uscire; deliri costanti e psicosi che non migliora neanche con le cure e propio per questo, in visione anche dell’età di mia mamma che ha superato i 70 anni i medici stanno vagliando l’ipotesi che si possa trattare anche di Alzheimer o comunque di un decadimentimento cognitivo.
      La notizia del trasferimento all’estero in altre condizioni sarebbe per me solo motivo di gioia ma nella situazione attuale in me si stanno radicando angoscia e paura; non so come affrontare la gestione di mia mamma e se è fattibile prendermi cura di lei da così lontano.
      Anche io sto avviando le pratiche dell’amministrazione di sostegno e propio per questo volevo chiederti se è possibile essere amministratore anche vivendo all’estero e che problemi ci sono.
      Mia mamma è ricoverata in una struttura residenziale protetta e ho preso una signora che la segue qualche ora al giorno, ma per il resto faccio tutto io; mi occupo di casa sua, della sua crrispondenza, delle tasse, e ovviamente di starle vicino + possibile.
      Nell’ipotesi di andare a vivere all’estero, sarebbero di bas 3 anni, io tornerei come + spesso possibile ma non so se a livello legale io possa essere comunque amministratrice dall’estero e che cosa comporti e se a livello pratico sia oggettivamente fattibile seguire la mia mamma da così lontano.
      Ho letto che CRISTINA ha un esperienza simile, o così mi è parso, perchè vive all’estero e segue da lì la sua mamma ed è amministratrice di sostegno.
      Se potete darmi qualche informazione ve ne sarei grata, sono molto confusa e spaventata e capisco quando dici che è tutto psicologicamente molto difficile perchè non sono ancora partita e già mi sento un po’ in colpa per abbandonare mia mamma.

      Io ho una sorella ma purtoppo anche lei vive all’estero e non ha modo di tornare in ITALIA, con lei vado molto daccordo per fortuna e siamo molto unite
      Lei mi ha anche detto che potremmo pensare di trasferire la mamma da lei, ma a me sembra così difficile e non so che problematiche legali e burocratiche ci possano essere per una soluzione di questo tipo.
      Grazie per avermi ascoltata,
      Paola

      • cristina scrive:

        Cara Paola,

        prima di tutto coraggio per tua madre! Mi spiace, perchè sento come sei coinvolta con il tuo amore per lei e preoccupata. Ti capisco e ti sono molto vicina.

        Io ho chiesto l’amministratore di sostegno, esterno alla famiglia, pur vivendo all’estero. Ho inoltrato la domanda via un avvocato italiano e sto aspettando da ben 4 mesi che il giudice mi chiami in Italia per la decisione finale. Pare che a Milano, dove risiede la mamma, queste pratiche vadano a rilento. Non so dove abitate voi.

        Per il resto vado a trovarla alla Clinica Saccardo, dove si trova ora, ogni 2, massimo 3 mesi. Appena trovo dei voli economici e posso combinare con il mio lavoro.
        Per me in effetti non si è trattato di lasciarla improvvisamente perchè abito in Olanda da 28 anni ed il contatto non si è mai interrotto; caso mai rafforzato!

        Ma non devi assolutamente sentirti in colpa, qualsiasi decisone tu prenda: pensa sempre che tua mamma, se fosse al 100% in sè, la capirebbe e sarebbe la prima a dirti di partire. Come fece mia madre 28 anni fa quando mi disse “segui la tua strada”; ed io ero incinta del padre ( olandese) di mio figlio.

        Devi essere già felice del fatto che vai d’accordo con tua sorella e che potete decidere INSIEME per la vostra mamma. Portarla a vivere all’estero si potrebbe fare ( dipende dal Paese dove abita tua sorella ); anch’io lo proposi tempo fa alle mie sorelle, per mia mamma, ma loro non vollero. Per tanti motivi; il più giusto era, forse, quello legato al fatto che per le persone affette da Alzheimer ogni spostamento o cambiamento, provocano uno stress e scompensi terribili.

        Anche se, detto fra noi, non mi pare che portarla poi in una struttura protetta possa migliorare la situazione…

        Fammi sapere qualcosa; ma, se desideri inoltrare una domanda per l’amministratore di sostegno devi farlo subito, vista la lentezza della procedura in tribunali super intasati di lavoro.

        So che ci sono anche delle Case di Cura che si possono occupare delle pratiche a nome del familiare. Però, come avrai capito, mi riferisco ad un amministratore esterno alla famiglia. Se si tratta di un parente forse saranno più facili. Dovresti domandarlo alla struttura in cui è ricoverata la tua mamma. Loro si occupano spesso di questi problemi. Però mi chiedo come farai ad occuparti così da lontano di tutto.

        Non è meglio nominare anche nel vostro caso un amministratore esterno alla famiglia? Ovviamente dipende anche da che tipo di lavoro dovreste svolgere, che tipo di interessi economici dovresti seguire.
        E che cosa farete della sua casa, se la mamma resterà in struttura protetta. Anche questo è importante.

        Di nuovo coraggio e un abbraccio,

        Cristina

        • paola scrive:

          Grazie Cristina per il tuo supporto e per i preziosi consigli; scusa se ti disturbo ancora.
          Quando dici amministratore esterno alla famiglia, a chi ti riferisci? ci sono persone che si possono occupare di questo? ci si può fidare? ovviamente a me interesserebbe da un punto di vista burocratico anche se poi avrei paura di non poter interverire nelle questioni mediche e su quello che penso sia meglio per mia mamma.

          Tu sai se si può essere amministratrice anche vivendo all’estero?
          Ho sentito tante cose negative sulle strutture e non so più cosa pensare, oltre che so essere molto costose.
          Mia sorella vive in Spagna non so a chi cihedere per informarmi su come eventualmente portare la mamma da lei; condivido che gli spostamenti sono molto stressanti, e non oso immaginare un viaggio aereo come potrebbe essere organizzato, ma per ora valutiamo tutte le ipotesi per capire, tra le varie cosa sia meglio tra non avere ne me ne mia sorella vicine e subire un periodo di stress.
          Mia mamma, anche se si crea una realtà parallela tutta sua, riconosce perfettamente sia me che mia sorella anche se crede che io sia sposata con figli quando non è così.
          E’ molto difficile e non sai che piacere avere anche solo una pagina fatta di persone che senti che cercano di darti una mano anche solo leggendo tutte le tue paure e le tue preoccupazioni
          Ancora grazie

  15. cristina scrive:

    No, cara Roberta, credimi, nulla avviene per caso. Forse via il nostro sito hai scoperto quanto vali: proprio il fatto di aver scritto quanto ……hai scritto, se lo rileggi, ti aiuterà a capire veramente quanto amore sei stata capace di dare. E quanto rispetto ed ammirazione ti meriti.

    Il fatto che abbia trovato la forza di commentare ( spesso i lettori sono pigri o troppo timidi a riguardo! ) vuol dire che avevi bisogno di sfogarti. Ed hai trovato delle braccia aperte ad accoglierti! Fallo più spesso. Esci il più possibile, non rimanere chiusa in casa. Mi raccomando!

    La vita è difficile per tutti; ognuno di noi si porta sulle spalle un fardello enorme. A volte noi stesse non ci rendiamo conto di quanto siamo coraggiose; e anche… di quanto abbiamo il diritto a lamentarci!

    Però sei ancora giovane; e allora puoi rifarti una vita, trovare un altro compagno. Non devi rimanere sola; non è giusto. Lo so che è facile parlare….L’amore non si trova dietro l’angolo. A volte è solo una questione di fortuna. Ma, se consideri che di disgrazie ne hai avute già troppe….per il calcolo delle probabilità…adesso dovrebbero accaderti solo cose belle!

    Ti lascio con questo pensiero ottimista, sperando che ti porti fortuna.

    Non scoraggiarti per la mamma; è un lungo processo di adattamento a questa terribile malattia, lo so; ma vedrai che ce la farai ad accettarlo.
    L’importante è che trovi presto un buon aiuto perchè da sola NON CE LA PUOI FARE: NON CE LA FA NESSUNO!

    Un abbraccio affettuoso,

    Cristina

  16. cristina scrive:

    Non ti preoccupare, Paola, per il disturbo! Se non ci si aiuta fra di noi!
    Sulla pratica per l’amministratore familiare non so molto ma puoi chiederlo dove si trova ora tua madre. Ma, ripeto, sarà difficile che tu possa farlo da così lontano…

    L’avvocato a cui mi sono rivolta io mi ha detto che lei stessa ha segnalato tre nomi di amministratori che conosce personalmente; secondo lei sono persone bravissime e fidatissime. Altrimenti si può chiedere ad un amico di famiglia di cui hai fiducia.

    Io ho conosciuto un avvocato che è stato amministratore di alcune famiglie, per anni, curando benissimo gli interessi delle medesime. E costava pochissimo. Forse ti conviene informarti in tribunale, all’ufficio tutele, mi pare.

    Certo che saresti più tranquilla se fosse in Spagna con tua sorella ma non conosco le pratiche da fare in quel Paese e comunque passerà del tempo prima che sarete riusciti ad organizzare tutto.

    Nella struttura dove si trova tua mamma ora, l’accudiscono bene? La legano? Purtroppo ogni tanto sono costretti a legare i pazienti, altrimenti escono dal reparto e questa è stata la cosa che più mi ha sconvolta la prima volta che sono andata a trovarla.
    D’altra parte è vero che siamo noi figli quelli che soffriamo di più per questa malattia devastante dei nostri cari; perchè loro se ne accorgono sempre meno.

    Ieri sono andata a spasso, ed improvvisamente mi sono resa conto che solo un anno fa ci ero andata con mia madre; avevamo visto i negozi, comprato le scarpe, mangiato un gelato enorme sedute in una bella pasticceria..ed improvvisamente ho cominciato a piangere. Mi è mancata terribilmente. Questo per dirti che le mamme mancano sempre e mancheranno sempre.

    Ripeto, stai facendo il possibile per lei per cui cerca di vivere serenamente questa malattia: perchè di più non puoi fare.
    Guarda nel nostro Cofanetto magico l’articolo su “una bella storia d’amore”. Lo troverai nell’archivio di dicembre: Il 2 dicembre. La storia che racconto è quella dei miei genitori, anche se scrivendola non l’ho detto a nessuno.
    Leggi la conclusione….

    E se vuoi, leggi nel mio sito, http://www.mariacristinagiongo.nl ….perchè sono venuta in Olanda. Insomma; la vita è una scelta continua. Ma se la fai con amore, qualsiasi sia, non è mai sbagliata.

    Cari saluti,

    Cristina

  17. Piero scrive:

    Ciao Cristina…tu sai la mia storia,che non è certo paragonabile a quella di Paola… l’unica cosa che ci accomuna forse è la parola “scelta ” le motivazioni sono e saranno diverse x certi aspetti,ma per altri simili…
    Ora la domanda è semplice …
    Secondo me PAOLA ,un giorno ti chiederai… ho fatto la scelta giusta ?
    Ma mio marito…se rinuncia a questo lavoro x il bene mio verso mia madre, cosa penserà di me tra un anno …10 anni … 20 anni per la scelta che ha fatto?
    Mi riserverà del rancore x aver perso l'”occasione lavorativa della sua vita ” ?
    Ora…io ad esempio ho rinunciato a farmi una mia vita x il bene dei miei genitori,ovviamente questo dettato comunque da vari aspetti….in primis la loro salute,poi il mio egoismo nel voler rimanere con loro,perchè in fin dei comodi la cosa mi stava bene e mi faceva comodo,poi per il semplice fatto che tra 2 figli io sono sempre quello presente,mentre mio fratello maggiore lavorando sempre fuori regione,viene a casa solo 2 mesi all’anno.
    A distanza di anni , mi sono posto questa domanda…
    SE FOSSI ANDATO VIA DI CASA TANTI ANNI FA,COME SAREBBE ORA LA MIA VITA?
    E SE MI FOSSI CREATO LA MIA FAMIGLIA ?
    E SE FOSSI ANDATO IN OLANDA A LAVORARE 10 ANNI FA COME VOLEVO FARE?
    COME SAREBBE STATA ORA LA MIA VITA?
    SAREI SPOSATO ?
    AVREI AVUTO DEI FIGLI?
    CHI LO SA….
    Io Paola non rimpiango la mia scelta,ma a distanza di anni non nego di non pensarci di tanto in tanto..e questa non è una bella cosa…
    Spero che tu un giorno non faccia altrettanto .

  18. Piero scrive:

    Dimenticavo una cosa Paola…un abbraccio virtuale a tua madre x una futura guarigone,perchè nella vita non bisogna mai perdere la speranza …e buona fortuna a te e a tuo marito se doveste andare a Dubai…
    Notte.

  19. cristina scrive:

    Caro Piero,

    grazie per averci lasciato questa testimonianza molto importante, che sicuramente farà riflettere Paola; e ha fatto riflettere anche me.

    Ma non rimpiangere niente. I rimpianti non servono. Serve guardare avanti. Una famiglia puoi sempre fartela, se vuoi; sei un “ragazzo”sensibile e disponibile, intelligente. Quindi troverai sicuramente una donna che possa amarti. Anche se in effetti a volte incontrare l’amore, quello vero, quello “giusto” non è facile; e spesso è una questione di fortuna.

    Sei molto carino a fare gli auguri di “guarigione” per la mamma di Paola, perchè lanci un messaggio di speranza che forse la farà partire …magari non pensando che veramente questa malattia potrà arrestarsi; ma che certamente la mamma non soffrirà per la sua assenza.
    Le mamme sono comunque sempre contente delle decisoni che fanno contenti i figli.

    Il resto….è veramente nelle mani del Signore; per chi ci crede.

    Un abbraccio a tutti,

    Cristina

  20. Ursula scrive:

    Bellissimo articolo. Grazie a Donatella per questa testimonianza e a Cristina per avermelo indicato.
    Cristina, hai ragione, una non dovrebbe avere rimpianti. Ma purtroppo in questo momento li ho pure io. Di aver fatto la scelta di andare a vivere in Italia, che mi impedisce di fare di più per il mio papà adesso. Sai, si può lamentarsi per la situazione economica, il lavoro, o la possibilità di capire altre mentalità, come fanno quasi tutti (anch’io) che abitano in un’altro paese, ma non è nulla confronto al fatto di sentirsi in colpa. Questa capita a me adesso, perché non ci riesco ad andare più di 2 volte all’anno a trovare i miei, per causa del lavoro e famiglia. E posso fare quasi nulla. Mio papà che era già sempre molto legato a me e ha sofferto tanto che me ne andavo lontano, adesso lo sente ancora di più. Ho sempre paura quando squilla il telefono in orari strani, paura che è successo qualcosa. E po so che non devo avere sti rimpianti, perché se non fossi venuta in Italia, non avessi avuto le mie due bellissime stelline. Difficile ragionare a volte, molto difficile :-(

  21. cristina scrive:

    Carissima Ursula,

    ti capisco veramente ma non devi sentirti in colpa. Abbiamo fatto le nostre scelte: tu di vivere in Italia ed io…di andare a vivere in Olanda e i nostri genitori, nonostante il dispiacere della nostra lontananza ci hanno capite.

    E poi se tuo padre è in Olanda tu almeno hai la tranquillità che le strutture olandesi sono meglio di quelle italiane per quanto riguarda l’assistenza ai malati di Alzheimer. Tempo fa ho scritto un articolo sul ” Treno fittizio per i malati di Alzheimer”, pubblicato proprio dal settimanale OGGI, di cui oggi sul Cofanetto Magico troverai un’intervista con l’attuale direttore.

    In Olanda pensano sempre a nuove idee per alleviare la loro sofferenza, se di sofferenza si tratta, in quanto ogni tanto non si accorgono neppure di patire.

    D’altra parte anche per me, come per te, il motivo per restare in questo Paese per me straniero sono i miei figli ( oramai grandi….ma per una mamma rimangono sempre “piccoli” ) che sono veramente la mia ragione di vita. Per cui io sto…dove ci sono loro.

    Dalla mamma vado ogni due mesi, a Milano, approfittando delle varie offerte speciali della Rynair.

    Ancora coraggio! E cari saluti,

    Cristina

  22. Roberta scrive:

    … boh! .. io credo che ogni scelta andrebbe compiuta in base ad un principio fondamentale: NON FARE AD ALTRI CIO’ CHE NON VORRESTI FOSSE FATTO A TE.
    Quindi io mi metto al posto della persona più fragile, la mamma con Alzheimer in questo caso, e mi chiedo: e se domani capitasse a me, se domani mi trovassi io a perdere i pezzi della mia mente, vorrei ritrovarmi sola e abbandonata in una struttura (lager di lusso) in mano a degli operatori anonimi e non empatici (per non parlare di quelli segretamente violenti)?? … Non è vero che i malati non si rendono conto. Se ne rendono conto eccome! Perdono progressivamente la capacità di esprimersi, non di provare emozioni.
    …. Roberta

  23. cristina scrive:

    Cara Roberta,

    hai ragione al 100%. Il problema per noi che viviamo in un Paese straniero è doppio; e trovare una soluzione buona per i propri cari è ancor più difficile. Se fossi sola avrei portato mia mamma con me in Olanda. E ti assicuro che sarebbe stato molto più semplice.

    Invece devo lottare con la mia “famiglia” italiana; una lotta che mi sta distruggendo, tanto che ho chiesto un amministratore di sostegno ESTERNO alla famiglia per mia mamma.

    Dopo di che spero di levarla dalla struttura in cui si trova: esattamente per i motivi che tu elenchi. Convinta anch’io che assistita a casa da personale specializzato sia sempre meglio che farla stare in mezzo a persone che, poverette, urlano tutto il giorno, spesso legate su una sedia.

    Io ho visto mia mamma piangere; e quando le chiedevo perchè non lo sapeva. Eppure sono sicura che era proprio perchè, come dici tu, “sentiva” quello che accadeva intorno a lei ma non poteva esprimerlo.

    Una volta fui operata ad una gamba che mi ero rotta “rovinosamente”; fu un’operazione difficile e lunga, (e in seguito con conseguenze dolorosissime) durante la quale mi inserirono l’apparecchio di Ilizarof ( un tutore con grosse assi di metallo che poi ogni 5 giorni venivano girate per riavvicinare le ossa).

    Mio padre, medico, assistette all’ intervento; e mi raccontò che alla fine mi vide piangere, nonostante fossi ancora sotto anestesia…

    Io credo che se un dolore è grande, sia psichico che fisico lo senti lo stesso. Lo sente mia madre, anche se è affetta da Alzheimer e lo sento io per lei; incapace di trovare una soluzione per vederla ben assistita.

    Circa le strutture “protette” sono carissime: 3000 euro al mese. E molte persone devono pure pagare una badante che dia da mangiare ai loro cari in quanto due assistenti sanitarie ( non sono neppure infermiere) per 20 malati gravi non possono seguirli tutti.

    Grazie per il tuo commento e cari saluti,

    Cristina

    P.S. Vorrei avvertire i miei cari Cofanetti che questa settimana non sarò sul web per poter rispondere ai vostri commenti proprio perchè andrò dalla mamma. Ma appena potrò, al ritorno, risponderò a tutti.

  24. Bianca scrive:

    Uhm… e come fa una famiglia, spesso composta da persone che lavorano e hanno a loro volta famiglia, a prendersi cura di una persona malata di Alzheimer a casa sua?
    E come è possibile prendersi cura del malato, in questo caso della malata, da soli in Italia o all’estero?

    E mica tutti li hanno le ingenti somme per la badante.

    Realismo, direi.

    Buona giornata…

  25. Bianca scrive:

    LE hanno, sorry.

  26. cristina scrive:

    Mi hai preceduta, Bianca! Volevo aggiungere anch’io questa “domanda”.
    Come fa chi non ha i soldi per pagare la badante a sua madre? E chi ha una pensione bassa? Che cosa ci risponde LO STATO??????

    Spesso è impossibile occuparsene in casa; infatti la colpa è della scarsa mancanza di assistenza, anche alle famiglie che debbono affrontare questa grave malattia degenerativa dei loro cari. E che, come avrai letto in alcune dei commenti in questo post, a volte non ce la fanno veramente più.

    Sai che cosa ti dico, Bianca, visto che anche tu vivi come me in un Paese dove l’eutanasia è possibile? Che se capitasse a me io la richiederei subito.
    Proprio nel momento in cui, da LUCIDA, potessi ancora farlo.

    Non sempre i medici accettano la richiesta di eutanasia attiva per i malati di Alzheimer ma se tu firmi la domanda quando ancora sei capace di intendere e volere, forse puoi ottenerla anche in questo caso. Io vorrei morire dignitosamente, senza pesare su nessuno e lasciando ai miei figli il ricordo di una mamma ancora lucida e…”viva”…

  27. Bianca scrive:

    Cara Cristina, sono motivazioni davvero gravi e complesse, c’è davvero da inchinarsi e tanto di cappello a chi le affronta, perciò ci penserei bene prima di parlare di strutture lager, quello intendevo.
    Spesso non hanno altra scelta.

    Io direi che ognuna/o nel limite delle sue possibilità faccia quello che può nei confronti dei genitori anziani e malati, dividendo equamente pesi e responsabilità, è un fatto di coscienza prima ancora che di legge…

    Un salutone!
    B.

  28. alessandro scrive:

    buonasera dottt.sa mi chiamo alessandro e volevo farle una domanda,premettendo che mia mamma è malata di alzheimer e la mia paura è che possa in futuro esserne affetto anch’io. sò che non c’è una risposta alla mia domanda perchè il cervello è ancora una materia sconosciuta anche ai medici ma forse può dirmi se devo preoccuparmi o no di ciò che le sto raccontando su di me. io ho 35 anni e le mie paure sorgono dal fatto che spesso nei discorsi e nei pensieri che faccio non ricordo i nomi delle persone,anche di quelle più conosciute e vicino a me oppure non ricordo nomi di oggetti e tantissime altre cose..addirittura il nome della mia fidanzata mi è capitato di non ricordare in certi momenti e non le nascondo che sono preoccupato se non addirittura spaventato. sono spesso in imbarazzo quando mi succede mentre sto parlando con delle persone ed anche le mie fidanzate del passato hanno notato questo mio problema ed io per vergogna ho sempre sostenuto che erano loro esagerate nel sottolineare troppo i miei errori di dimenticanza. io sin da piccolo sono sempre stato smemorato ed anzi,nel tempo sono migliorato ma continuo ad esser preoccupato a tal punto di volermi fare delle analisi. è possibili che alla mia età possa esistere già un principio di questa malattia?

  29. maria cristina giongo scrive:

    Caro Alessandro,

    grazie per la tua domanda a cui risponderà di sicuro la Dottoressa Lai, che ha scritto l’articolo.

    Ti ringrazio perchè me la pongo anch’io molto spesso. Anche mia nonna era stata colpita dall’ Alzheimer; ed ora mia madre. Mi sono chiesta spesso se potrebbe essere ereditario. E me lo chiedo ogni volta che ho dei “buchi di memoria”spaventosi.

    Lascio la risposta agli esperti e alla ricerca, che mi pare sia molto attiva a riguardo. Però, a pensarci bene, se anche ci fossero degli esami a cui sottoporci per sapere se potrebbe accadere anche a noi, pensi che valga la pena di farli? Non è meglio cercare di vivere bene adesso, invece di vivere poi, magari per dieci anni, con l’angoscia che un giorno o l’altro ci ammaleremo?

    Forse è meglio non sapere…non credi?

    E poi ti assicuro che mio figlio di 24 anni è più smemorato di me!

    Insomma, se dimentichiamo le cose potrebbe anche dipendere dalla stanchezza, dalle troppe cose a cui pensiamo contemporaneamente e, nel mio caso, dall’età non più giovane.

    Ti faccio tanto coraggio per tua mamma; la mia soffre di questa malattia terribile e devastante da 5 anni. E noi figli soffriamo ancora più di lei nel vedere il suo cervello che si spegne inesorabilmente. Comunque non preoccuparti troppo per il tuo futuro, mi raccomando!

    Un abbraccio,

    Cristina

    • alessandro scrive:

      dott.sa innanzitutto grazie per aver risposto. anch’io mi sono posto spesso questa domanda se è meglio sapere o meno di poter essere già malati. credo che in questo tipo di situazioni,ognuno scelga in base al carattere che ha ed io ho sempre cercato la verità e le risposte subito nella vita pur sapendo che ciò che avrei potuto scoprire poteva non piacermi. è verissimo ciò che dice sul fatto che non sapere e non porsi il problema può rivelarsi una buona scelta in quanto nel frattempo avremo la possibilità di vivere sereni,per quanto si può essere sereni, vivendo con questo dubbio. è anche vero che se uno sa la verità e fosse una verità dolce si sentirebbe sollevato e non sarebbe costretto a convivere nell’incertezza. un’abbraccio!! Alessandro

  30. maria cristina giongo scrive:

    Caro Alessandro,

    ho passato la tua lettera alla dottoressa psichiatra che vedrai ti risponderà appena potrà ( dal lato medico).

    Il mio consiglio era soltanto riferito al fatto che forse è inutile angosciarsi per qualcosa che FORSE potrebbe succederci; lo dico a te e a me stessa, considerato che siamo, appunto, nella stessa situazione.

    Tu dici che magari ti sentiresti sollevato per non dover più vivere nell’incertezza; ma pensa se poi ti dicessero che POTRESTI esserne colpito anche tu. Ti sentiresti sollevato o cominceresti a vivere ancor peggio con questa spada di Damocle sulla testa?

    E poi non si può nemmeno dire QUANDO potresti o (potremmo) esserne
    colpiti; magari a 90 anni! Oppure potremmo morire prima per un infarto! Se si dovessero considerare tutte le malattie che hanno colpito un familiare non vivremmo più sereni: io avrei già divuto avere…. un infarto, un cancro, la depressione, un ictus, ecc.

    Allora non spaventiamoci prima del tempo; facciamoci sempre controllare a livello preventivo, questo sì! Questo è molto importante! Mio padre diceva sempre che è meglio andare tre volte per niente da un medico che non andarci e poi scoprire che invece era necessario. E mio padre ERA MEDICO!!!!!!

    Circa la smemoratezza o la disattenzione, a volte, se pensiamo a troppe cose insieme, se siamo molto stanchi, facciamo cose assurde; unam ia amica tornando dalla spesa….ha messo anche le chiavi di casa nel frigo. E poi ha passato la giornata a cercarle!!!! E ha solo 38 anni!!!!!!

    Ti sono tanto vicina per tua mamma; la mia non mi riconosce più ma appena posso prendo un aereo ( io vivo in Olanda da 29 anni; lei a Milano, dove sono nata ) e corro da lei! Mi basta stringerla fra le braccia, povero uccellino oramai senza piume, per sentirmi felice; anche per il solo fatto che è ancora viva.
    Un abbraccio,

    Cristina

    P.S. Comunque lei, grazie a Dio, ha già superato la fase dell’aggressività, che secondo me è la più terribile e difficile da gestire.

    • alessandro scrive:

      si anche mia mamma ha superato la fase dell’aggressività. senti,sai mica se le persone affette da questo problema possono viaggiare in aereo? grazie per aver girato la mia domanda alla dott.sa. mia mamma è giovane. è del 53 ed è da diversi anni che è malata. gli è successo molto giovane e questo come penso saprai è un ulteriore problema xchè la malattia và avanti più veloce in quanto il cervello tenta di combatterla e di fatto accelera il processo mentre per un anziano il discorso è molto diverso e molto più gestibile. sei molto tenera.

      • maria cristina giongo scrive:

        Caro Alessandro,

        la risposta della Dottoressa Donatella Lai. che io stimo moltissimo, è stata, come sempre, perfetta; completa. E tutto sommato rassicurante.

        Non so tua madre, ma la mia di sicuro ora non potrebbe viaggiare, soprattutto perchè ogni cosa che disturba il ritmo quotidiano di questi pazienti, può far solo un danno.

        Buona serata!

        Cristina

  31. Uyulala scrive:

    Ciao Alessandro e scusami se non sono riuscita a rispondere prima.
    Ti dò del tu e sarei felice se tu volessi fare altrettanto: è una mia consuetudine eliminare il “lei” su internet.
    Sono molto in linea con quello che ti ha scritto Cristina in entrambi i commenti sai, oltretutto ci sono molte sfumature nel modo di affrontare un problema così devastante, sfumature che riguardano te, che riguardano tua madre e che riguardano il rapporto che avevate finché lei era lucida. Posso darti una risposta più tecnica, ma credo che non risponderei affatto a ciò che il tuo cuore chiede. Posso anche dirti che viene descritta una certa familiarità – questo è vero, è inutile negarlo perché comunque lo troveresti scritto un po’ dovunque. Ma il punto non è tanto quello. Tu vedi tua madre, una persona che ami, una persona con cui hai avuto un rapporto che può essere stato meraviglioso o anche conflittuale ma per forza di cose NON indifferente. La vedi letteralmente “sparire” mentre è ancora biologicamente in vita.

    Questo dà uno smarrimento atroce: ci si chiede dove sia, che fine abbia fatto la persona che conoscevi. E soffri per molte cose diverse. Se hai avuto un bel rapporto con tua madre ne soffri perché ti manca da morire – diventa come un lutto anticipato e protratto nel tempo. Se hai avuto un rapporto difficile, ne soffri perché non hai più la possibilità di chiarire i malintesi.

    D’altro canto nei genitori ognuno vede lo specchio di ciò che potrebbe essere il nostro futuro. E’ molto frequente che le persone che raggiungono l’età che corrisponde a quella in cui è morto un genitore, si sentano male. Cominciano ad ascoltare quei segnali del proprio corpo che possano essere indicativi di un principio della patologia che aveva colpito quel genitore e si esasperano anche i minimi segnali, o si interpretano in modo unilaterale segnali che possono avere tanti significati, perlopiù benigni.
    Tu descrivi dei disturbi che possono essere ricollegati anche ad altre cose. Da un lato considera che la nostra memoria ha sempre delle carenze caratteristiche e delle aree in cui funziona al meglio. La tua scarsa memoria per i nomi (sia delle persone che degli oggetti) è molto diffusa. Probabilmente se ci pensi un po’ ti accorgi di avere delle aree in cui invece la tua memoria è strepitosa. Alcuni sono dei mostri nel ricordare tutto ciò che è numerico, altri hanno una memoria per i luoghi e per le fisionomie del volto che permette loro di riconoscere visi e posti anche a distanza di molti anni. C’è chi è più tattile o olfattivo e ha una memoria che viene rievocata da questi sensi. Alcuni (io sono fra questi) ricordano dialoghi anche a distanza di molti anni, come se avessero un registratore incorporato. Potrei continuare a lungo con quest’elenco. Penso che potrebbe esserti utile verificare qual è il TUO tipo di memoria preferenziale e vedere se in quel campo funzioni normalmente.

    Inoltre, una situazione di stress cronico può averti reso distratto e troppo “pieno” per trattenere in memoria le informazioni o per trovare quelle che hai già. Lo stesso dolore che provi quotidianamente è un fatto che “riempie la testa”. Concordo con Cristina quando dice che è meglio fare qualche valutazione inutile piuttosto che trascurare qualcosa, per cui se ti senti rassicurato in questo senso puoi certamente chiedere quali controlli ti potrebbero essere utili. Ma al di là dei controlli per il rischio di malattia di Alzehimer, io ti suggerirei di verificare a che livello sei arrivato con il tuo stato di stress e in che modo puoi detendere un po’ le tensioni. Ti è indispensabile, per te stesso, per tua madre e per le altre persone che ti circondano.

    Spero che riuscirai a trovare un modo e la forza necessaria per affrontare tutto.

    Ti abbraccio forte

    Donatella

  32. maria cristina giongo scrive:

    Grazie, cara Donatella,

    se tutti gli psichiatri fossero come te, la serenità entrerebbe nel cuore di ognuno di noi per rassicurarci, anche nel dolore; e sarebbe la medicina migliore.

    Le tue parole, sempre professionali ma anche colme di empatia per il paziente, sono una medicina anche per l’anima.

    Grazie ancora,

    Cris

  33. alessandro scrive:

    ciao donatella. grazie della risposta mi sei stata d’aiuto e mi serviva una risposta tecnica per avere delle risposte concrete alle mie domande che da tempo mi ronzavano nella testa ma senza paranoia particolare. io con mia mamma ho sempre avuto un buon/ottimo rapporto e per fortuna credo che l’avesse capito quanto bene gli ho sempre voluto e quindi non ho questo rimpianto per fortuna. io ho accettato la malattia di mia mamma. ho un carattere forte e sono sereno e mi ritengo fortunato per questo. un abbraccio

  34. Uyulala scrive:

    Alessandro: mi fa piacere sapere che, al di là del dolore, tu sia sereno. Anche se tua madre sta perdendo progressivamente le sue funzioni, resta capace di “sentire” il clima di affetto che la circonda e questo non può che farle bene.

    • alessandro scrive:

      ciao donatella. ho sentito che da quest’anno c’è un cerotto che sostituisce la terapia dei malati di alzheimer e ne parlano molto bene. và applicato dietro la schiena all’altezza della spalla ecc..ne sai qualcosa?

      • Uyulala scrive:

        Si, si tratta della Rivastigmina, lo stesso principio attivo dell’Exelon. In effetti ai pazienti per cui è indicato questo farmaco l’uso del cerotto semplifica molto la somministrazione. A chi si cura di questi malati toglie l’angoscia di dover combattere ogni volta per far assumere la medicina. Credo che sia uscito da pochissimo. Dovrebbe essere anche questo un farmaco in fascia A con la nota. Poi, nella mia ASL la Rivastigmina viene distribuita previa compilazione del piano terapeutico dal parte dello specialista competente. Ancora non conosco nessun paziente che usi il cerotto però, non ti saprei dire come funziona, non sulla base di osservazioni mie.

        • alessandro scrive:

          CIAO DONATELLA. MI SONO INFORMATO SUL CEROTTO DI CUI TI AVEVO PARLATO TRAMITE LO SPECIALISTA CHE SEGUE DA VICINO MIA MADRE. MI HA DETTO CHE PIù CHE ALTRO SI USA SU PAZIENTI IN STATO NON TROPPO AVANZATO E CHE POI DI FATTO NON SOSTITUISCE LE CURE. VI SEGUO SEMPRE

          • Uyulala scrive:

            Ciao Alessandro. Si, immaginavo questo: la Rivastigmina è utile negli stadi intermedi della malattia e credo che da quel punto di vista non faccia molta differenza fra la somministrazione orale o transcutanea…

  35. maria cristina giongo scrive:

    Ha ragione Donatella, Alessandro! Io non ho la sua vasta esperienza di medico psichiatra ma nella mia piccola esperienza che riguarda la mia mamma posso dirti che qualche volta “mi sente”; avverte la mia presenza, mi fa una carezza, un sorriso dolcissimo e allora è la mia mamma …di sempre!

    Purtroppo, quando si è ammalata, vivevo in Olanda da tanti anni ( 29! ); quando stava bene, via il telefono ed i miei viaggi a Milano, avevo con i miei genitori un contatto costante. Quando è stata colpita da questa terribile patologia avevo solo la possibilità di portarla con me in Olanda o di lasciare che se ne occupassero le mie sorelle, per niente d’accordo con l’eventuale decisione di lasciarla venire in Olanda ( dove comunque le strutture per questo tipo di malattie sono migliori di quelle italiane!).

    E, credimi, non è stato facile di saperla lontana ed ammalata. Soprattutto quando è stata ricoverata in una ” struttura protetta”. Per fortuna ho una sorella che se ne occupa molto e allora so che non è sola; appena posso prendo l’aereo e vado da lei.

    Non so se tu sei sostenuto da altri familiari e parenti e se è ancora a casa; ma mi pare di capire che la curi con tanto affetto. Allora pensa che più di così non puoi fare. E sii felice che è ancora viva; perchè quando si perde un genitore si perdono le proprie radici, quelle radici che ci avevano tenuti attaccati al grande albero familiare, che ci davano sicurezza. E di colpo ci sentiamo disperatamente soli!

    Cari saluti e un grazie anche a Donatella per le sue risposte,

    Cristina

    • alessandro scrive:

      che carina che sei..grazie. si per fortuna c’è mio papà che è una persona eccezionale e bada a lei ma io appena esco da lavoro vado subito a casa e se hanno bisogno di qualsiasi cosa io ci sono in ogni momento

      • maria cristina giongo scrive:

        Siete bravi a curarla in casa! E tuo padre deve avere una pazienza da santo! E’una malattia molto difficile da gestire.

        Purtroppo mia madre ne è stata colpita proprio appena era rimasta vedova.

        Interessante la storia del cerotto. Io non ne avevo sentito parlare. Grazie Donatella!

        Cari saluti a te e ad Alessandro

        P.S. Alessandro, dovresti seguire su facebook i video di Donatella Lai; sono molto interessanti. Lei è anche fra le mie amicizie di facebook.

  36. roberta scrive:

    Tutte le persone affette da Alzheimer andrebbero tenute nella loro abitazione, sempre. Il resto sono palle. Mia madre è affetta da Alzheimer da 6 anni, si è ammalata appena deceduto mio padre dopo un anno di stato vegetativo, a sei mesi di distanza dalla morte del mio compagno.
    Credo che qualche problemino l’ho avuto nella vita, o no? Eppure mamma non entrerà MAI in una struttura protetta, ovvero in un lager, luccicante all’apparenza ma non quando i parenti e i visitatori escono. Dove è autorizzata la contenzione dei pazienti (notturna sempre, diurna quando nessuno vede) e per il resto i poveretti sono abbandonati a se, in quanto non c’è mai MAI personale sufficiente né sufficientemente preparato. Lavoro nel settore sanità da 20 anni. Anche in questo purtroppo ho molta esperienza. I malati vanno tenuti nelle loro case, e questa è l’unica medicina dolce, assistiti da badanti o da personale qualificato, e garantendo la nostra presenza. Quello che vorremmo noi al loro posto.
    I cerotti transdermici sono in commercio da almeno 2 o 3 anni in Italia e la tendenza da parte delle Unità di Valutazione Alzheimer e dei neurologi è qualla di sostituire appena possibile (è una questione di incremento di dosaggi) le pillole con i cerotti. Non vanno bene per tutti ad esempio. A mia madre furono prescritti già due anni fa ma abbiamo dovuto interrompere immediatamente l’utilizzo in quanto le provocavano tutte le reazioni avverse possibili. Siamo ritornati alle pillole. Ma certamente per i pazienti che li tollerano, e credo che siano ovviamente la maggioranza, sono una manna dal cielo.

    Saluti a tutti

    • alessandro scrive:

      ciao,anch’io ho mia mamma con il suo stesso problema. ti sentivo commentare la cura del cerotto. ha diverse controindicazioni,come del resto tutti i farmaci specie quelli di nuova generazione e probabilmente tua mamma non è idonea a questo tipo di trattamento. il cerotto non sostituisce la terapia classica al massimo và a supportare la cura prescritta ed è sufficiente per pazienti non in stato avanzato della malattia. in generale la medicina è ancora troppo lontana dal risolvere il problema ed al massimo è arrivata a migliorare il livello della vita dei pazienti e dei familiari curandone i sintomi relativi ad essa.

  37. maria cristina giongo scrive:

    Come ti capisco, Roberta! E come hai ragione!

    E ti ammiro tanto perchè ti occupi della tua mamma a casa.

    Vorrei solo chiederti una cosa: che cosa faresti se vivessi da una vita all’estero con la tua famiglia, marito, figli, un lavoro e avessi una mamma affetta da Alzheimer in Italia? E le tue sorelle non permettessero che la portassi con te perchè trovavano più sconvolgente portarla in un Paese dove non capiva la lingua? E non lo dico per criticarle….

    E un’altra cosa vorrei raccontarti; mia madre ha avuto più badanti. Ma erano tutte una peggio dell’altra. Davanti alle mie sorelle ( che avevano un lavoro a tempo pieno) quando andavano da lei erano perfette, affettuose, sorridenti….poi sono state beccate a comportarsi in un altro modo. Una l’ho trovata io stessa ubriaca fradicia.

    Insomma, anche trovare una brava badante, quando si ha un lavoro a tempo pieno, non è facile. E stare 24 ore su 24 con una madre affetta da Alzheimer, che quando soltanto vai a fare la spesa non puoi lasciare sola altrimenti esce e si perde per strada, o accende il gas e lo lascia acceso, è quasi impossibile. Senza contare i rischi di cadute con conseguente frattura del femore, che poi potrebbe anche significare la fine della sua vita a breve termine.

    Come sei riuscita ad organizzarti? Se tu potessi raccontarlo saresti di sicuro di utilità a tante persone che spesso non sanno più come farcela.
    E parlo sempre di figli che amano i genitori, ovviamente.

    Cari saluti,

    Cristina

    • mimma diana scrive:

      sono la mogli di un malato di alzheimer vivo a Reggio Calabria, mio marito è nella fase iniziale della malattia, sono sola, i miei figli sono al nord per lavoro e nessuno si preoccupa di suo papà:Io ho 62 anni e qualche acciacco non mi manca, mi sto trascurando, cerco di mantenere attivo mio marito sperando di ritardare il decorso degenerativo: Mi dicono che è inutile, ma io lo accompagno in palestra correttiva, vedo che lui si rilassa un oretta, torna a casa e un pò stanco ma è contento. Certamente è seguito con i farmaci. Poi ho un altro probblema è cardiopatico, prende il seroquel e l’aricept, oltre ai farmaci per l’intervento di baypass. Mio marito si deteriora lentamente e solo io mi rendo conto, i miei figli ancora lo sentono telefonicamente per qualche minuto e mi dicono che sono esagerata che papà sta bene ma che sono io ad essere drastica. Vorrebbero che io andassi a trovarli, non si rendono conto che il malato, per ogni cambiamento va in ansia, si sente sereno solo nelle mura domestiche, non ama i cambiamenti. Mi hanno detto che questa fase transitoria dura un tempo variabile da soggetto a soggetto e vero? Non ho nessuno aiuto, e ho presentato da poco la domanda per ottenere l’accompagno, ma non c’è neanche la certezza che mi venga riconosciuta, Non ho una grande pensione e non ho trovato nessuno che mi possa sostiutire. Per il momento lo faccio venire con me per la spesa e addirittura andiamo insieme anche dalla parrucchiera. Vivo giorno per giorno col proposito di farcela ad accudirlo fino alla fine dei suoi giorni, almeno che non morirò prima io. Siamo insieme da 40 anni e ci siamo sempre rispettati a vicenda. Ora lui ha un forte bisogno di me e non me la sento di lasciarlo neanche per un attimo. Una volta a settimana viene una ragazza a darmi una mano nei lavori di casa, ma credo che con mio marito non ci saaprebbe proprio stare, e ripetitivo e dimentica tutto. grazie, ho percaso letto questa pagina, mi sono sentita tanto confusa, ma nello stesso tempo spero di avere delle risposte, saluti a tutti quelli che mi vogliono scrivere

  38. Uyulala scrive:

    Cara Roberta, è molto bello che tu riesca ad occuparti di tua madre e sono sicura che questo tu lo fai a prezzo di grandi sacrifici. Effettivamente però è una cosa molto frequente che i familiari di una persona affetta da Alzehimer si trovino nella condizione di non poter scegliere e sono veramente costretti a inserire in una struttura protetta il proprio caro. Cristina ha ragione, la sua situazione è uno fra i tanti esempi che costringono un figlio ad una scelta diversa dalla tua. Ho in mente molti esempi di persone a cui è successo questo. Penso ad una signora, con una figlia panettiera che ha orari impossibili e un figlio la cui moglie ha una grave invalidità a sua volta. Penso ad un’altra signora, con disturbi del comportamento talmente gravi che l’avrebbero messa a rischio della vita, che aveva una sola figlia la quale doveva accudire anche una famiglia numerosa; penso ad un signore per il quale l’Alzehimer aveva causato una forma gravissima di disinibizione sessuale a causa della quale era praticamente impossibile per una persona non qualificata poterlo accudire… e ti sto parlando dei primi casi che mi sono venuti in mente.
    Non mi sono mai posta in una situazione di giudizio nei confronti delle famiglie degli ammalati. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone normalmente buone ed affettuose ma con problemi insormontabili o il cui genitore aveva dei sintomi realmente impossibili da gestire da parte di personale non qualificato.

    • maria cristina giongo scrive:

      Grazie, Donatella! E non avevo dubbi che tu fossi di quel tipo di medico che aiuta i pazienti senza giudicarli.

      In effetti la vita è così pesante per tutti che è difficile capire chi…l’ha più pesante di un altro…

      Anche se ammiro molto chi riesce ad occuparsi dei genitori affetti da malattie così debilitanti non solo per loro ma anche per chi li assiste.

      I miei genitori per esempio hanno tenuto in casa i nonni che erano dementi; però mio padre era medico e poteva occuparsi delle terapie; inoltre la casa era grande e potevano tenere anche una badante.

      Però…quanti sacrifici, quante notti insonni!

      Un abbraccio,

      Cris

  39. roberta scrive:

    Certo che sono grandi sacrifici, gli stessi che i nostri genitori hanno fattto per noi. Ognuno ha una via più o meno complicata, dipende da come la si vive e da cosa si vuole fare per gli altri. Io, come ho spiegato, ho perso il mio compagno, a seguire mio padre in stato vegetativo post traumatico per un anno, e appena morto papà diagnosi di Alzheimer per la mamma-
    Non credo sia stata né sia una vita semplice. In passato gli anziani non si abbandonavano, né si considerava lontanamente l’idea di allontanarli da casa. Il problema ora è che gli anziani sono un peso in questa società. Mi fanno personalmente molta paura certi discorsi, anche perchè sono gli stessi che giustificherebbero allora l’allontanamento di un bambino con spina bifida, di un figlio autistico, o con altre patologie gravi, perchè non consentirebbe di seguire gli altri figli (nel caso), o di andare in vacanza o di fare carriera? Certo che servono le persone qualificate per seguire i malati di Alzheimer. altroché. Ed è questa la battaglia che dovrebbe essere fatta a livello istituzionale. E poi .. la stessa cosa potrebbe capitare a noi un giorno: chi di noi vorrebbe aspettare la morte in una stanza d’attesa legato e umiliato?

  40. maria cristina giongo scrive:

    Roberta, credimi, ti stimo tanto per quello che dici e che fai. E se io avessi vissuto in Italia avrei fatto lo stesso.

    Ma non posso abbandonare i miei figli in Olanda e non lo potevo soprattutto 5 anni fa quando avevano dei problemi. Mia mamma non lo avrebbe voluto!
    E poi avevo, ho ancora….due sorelle di cui una viveva nello stesso condominio.

    Se le sorelle me lo avessero permesso l’avrei portata con me perchè condivido al 100% quello che dici.

    Anzi…al 99% perchè su una cosa non mi trovi d’accordo. Il fatto che non consideri la spesa di un personale QUALIFICATO; quante persone possono permetterselo? Io ho visto gente distrutta; che a fatica riusciva a pagare una badante per quando era al lavoro. E, ripeto, anche sulle badanti avrei molto da dire…. Come ha scritto Donatella, bisogna conoscere le situazioni familiari ( che lei, come medico psichiatra, vive di persona ogni giorno).

    Cari saluti,

    Cristina

  41. Uyulala scrive:

    Roberta, il tuo discorso è giustissimo, ma è un discorso più di tipo politico. Non ho mai visto persone che mollano i genitori per ragioni di carriera o di vacanze. Lavoro in un’area molto povera e le persone o sono disoccupate, o in cassa integrazione o hanno lavori massacranti che li portano via per tutta la giornata. Chi non ha un lavoro si occupa direttamente del proprio genitore e di fatto annulla completamente se stesso. E si ammala a sua volta, e a quel punto è costretto a chiedere l’inserimento in regime di assistenza pagata dai comuni o dalla ASL. Ho visto persone con il cancro che hanno dovuto scegliere se lasciare il genitore e fare le chemioterapie oppure rinunciare a curarsi. Ho visto morire figli perché non sono riusciti a curarsi proprio perché troppo occupati ad accudire gli altri membri della famiglia. Ho visto ragazzi lasciati completamente a se stessi perché i genitori erano completamente assorbiti dalle cure dei PROPRI genitori. Ragazzi che son finiti in giri di droga… Per questo ti suggerirei, sinceramente, di non fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono veramente persone per cui la scelta di inserire il genitore in una struttura è una scelta obbligata, perché è l’unica che consente la sopravvivenza di tutti.

    Come diceva un vecchio detto pellerossa: “Grande Spirito, consentimi di non giudicare mai nessuno se prima non ho camminato per almeno un anno nei suoi mocassini”.

  42. roberta scrive:

    Vedi, non so che idea abbiate voi o quanto costino le strutture minimamente decenti in Olanda e se non siano dei lager come le sfavillanti RSA lombarde, ma ..per quanto riguarda la spesa la retta MINIMA di una RSA milanese si aggira intorno ai 2500 euro ……….

    • maria cristina giongo scrive:

      Qui in Olanda si paga a seconda del reddito. Chi ha un reddito più alto paga di più.

      In effetti le strutture in Italia costano quella cifra a cui si aggiunge comunque una badante che vada a dare da mangiare ( per via della mancanza di personale) o porti a spasso il malato che ancora può camminare, proprio perchè altrimenti resterebbe legato o comunque seduto tutto il giorno.

      Si possono quindi raggiungerere anche cifre di 3500 euro.

      In Olanda dicono che non legano i malati ma poi alcune infermiere hanno ammesso di farlo quando sono particolarmente aggressiv, molto forti e robusti o intrattabili; non solo per evitare danni agli altri malati ma anche perchè non si facciano male loro stessi, non cadano, ecc.

  43. roberta scrive:

    L’approccio ai problemi familiari DEVE essere ANCHE di tipo politico. Un milione di pazienti malati in Italia e un aumento vertiginoso di casi, quasi epidemico. Non so come sia nella tua regione, ma qui se un malato è stato talmente disgraziato da lavorare tutta la vita per garantirsi di acquistare una casa facendo debiti per metà vita, si ritrova alla fine con una pensione di invalidità (totale) pari a € 440 …. e avendo un bene immobile non ha diritto a nessuna agevolazione, non è a carico del Comune o della ASL.
    Credimi. Devi avere un reddito al di sotto della soglia ISEE e non avere una casa di proprietà. Per la cronaca la badante di mia mamma guadagna molto più di me. E una struttura costerebbe anche il doppio. E’ una questione di scelte. Hai ragione, non bisogna giudicare, bisogna passarci attraverso le cose. Io ci sto passando, e non mi ha aiutato nessuno quando sono rimasta sola e non essendo sposata quando è morto il mio compagno non ho “GODUTO” di benefici economici, e mi sono trovata sola ad assitere papà in stato vegetativo. No, non credo sia accaduto a molti. Non mi drogo però, e non intendo suicidarmi, perchè il sorriso che riusciamo a strappare una volta ogni tanto alla mia bambina di 83 anni è un momento di dolcezza impagabile. Anche se non mi compro un paio di scarpe da … boh! non so quanto.
    Lo so che sono dura, ma la vita mi ha provato e non ho avuto aiuti. Anch’io ho una sorella che si è comportata così: passa a fare le visitine alla mamma, e per il resto vive la sua vita. Ma fa le scenette alla badante raccontando di esseere tanto preoccupata. Infatti è in vacanza circa 4 mesi l’anno … niente di che, mica alle Maldive … magari in Romagna, ma ..

  44. Uyulala scrive:

    In Sardegna famiglie che sono al di sotto della soglia ISEE ce ne sono, purtroppo. E comunque anche qui molte persone preferiscono usufruire dell’aiuto di badanti, quando tra fratelli riescono a mettersi d’accordo per pagarne i servizi.

    Naturalmente il problema è da affrontare a livello politico, ed è un problema molto serio, che non riguarda solo l’Alzehimer ma le problematiche della terza età, in generale. E anche le problematiche legate alla situazione che hai vissuto tu, quando hai perso il tuo compagno. Negare un riconoscimento ad una coppia di fatto è scandaloso, a mio parere. Ma lì apro una voragine e preferisco non mettere bocca…

    Ciò che volevo dire, essenzialmente, è che non è possibile fare delle generalizzazioni perché le situazioni sono veramente tante, ognuna con sfaccettature difficili da incasellare in uno schema.

    La questione della droga riguarda i figli trascurati, la 3° generazione. Mi spiego: nonno da accudire 24 ore su 24, genitore che accudisce il padre o la madre anziani, figlio (3° generazione) che cresce da solo, con tutti i rischi che questo comporta. Anche quello è un aspetto da tener presente.

  45. Maria cristina Giongo scrive:

    E’una vita che cerco di convincere i giornali con cui collaboro a parlare di queste situazioni ma….i gossip vendono di più!

    Terribile!

    Ma prometto che tornerò alla carica e allora spero di riparlarne anche con te Roberta e con te, Donatella!

    Cari saluti a tutte e due

    Cristina

  46. Stefano scrive:

    Cara Donatella,
    Riesci a scrivere di una condizione dell’esistenza umana con pietosa dolcezza e questo mi ha aiutato nel leggere più volte il tuo articolo. Leggendo le tue parole ho rivisto il mai abbastanza lento spegnesi delle stelle di mio Padre. La mia esperienza nella sua malattia è stata quella di figlio lontano. Per lungo tempo feci il possibile per potermi avvicinare almeno un paio di giorni conciliando lavoro e disponibilità economiche. Spesso ci si sentiva al telefono e dopo i primi convenevoli che venivano fuori come un automatismo e che ogni volta facevano pensare ad una ripresa, ripiombava nel marasma. Poi iniziò a non capire più cosa fosse il telefono. Quando mia madre gli metteva la cornetta in mano lui guardava lei e non sapeva che farne di quell’oggetto ormai insgnificante. Sentivo le loro voci, lei che dalla disperazione non sapeva contenere la rabbia e lui che madava gemiti perplessi. Ciò non di meno a volte mi indicava su una mia foto che avevano accanto al telefono.
    Capivo che, almeno fino ad un certo punto, il mondo di mio Padre manteneva una certa coerenza all’interno della sua mente, ma tutto si scompaginava nel momento in cui cercava di esprimerlo.
    Non credo che al di là di tutte gli studi clinici, isologici, farmacologici etc. etc. ci sia qualcuno davvero in grado di dare una sia pur pallida risposta alle domande che questo ladro farabbutto ci sbatte in faccia.
    Una malattia della capacità relazionale, una malattia dell’anima, che ovviamente poi si esprime attraverso il corpo, non può trovare contrasto in un farmaco o anche in tanti farmaci. Poter curare un’anima è cosa che non si può fare con successo quando il corpo è ormai attaccato. Ma cosa sia l’anima l’abbiamo dimenticato, se mai una volta possiamo averlo saputo. Come possimo allora pensare di curarla?
    Possiamo curare l’anima se ce ne prendiamo carico nel corso di tutta una vita, ma per questo serve una grande consapevolezza personale, familiare e sociale. In questo senso se mi guardo intorno non ho motivo di esser troppo ottimista. Sarà un lavoro lungo, complesso e duro. Dobbiamo riscoprire il senso profondo della parola Salute, capire a cosa ci serve essere in salute e comprensdere che il suo mantenimento non è una cosa che possiamo delegare. Il medico, come gli altri operatori, può indicarci una strada ma la strada dobbiamo percorrerla noi. Accettare che siamo individui soli e che su di noi dobbiamo fare affidamento, sulla nostra consapevolezza. Tutte le persone che incontriamo nella vita sono meravigliose o brutte, ma in ogni caso assieme a loro possimo solo fare un percorso. Il viaggio, tutto intero, lo facciamo con noi stessi in carrozza o a piedi, ma quello che ci rimarrà saranno i panorami che abbiamo ammirato, la pioggia che ci ha bagnato o dissetato, il sole che ci ha scaldato o arso, gli incontri, le stelle, la memoria.
    Grazie.

  47. Maria Cristina Giongo scrive:

    Caro Stefano,

    voglio essere la prima a ringraziarLa per la Sua commovente lettera, che non ha bisogno di ulteriori commenti da parte mia.

    Mi riconosco nella Sua storia perchè questa terribile malattia, l’Alzheimer, ha colpito anche mia madre. Appena posso corro da lei, in Italia; non ricorda più il mio nome ma “sente”che sono una persona cara che l’ama e che lei ama. Sono sicura che nel profondo del suo cuore e del suo cervello sofferente, c’è ancora posto per tanti suoni, profumi, immagini che le richiamano sensazioni positive.

    Quest’estate eravamo in giardino, sotto un albero, lei sulla sedia a rotelle, io seduta accanto a lei; ad un certo punto le ho posato la testa sul petto e lei ha cominciato ad accarezzarmi dolcemente i capelli, le spalle…Allora io mi sono sentita di colpo bene, molto bene….era “la mia mamma di una volta”! Quando ho alzato il viso e l’ho guardata stava piangendo.

    Questa è la risposta a chi mi dice “ma perchè ti ammazzi di fatica e spendi tanti soldi per andarla a trovare, abitando così lontano….: ( vivo in Olanda da 30 anni). Tanto non ti riconosce più”.
    Per questi meravigliosi momenti di amore che sa ancora darmi. Ed egoisticamente vorrei tanto che non morisse mai…

    Ancora grazie!

    Maria Cristina Giongo

  48. Maria Cristina Giongo scrive:

    Cara Mimma Diana,

    mi spiace tanto per tuo marito e per te, che stai vivendo l’inferno di questa malattia che porta via il cervello della persona che ami.

    Sei bravissima ad accudirlo in casa; e spero tanto che tu riesca ad ottenere un aiuto perchè più il tempo passa più la situazione peggiora. Mi spiace tanto di dovertelo dire ma purtroppo è una malattia devastante.

    Spesso questi poveri malati passano anche attraverso la fase dell’aggressività; e se si tratta di un uomo, è difficile gestirla. Allora il dolore diventa più grande, perchè vedi cambiare anche la persona più dolce. Inoltre pure per loro è terribile quando si rendono conto di che cosa gli sta succedendo; per loro fortuna arriva poi il momento in cui non lo capiscono più.

    Pensa che io non mi ero “accorta” subito del fatto che mia madre era stata colpita da questo male; eppure c’erano evidenti segnali ( perdita dell’orientamento, irritabilità, strani comportamenti) che sono tipici di questa malattia.

    Ora la mia mammina è in una struttura “protetta”, come forse avrai letto in uno dei miei precedenti commenti; perchè le mie sorelle non riuscivano più a tenerla a casa, anche con una badante. E io vivo in Olanda dove non mi hanno permesso di portarla. L’ingresso in quella clinica è stato per me una sofferenza inimmaginabile.

    Tu fai già il possibile: ti prego, non chiedere troppo e di più da te. Spero che altre persone che vivono la tua stessa esperienza possano anche dirtelo. Sei giovane e devi pensare a te stessa, a stare bene tu; A NON CROLLARE! Perchè se crolli tu, dopo lui resta solo. Fai leggere questa mia lettera ai tuoi figli e anche l’articolo della psichiatra che lo ha scritto.

    E coraggio! Mille volte coraggio!

    Ti abbraccio forte, molto vicina a te,

    Cristina

  49. gianna scrive:

    ciao sono gianna e da un po di tempo che mi sto interessando di questo ho scoperto che mia suocera soffre di A (mi fa male solo scriverla) ha 72 e vive da sola io abito vicino a lei. Non volevo crederci io forse piu degli stessi figli ma a distanza di quasi un anno dalla diagnosi purtroppo devo piegarmi alla realta. Ancora vive da sola e fa tutto da sola ma purtroppo i sintomi cominciano a diventare evidente ma quello piu devastante per me e stato che ha rimosso il ricordo di me dei suoi nipotini e sopratutto di suo figlio e questo mi fa male da morire perche proprio noi che gli siamo stati tutti questi anni vicini io sempre presente, io a fare la spesa con lei, io ad accompagnarla al parrucchiere, io a parlare e tenerle compagnia e adesso buio assoluto noi siamo degli estranei che abitiamo vicino niente di piu ed non vuole che quel signore che abita con me venga a casa sua (suo figlio). Gli altri figli abitano un po distante e lavorano e quindi vivono queste cose in modo diverso (una cosa e vedere con gli occhi tutto cio e una cosa sentirla raccontare ) io ho trentotto anni la voglio bene e sopratutto voglio bene a suo figlio che soffre in silenzio e non mi confessa niente perche sa che sono una persona sensibile e che non ci vuole niente a farmi crollare. Sto attraversando un brutto periodo perche mi rendo conto che con il mio carattere non potro mai essere capace di assistere mia suocera anzi mi rendo conto che gia da adesso io sto male e nello stesso tempo mi sento in colpa perche io non lavoro sono a casa gli altri figli si e allora in automatico viene da dire perche non te ne occupi tu? Io sicuramente non la lascero a se stessa ma avevo altri progetti per la mia vita non riusciro mai ad annullare la mia vita e perche fare il sacrificio solo io e gli altri figli? ogni tanto voglio fare l egoista e non si tratta di amore verso i familiare ma prima di amore verso te stesso. Chiedo consiglio alla dottoressa e voi che ne pensate ? grazie a tutti

  50. Maria Cristina Giongo scrive:

    Cara Gianna,

    giro la tua lettera alla dottoressa Lai, intanto ti rispondo io. Solo per dirti che ti capisco. E’ una malattia che fa sorgere tanti dubbi, che fa emergere tanti nostri limiti, e poi sensi di colpa. Proprio perchè è tanto difficile da gestire.

    Penso che in qualsiasi modo, sia che i nostri cari vengano ricoverati in una struttura assistenziale, sia che vengano curati in casa o con l’ ausilio di una badante, l’ importante è di non lasciarli abbandonati a se stessi o ad altri.
    E’ importante andarli a trovare, fare sentire il nostro amore attraverso una carezza, un abbraccio, anche se non ci riconoscono più. E soprattutto controllare le strutture dove siamo stati costretti, per necessità, a ricoverarli o le badanti a cui li abbiamo affidati. Senza esistare ad intervenire se notiamo qualcosa che non va.

    Ti auguro molto coraggio! A te e a tuo marito.

    Su facebook c’è un gruppo che si chiama proprio Alzheimer. Seguilo! Ti aiuterà molto di poter ” parlare”, sia pur ” virtualmente” con qualcuno.

    Cari saluti

    • gianna scrive:

      GRAZIE Maria Cristina delle tue parole e un sollievo per me sapere che non la pensano tutti allo stesso modo e non ti fanno sentire un “mostro” nel piccolo paese dove vivo ancora la mentalita e quella che e e quando io sfogo le mie angoscie mi guardano e mi dicono “e sempre tua suocera” come se io non esistessi fossi una nullita. Forse adesso mi sembra tutto contro e ingrandisco anche le parole che gli altri mi dicono comunque mi affido alla volonta del Signore che possa illuminarmi sulla via che devo prendere. Ti ringrazio del consiglio andro subito a trovere questo gruppo.Ti auguro tutta la felicita di questo mondo.

Leave a Reply for Bianca