Aeroporto militare di Eindhoven (Olanda) Foto di M.C.Giongo
Una lunga fila di carri funebri avanza lentamente sulla pista dell’aeroporto militare di Eindhoven. Due grandi aerei, uno dei quali australiano, sono atterrati da poco. I carri si dispongono uno davanti all’altro. Nel silenzio più totale. Una scena quasi irreale, terribile. L’Olanda si ferma per un attimo, con il fiato sospeso, rispettando un minuto di silenzio, in una torrida giornata estiva di fine luglio. Suonano solo le campane delle chiese.
Il secondo aereo atterrato con i primi resti delle povere vittime era australiano; 27 di loro provenivano dall’ Australia. Foto di M.C. Giongo
Olanda. L’aeroporto militare di Eindhoven inizia a riempirsi di giornalisti della carta stampata, di radio e televisioni, di varie le nazionalità. Foto M.C. Giongo
I militari sono schierati, pronti a rendere gli onori a tutto ciò che resta di quelle povere creature che stavano andando in vacanza in Malesia. Il volo MH1, partito da Amsterdam, è stato colpito da un missile mentre sorvolava l’Ucraina. Una domanda sorge spontanea: non è una grave imprudenza quella di permettere ad un aereo civile di linea di sorvolare i Paesi in guerra?
Poi un soldato comincia a suonare “Il silenzio” e si aprono i portelloni degli aerei. Appaiono le bare che vengono portate a terra da otto militari, caricate sui carri. Sulla pista ci sono delle sedie occupate dalle autorità dei Paesi Bassi e di altre nazioni. In prima fila il re Willem-Alexander, che stringe la mano della regina Maxima, visibilmente commossi. In uno spazio a parte, separati da un alto schermo, per rispettare la loro sofferenza, si trovano mille familiari e parenti delle vittime.
Le bare sono quaranta, ma domani ne arriveranno altre 74. I morti sono stati 298, fra cui 194 olandesi. Intere famiglie distrutte. Le scuole erano appena terminate. Alcuni dei ragazzi avevano ricevuto una vacanza premio. Un particolare lugubre ma che rende l’idea del disastro avvenuto è che in ogni bara non c’è solo un morto; sono riposte anche piccole parti di corpi umani dilaniati dall’arma micidiale, ancora da riconoscere, da esaminare.
Foto Maria Cristina Giongo
Noi giornalisti siamo lì, affranti e tristi, a fare il nostro lavoro. Siamo in tanti, di parecchie nazionalità. C’è anche un’emittente russa. A Kiev si sono tenute giornate di commemorazione per quei caduti in una guerra che non gli apparteneva.
Kiev.In ginocchio davanti a fiori, doni, animaletti di peluche per i bambini periti nel disastro aereo, posti davanti all’ambasciata olandese. Foto ANP
L’inviato della televisione olandese NOS, Kees van Dam, sul posto dal mattino, ha raccontato che i reali d’Olanda si sono incontrati con le famiglie delle vittime per abbracciarli e fare loro le condoglianze. Alcuni parenti hanno chiesto di poter salire sugli aerei dove erano state adagiate le bare dei loro cari per rimanere lassù un attimo, ancora un attimo….a pensare a loro, a dire una preghiera. Una scena indimenticabile per chi l’ha vista e vissuta.
Gli domando come mai è stato indetto il lutto nazionale, cosa che non succedeva sin dal 1962, quando venne seppellita la regina Guglielmina nel mausoleo dei reali sotto il pavimento della chiesa Nieuwe Kerk di Delft. Non era stato proclamato neppure per i morti di una grave incidente aereo accaduto nel 1977 sulla pista di Tenerife. Eppure allora c’erano state più vittime.
“Perchè quella volta si trattò di un incidente umano; adesso è avvenuto qualcosa di diverso. E’ un attentato! E’guerra. Tra l’altro in un momento politico in cui il nostro premier non ha rapporti ideali con Vladimir Putin”.
Eindhoven (Olanda) Mi avvicino ad un carro funebre per immortalarlo in ricordo dell’ultimo addio a quelle povere creature la cui vita è stata spezzata da un missile mentre andavano felici in vacanza (foto di M.C. Giongo)
Sottolineamo che il premier Mark Rutte ha chiamato Putin ben 4 volte, molto adirato per questa tragedia, che avrà sicuramente delle conseguenze gravi se si continuano a nascondere le responsabilità e non si pone fine a questa guerra che seguita a mietere vittime innocenti.
I giornalisti, ancora accanto alla pista, cominciano ad inviare i loro articoli alle redazioni. Foto di M. C. Giongo
Da notare che noi giornalisti siamo stati “chiusi” all’aeroporto militare dalle 14 e 50, orario in cui ci hanno fatti entrare nella zona riservata a noi, accanto alla pista, sino alle ore 17 e 45, quando è uscito l’ultimo carro funebre; con l’avvertimento che in quelle ore nessuno poteva più entrare ma…. neppure uscire. Abbiamo vissuto questa esperienza di dolore tutti insieme. In un silenzio carico di parole pesanti.
All’uscita c’era una folla immensa che attendeva l’arrivo delle bare; lacrime, applausi, fiori per terra e gettati su di esse al loro passaggio. Anche lungo la strada che hanno percorso c’era tantissima gente. Le autostrade A2 e A27 erano state chiuse al traffico per permettere al convoglio, scortato dalla polizia, di raggiungere tranquillamente la caserma di Hilversum. Là un equipe di ben 400 esperti analizzeranno i poveri resti e cercheranno di identificarli, per dare un nome a chi ancora non l’ha perchè l’ha perso…. nei cieli dell’Ucraina.
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
Ecco il link dell’articolo uscito il giorno dopo il mio reportage sul quotidiano LIBERO.
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